Neutralità dell’Iva in cessioni di beni e prestazioni di servizi

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Gli argomenti a difesa della differenziazione fra cessioni di beni e prestazioni di servizi e, in generale, dello status quo in materia di prestazioni transfrontaliere infragruppo, ruotano (ancora) attorno alla neutralità dell’IVA. Se, da un lato l’attuale impostazione è contraria alla neutralità, dall’altro lato, sotto certe circostanze, ne consente la salvaguardia.

Il presente articolo è il seguito di questo intervento ed è un estratto del volume “Il commercio elettronico – Aspetti giuridici e regime fiscale“, ad opera di Simona Ficola e Benedetto Santacroce, uscito per Maggioli nel luglio 2015.

Si è dianzi dimostrato che l’utilizzo elusivo di modelli di business basati sul rapporto casa madre-SO da parte di soggetti con limiti alla detrazione determina effetti indesiderati in termini di gettito IVA ed equità fiscale. Quale rovescio della medaglia, in mancanza di finalità elusive, detta struttura consente ai medesimi soggetti di non rimanere incisi dell’IVA nei rapporti infragruppo posti in essere in uno scenario internazionale. Nel caso, ad esempio, dell’outsourcing di servizi IT, il fatto che quale prestatore possa essere designata una SO che acquista detti servizi a livello accentrato per tutto il gruppo bancario o assicurativo e poi rigira i medesimi ai vari stabilimenti a seconda delle rispettive esigenze senza caricare l’IVA, fa sì che i soggetti consociati che fruiscono della prestazione non debbano rimanere incisi della relativa imposta. Essendo l’IVA, come si detto in apertura, una imposta sui consumi finali, evitare che la stessa gravi in uno stadio intermedio della catena del valore in forma di imposta indetraibile è un aspetto positivo. In definitiva, la questione della tassazione, o meno, delle prestazioni infragruppo va risolta cercando il miglior compromesso fra esigenze di gettito ed equità della imposizione.

Una soluzione tranchant non è possibile. Tuttavia, considerato che nell’attuale periodo storico la difesa del gettito fiscale da ‘attacchi’ elusivi, come quelli causa di fenomeni di BEPS, ha assunto i connotati di una priorità non solo fiscale ma, più in generale, politica, la strada della tassazione delle operazioni in oggetto parrebbe la più coerente. D’altra parte, la neutralità dell’IVA in capo ai soggetti esercenti attività esenti potrebbe essere perseguita per altra via, ad esempio eliminando tout court l’esenzione sui servizi finanziari e assicurativi o rendendola facoltativa.

Quanto all’altro aspetto, segnalato in apertura, della modalità di assolvimento/versamento dell’imposta nel luogo di consumo (cfr. supra questione sub ii), nei rapporti B2B la problematica è stata sostanzialmente risolta mediante l’utilizzo diffuso del reverse charge. Con questo strumento contabile, che, si rammenta, comporta la traslazione del debito IVA sul committente della prestazione, il fornitore è liberato da qualunque adempimento nel luogo di stabilimento del destinatario del servizio. Diversa è la situazione nei rapporti B2C, in cui il reverse charge non trova applicazione. In tale contesto le sorti del gettito IVA sono spesso dipendenti dalla esistenza, o meno, di un mezzo tecnico che consenta la liquidazione e la riscossione dell’imposta nel luogo del committente a prescindere dalla istituzione di un identificativo IVA in loco. In sostanza, la fase tecnico/adempimentale della liquidazione e riscossione dell’imposta gravante su un servizio reso a distanza diventa cruciale tanto quanto l’aspetto della sua rilevanza territoriale, considerato che la necessità di acquisire un identificativo nel mercato di riferimento della clientela spesso rappresenta un deterrente all’assolvimento tout court dell’imposta. Gli operatori basati all’estero, fatta ovviamente eccezione per quelli più strutturati, a volte trovano più vantaggioso rendersi totalmente inadempienti sul piano dell’IVA piuttosto che sottostare agli oneri, sia economici che burocratici, imposti dall’assolvimento dell’imposta in una giurisdizione straniera. In ambito comunitario la soluzione a siffatta problematica, almeno nel settore dei servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione e dei servizi prestati tramite mezzi elettronici (cd. ‘TBE’), è stata individuata nel modello del mini one stop shop (‘MOSS’) attraverso il quale è possibile versare l’IVA nello stato UE di consumo senza essere ivi identificati, ma avvalendosi di un portale telematico fruibile tramite Internet.

Il MOSS è reputato uno strumento strategico ai fini dell’implementazione del destination principle per i servizi elettronici. A giudizio del Gruppo di esperti della Commissione sulla tassazione della digital economy, l’operatività di tale principio può essere assicurata solo se accompagnata dallo sviluppo di un efficiente sistema MOSS, che consenta di mitigare i carichi amministrativi imposti alle imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni. Il fatto è che, ad oggi, tale sistema è circoscritto all’UE e il suo sviluppo su scala più ampia appare piuttosto complicato. Ciò anche perché, a differenza del reverse charge che è un semplice meccanismo contabile, il MOSS richiede infrastrutture tecnologiche notevoli, essendo totalmente web-based, nonché una forte armonizzazione delle regole domestiche in tema di adempimenti IVA. Nell’esperienza europea il MOSS è implementato e gestito attraverso un sito web armonizzato, approntato a livello nazionale da ciascuna amministrazione fiscale, che consente di risolvere a priori il problema della identificazione nel luogo del committente del servizio, siccome permette di versare l’IVA all’erario dello stato di stabilimento del cliente direttamente dallo stato membro di identificazione del prestatore. Si tratta di un regime opzionale, restando quindi ferma la possibilità per gli operatori di versare l’IVA all’estero secondo l’ordinaria modalità dell’identificazione o della rappresentanza fiscale. Quanto allo stato UE dal quale gestire il MOSS, mentre i soggetti extracomunitari possono scegliere liberamente ove identificarsi, per gli operatori comunitari tale stato è quello in cui il soggetto passivo ha fissato la sede della propria attività economica, i.e. dove una società ha la sede sociale o un’impresa individuale ha la sede della propria attività economica. In ambito comunitario il MOSS è visto come uno strumento particolarmente promettente, tanto che se ne è auspicata l’estensione ad altre prestazioni di servizi nonché alle cessioni di beni ai consumatori finali, nell’ottica di sviluppare un metodo standardizzato di assolvimento dell’IVA basato su tale sistema.

L’obiettivo, insomma, è creare uno one stop shop (‘OSS’) generalizzato. Infatti, l’utilizzo dell’OSS è stato individuato dalla Commissione anche quale uno dei possibili strumenti su cui basare l’assolvimento dell’IVA negli scambi intracomunitari di beni in vista della realizzazione del regime IVA definitivo del commercio intra-UE.

Benedetto Santacroce

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