Il tetto agli stipendi nella P.A.: forti limiti per chi cumula più incarichi

Dario Di Maria 08/07/15
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Gli attuali limiti agli stipendi nella P.A. si possono riassumere nel seguente elenco:

1) tetto assoluto euro 240.000;

2) tetto relativo a incarichi aggiuntivi presso altre PP.AA. (anche più di una) o società partecipate, 25% dell’ammontare complessivo del trattamento economico percepito;

3) tetto relativo per incarichi di progettazione (anche da più enti), 50% della retribuzione lorda (art. 93 co. 7-ter D.Lgs. 163/2006);

 

A questi sono da aggiungere altri limiti, che, per brevità, non saranno oggetto del presente articolo, ma che per completezza si elencano:

4) divieto di corrispondere assegni ad personam;

5) obbligo di versare nel fondo per il trattamento accessorio, i compensi per partecipazione a organismi di direzione e controllo (p.es: consigli di amministrazione);

6) obbligo di versare nel fondi per il trattamento accessorio il 50% dei compensi percepiti dai pubblici dipendenti per collegi arbitrali o collaudi di lavori pubblici

7) divieto di corrispondere somme per incarichi aggiuntivi a dirigenti di livello generale;

8) obbligo di porre a economia di bilancio il 50% dei ricavi netti da convenzioni dirette a fornire consulenze o servizi aggiuntivi.

 

Passiamo ora ad analizzare i limiti di cui ai nn. 1, 2 e 3.

1) Il primo limite è stato recentemente aggiornato con il DL 66/2014 art. 13 co. 1, che recita:

A decorrere dal 1º maggio 2014 il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione previsto dagli articoli 23-bis e 23-ter del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni e integrazioni, è fissato in euro 240.000 annui

 

2) Il secondo limite, originariamente stabilito solamente per gli incarichi presso enti pubblici nazionali, è ora applicabile agli incarichi presso tutte le pubbliche amministrazioni.

Infatti originariamente  l’art. 23-ter co. 2. DL 201/2011 recitava:

“Il personale di cui al comma 1 che e’ chiamato, conservando il trattamento economico riconosciuto dall’amministrazione di appartenenza, all’esercizio di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa, presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorita’ amministrative indipendenti, non puo’ ricevere, a titolo di retribuzione o di indennita’ per l’incarico ricoperto, o anche soltanto per il rimborso delle spese, piu’ del 25 per cento dell’ammontare complessivo del trattamento economico percepito

 

Successivamente l’art. 1 co. 471 della L. 147/2013 ha esteso il campo di applicazione a tutti gl incarichi presso pubbliche amministrazioni, enti pubblici economici, autorità indipendenti:

471. A decorrere dal 1º gennaio 2014 le disposizioni di cui all’articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di trattamenti economici, si applicano a chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche retribuzioni o emolumenti comunque denominati in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo intercorrenti con le autorita’ amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del medesimo decreto legislativo.

 

Il comma 473, infine,  ha precisato (e ampliato, includendo le società partecipate) nel modo seguente:

473 Ai fini dell’applicazione della disciplina di cui ai commi 471 e 472 sono computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all’interessato a carico di uno o piu’ organismi o amministrazioni, ovvero di societa’ partecipate in via diretta o indiretta dalle predette amministrazioni.

 

Quindi, sintetizzando, se un dipendente percepisce 28.000 euro annui, non può, per effetto di altri incarichi presso altri enti o società, anche cumulativamente, percepire più di 7.000 euro aggiuntivi. I compensi che rilevano sono sia per attività di lavoro dipendente (o assimilato), sia per lavoro autonomo, e comprendono, oltre al corrispettivo, anche rimborsi spese e emolumenti comunque denominati (indennità, gettoni di presenza, ecc….).

 

La Ragioneria Generale dello Stato, con la Circolare n. 8 Prot. 7845 del 02/02/2015 ha esplicitato che:

il tetto retributivo in parola, …  si applica, anche a quelli derivanti da rapporti di lavoro con le altre amministrazioni pubbliche  … nell’articolo 1, comma 2, del citato. decreto legislativo. n. 165/2001 (es. .Università, Regioni, enti del. SSN, enti pubblici regionali, enti locali, Camere di Commercio, ecc.), con le Autorità amministrative indipendenti e con gli enti pubblici economici nonché agli emolumenti dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle medesime amministrazioni … e delle autorità amministrative indipendenti, ove previsti dai rispettivi ordinamenti.

 

 

3) Il terzo limite è stato introdotto dal DL 90/2014, che ha inserito il comma 7-ter nell’art. 93 D.Lgs. 163/2006, che al terz’ultimo periodo recita:

Gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente, anche da diverse amministrazioni, non possono superare l’importo del 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo.

 

Il riferimento è agli incentivi per la progettazione di opere pubbliche, redatta dai dipendenti delle stesse stazioni appaltanti (esclusi oggi i dirigenti, per cui è oggi vietata la corresponsione di tali incentivi).

 

Dal coacervo delle disposizioni citate, risulta molto “pericolosa” la liquidazione dei compensi per incarichi aggiuntivi.

In effetti, gli uffici che erogano i compensi dovrebbero acquisire prima della liquidazione una dichiarazione che escluda che gli incarichi, complessivamente considerati, anche derivanti da altri enti pubblici o società partecipate, non superano comunque i limiti di cui sopra. Analoga dichiarazione dovrebbe acquisire l’amministrazione di provenienza del dipendente, prima del saldo di dicembre.

Infatti la Regione Veneto (a titolo di esempio), ha richiesto ai propri dipendenti di presentare entro il 30 novembre di ogni anno una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, al fine di consentire all’Amministrazione regionale il monitoraggio ed il controllo in ordine ad un eventuale superamento del tetto retributivo. Inoltre il dipendente, entro il 30 giugno dell’anno successivo, è tenuto ad integrare la dichiarazione per nuovi compensi, o a rettificare la stessa qualora i compensi effettivamente percepiti risultino difformi da quelli dichiarati.

Dario Di Maria

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