Redditometro, le novità: che cosa limita l’accertamento

Redazione 26/10/15
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Secondo l’orientamento tracciato dalle più recenti sentenze della sezione tributaria della Corte di Cassazione non vengono previsti ulteriori vincoli alla prova contraria che il contribuente ha diritto a fornire per contrastare l’accertamento sintetico. Il contribuente, in questo modo, non è tenuto a fornire nel redditometro nessun altra dimostrazione, al di fuori della prova stessa della sussistenza di tali redditi, riguardo la destinazione effettiva del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli aumenti del patrimonio.

In base alla sentenza più recente in ordine di tempo (n. 18911 del 24 settembre 2015) la Suprema Corte ha stabilito che il contribuente ha la legittima possibilità di dimostrare che il reddito maggiore determinato sinteticamente provenga da:

risparmi, quali libretti bancari o postali;

-trattamento di fine rapporto del coniuge;

-altri passaggi cartacei e pecuniari legittimi e documentati.

In base poi alla sentenza n. 15289 del 21 luglio 2015, la Corte di Cassazione, sezione tributaria, ha stabilito che qualora il contribuente riesca a dimostrare che l’aumento del patrimonio è stato in parte pagato tramite causali, con il conseguente impegno ad un pagamento futuro, l’accertamento mediante redditometro viene limitato. Si stabilisce in questo modo che il pagamento di un determinato corrispettivo attraverso cambiali non equivale alla capacità economica del contribuente, non potendo dunque considerarsi un valido indicativo di redditi maggiori non dichiarati. Da ciò deriva che la spesa per aumenti patrimoniali che l’Ufficio deve valutare quale espressione della capacità contributiva risulta limitata soltanto a quella effettivamente sostenuta dal contribuente.

Ai fini della dimostrazione che il reddito maggiore accertato deriva da dismissioni e redditi esenti sono sufficienti gli estratti conto (sentenza n. 14885 del 16 luglio 2015). L’esibizione degli estratti conto correnti bancari che fanno capo al contribuente risulta, infatti, idonea da sola a comprovare la durata del possesso dei redditi oggetto dell’accertamento e non semplicemente il rispettivo transito nella capacità del contribuente stesso.

Infine, recentemente la Cassazione (sentenza n. 14190 dell’8 luglio 2017) si è pronunciata a favore della validità dei dati forniti dal contribuente, a seguito dell’invio da parte dell’Ufficio del questionario attinente, anche in sede contenziosa. Anche in questa sede, quindi, la Suprema Corte ha stabilito che tutte le notizie così apprese vadano considerate a favore del contribuente.

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