Cassazione: scatta il reato di violenza sessuale anche con una leccata?

Redazione 03/09/16
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Per poter comprendere il concetto di atto sessuale è necessario considerare sia ad un criterio oggettivistico-anatomico che oggettivistico-contestuale, in quanto è dal contesto in cui è stata svolta l’azione che è possibile desumere dalle modalità della condotta nel suo complesso se la libera determinazione della sfera sessuale altrui sia stata o meno indebitamente compromessa.

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La sentenza della Cassazione

E’ quanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 35591/2016, depositata il 29 agosto scorso, riguardante il caso di un uomo condannato per aver minacciato una donna, costringendola a subire atti sessuali contro la sua volontà.

Il caso

Dopo  avere minacciato la vittima di morte, l’imputato le aveva palpeggiato il seno e, avvicinandosi, le aveva leccato il volto dal mento al naso.

Dopo essere stato condannato dalla Corte d’appello competente, l’imputato è ricorso in Cassazione contro la sentenza, sostenendo che , pur avendo attinto zone erotiche della vittima, avrebbe agito non per un fine di concupiscenza ma esclusivamente per ingiuria.

Pertanto, il rispettivo comportamento non avrebbe integrato la fattispecie di reato della violenza sessuale: non si sarebbe trattato, infatti, di un atto sessuale o, qualora lo fosse stato, lo avrebbe comunque compiuto senza la sussistenza di quell’elemento soggettivo necessario per l’integrazione della fattispecie delittuosa.

La volontà dell’imputato, in pratica, non era diretta a limitare la libertà sessuale della vittima, ma piuttosto ad ingiuriarla.

Il reato di violenza sessuale: quando si configura

Secondo la Cassazione si tratta di un assunto profondamente errato, sostenendo come, in relazione all’obiettività giuridica criminosa che sorregge la fattispecie incriminatrice in ragione dell’interesse specifico penalmente tutelato, non sia stato considerato il fatto che il soddisfacimento della concupiscenza dell’aggressore non rappresenta un elemento necessario ma soltanto eventuale e concorrente del reato di violenza sessuale.

Ne consegue che, accompagnata o meno dalla realizzazione di un fine di libidine, violenta, abusiva e fraudolenta diretta a compromettere la libertà sessuale della vittima, è la condotta ad integrare l’elemento oggettivo della fattispecie ex art 609-bis c.p. – compromissione, necessaria e sufficiente per l’integrazione della fattispecie incriminatrice.

Questo reato, infatti, si configura nel momento in cui si attinge alla sfera sessuale della persona senza consenso nel caso della violenza sessuale realizzata in forma costrittiva o senza un valido consenso nella situazione di una violenza sessuale realizzata in forma abusiva oppure fraudolenta.

Una tale impostazione, capovolgendo gli schemi che precedentemente reggevano le fattispecie incriminatrici in materia di reati sessuali, fa quindi leva soprattutto sulla libertà di autodeterminazione della persona nella sfera sessuale, spostando il baricentro dell’incriminazione.

Nella sentenza in oggetto, pertanto, la Cassazione ha valorizzato una nota descrittiva dell’illecito costituita principalmente dal concetto di “atto sessuale” che, se non realizzato liberamente dal soggetto che lo compie o che lo subisce, a condizione esatte, integra la fattispecie di reato della violenza sessuale.

Redazione

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