Facebook: quando l’offesa diventa Reato di Diffamazione. Cosa si rischia? Come difendersi?

Redazione 10/04/16
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L’ironica recensione di un locale pubblico, pubblicata su Facebook dagli avventori insoddisfatti non integra gli estremi della diffamazione perché il gestore di un esercizio pubblico, operando sul mercato, accetta anche il rischio che i propri servizi non siano graditi e vengano, pertanto, criticati.

È quanto affermato dal Tribunale di Pistoia nella sentenza del 16 dicembre 2015.

Non è raro – ai giorni d’oggi – affidare a “facebook” ogni genere di pensiero, considerazione, valutazione. Tutti dicono ciò che vogliono sulla nota piattaforma social sentendosi legittimati a condividere opinioni e recensioni con gli altri utenti di Internet.

COME DIFENDERSI DALLA VIOLAZIONE DEI DATI SU INTERNET? TUTTO NEL SEGUENTE MANUALE

Come difendersi dalla violazione dei dati su internet

L’opera, aggiornata con gli ultimi orientamenti giurisprudenziali nazionali ed europei, vuole essere uno strumento di aiuto, sia nel merito che processuale, per tutti i professionisti che si imbattono nelle problematiche riguardanti i diritti e le responsabilità per la circolazione dei dati su internet. La struttura è funzionale alla trattazione dell’argomento su tutti gli aspetti coinvolti, si introducono i diritti della personalità e dell’identità personale per proseguire nel diritto all’anonimato in internet e nella gestione del trattamento dei dati personali. Nell’era della digitalizzazione e dei social network non poteva mancare in questa opera l’analisi specifica per la gestione della privacy e le relative responsabilità per la sua violazione. Infatti si tratta di responsabilità del provider e di responsabilità per i contenuti dei siti web. Si affrontano le varie casistiche di risarcimento dei danni per i reati di Phishing e per quelli di Spamming oltre che per le violazioni su Facebook. Sul piano processuale si analizzano il ruolo dell’AGCOM e la rilevazione della competenza territoriale per trasmissioni digitali e via web. Si tratta inoltre dell’articolo 700 c.p.c. e della sua applicabilità alle questioni riguardanti internet. – Il diritto all’integrità fisica e le azioni autolesive in internet – Il diritto all’immagine: utilizzo e diffusione nei social network – Il diritto d’autore e la SIAE – Il diritto alla riservatezza – Il diritto all’onore, alla reputazione e al decoro: diffamazione a mezzo internet – Le tutele a protezione dell’identità – Falsa identità, sostituzione di persona e pubblica fede in internet – Il diritto all’anonimato nell’ordinamento italiano – Il diritto all’anonimato in rete – Limiti “privati” all’anonimato in rete. I motori di ricerca e i cookies – Identità digitale e diritto alla crittografia – La privacy nei social network – La violazione della riservatezza ed il furto d’identità – Il concreto funzionamento di Facebook ed i rapporti con la privacy. – Social network e responsabilità dei prestatori di servizi – La riservatezza della corrispondenza elettronica – Corrispondenza elettronica e intercettazioni telematiche – Procedura per il sequestro di un sito web – Il sequestro dei siti web-Regole tecniche – La responsabilità del provider – Il diritto alle telecomunicazioni e il ruolo dell’AGCOM – Trasmissioni digitali e competenza territoriale – Competenza territoriale del giudice penale nel caso di reato di diffamazione commesso utilizzando un sito “web” – Risarcimento in seguito ad attività di spamming – Risarcimento in seguito al cambiamento fraudolento del gestore telefonico – Facebook e il risarcimento del danno – Il risarcimento dei danni da ingiustificato distacco della linea telefonica – Risarcimento in seguito al reato di phishing Elena Bassoli, Avvocato in Genova, Presidente ANGIF (Associazione Nazionale Giuristi Informatici e Forensi) è Docente presso l’Università di Genova, l’Università del Piemonte Orientale e la Statale di Milano. È autore di circa centoquaranta pubblicazioni di diritto tra monografie, articoli su riviste specializzate, contributi a collettanee e relatore e divulgatore a corsi, master, convegni e seminari presso enti pubblici, istituzioni europee e primarie società nazionali e internazionali.

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SE LA RECENSIONE È MOLTO NEGATIVA SI POSSONO CONFIGURARE GLI ESTREMI DI UN REATO?

A parere del Tribunale di Pistoia, la risposta è assolutamente negativa.

Nel caso di specie, veniva pubblicato un post su un gruppo del noto social network di cui risultava amministratore l’imputato ove veniva evidenziata la scarsa qualità dei servizi offerti dal locale commerciale con particolare riferimento alla composizione dei drink e dei cocktail. In altri termini, una recensione molto negativa.

Veramente interessanti le motivazioni del Tribunale secondo cui le critiche manifestate rappresentano una “scherzosa ed ironica recensione di un locale pubblico da parte di clienti insoddisfatti espressa con ironia” e costituente “espressione del diritto di critica costituzionalmente tutelato” che allorché si eserciti nei confronti di un locale pubblico “dilata i suoi confini dal momento che chi si mette sul mercato accetta
rischio di critiche qualora i servizi offerti non soddisfino le aspettative di coloro che ne usufruiscono
”, tanto più quando tali servizi non sono gratuiti.

Del resto, anche la giurisprudenza di legittimità ha sempre tutelato il diritto di critica e lo ha storicamente fatto nel contesto dei processi per diffamazione a mezzo stampa, che hanno occasionato frequentemente il sorgere di problematiche del genere.

Invero, i criteri che consentono di ritenere legittima la critica sono oramai ben consolidati nelle aule di giustizia: oggettiva esistenza del fatto criticato (che non può essere dolosamente “inventato” allo scopo di legittimare l’uso di espressioni offensive), e continenza verbale (utilizzo di una forma espositiva che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione ).

L’esistenza dei predetti requisiti esclude la punibilità di coloriture ed iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o gergale, poiché tali modalità espressive siano proporzionale e funzionali all’opinione o alla protesta, in considerazione degli interessi e dei valori che si ritengono compromessi.

In conclusione, “si” alla critica a patto che essa non diventi un’occasione per offendere il prossimo utilizzando espressioni gravemente infamanti e inutilmente umilianti.

 

Redazione

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