Avvocato: quando è escluso l’inadempimento

Redazione 20/01/17
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Quali sono le conseguenze per il legale che non esegue esattamente l’obbligazione nei confronti del proprio cliente?

Il caso

A giudizio del Tribunale dell’Aquila adito il ricorso depositato da una Società per ottenere l’annullamento del decreto ingiuntivo proposto da alcuni avvocati e la condanna al risarcimento del danno subito a causa dell’ inesatto adempimento dell’obbligazione non meritava accoglimento.

L’inesattezza dell’adempimento del mandato

In particolare, i difensori ritenevano che l’inesattezza dell’adempimento del mandato fosse dovuto agli amministratori di fatto della Società i quali omettevano fatti indispensabili per la gestione della lite anche relativamente all’esistenza e autenticità del contratto intercorso impedendo la svolgimento di una tempestiva attività difensiva.

Quando l’inadempimento del professionista non può essere desunto

Infatti, il giudice di merito con sentenza n. 263/2016, riprendendo quanto ribadito da una precedente sentenza della Cassazione n. 5325 del 8.5.1993 sottolineava che “l’obbligazione a carico dell’avvocato è un’obbligazione di mezzi e non di risultato, con la conseguenze che l’inadempimento del professionista non può essere desunto, ipso facto, dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal proprio cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale, e, in particolare, del dovere di diligenza, tenuto conto della diligenza del professionista di media attenzione e preparazione.

Quando scatta la colpa professionale

Si ha, quindi, colpa professionale quando si sia in presenza di una condotta contrassegnata da negligenza (non solo mancanza di diligenza, ma anche di disattenzione, dimenticanza) di imperizia (quando l’attività professionale non viene svolta con la perizia dovuta – ed esigibile – da un professionista sufficientemente preparato ed avveduto) e di imprudenza (quando si compiono scelte che vanno al di là dei normali criteri di soluzione del caso che gli è stato sottoposto).

In definitiva, la condotta del professionista deve essere valutata facendo riferimento alla diligenza usata per ottenere un risultato favorevole al cliente (c.d. diligenza tecnica)”.

Pertanto, sussiste la sua responsabilità se, probabilmente e presuntivamente, applicando il principio penalistico di equivalenza della causa (artt. 40 e 41 c.p.) esso non è stato raggiunto per sua negligenza” (Cass. n. 6967 del 27.3.2006).

Nel caso di specie, i difensori non erano stati edotti in ordine al reale andamento dei fatti e la responsabilità non era a loro addebitabile.

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