Scuola: voti finali e argomenti a sorpresa nei compiti. Cosa dice la legge

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Il voto finale è deciso dal docente?

Risposta: NO. Il voto è deciso dal CONSIGLIO DI CLASSE.

Il docente, sulla base dei voti riportati dall’alunno e di tutti gli elementi che la legge ed i principi non scritti di buona didattica impongono di valutare, esprime la sua PROPOSTA di voto. La proposta è formulata al Consiglio di Classe, composto da tutti i docenti in servizio nominati per l’insegnamento di discipline nella classe dello studente (in concreto: tutti i professori che insegnano in quella specifica classe).

Il collegio può rigettare la proposta e modificare il voto ove ritenga che il professore lo abbia attribuito tralasciando elementi essenziali di valutazione (in buona ed in mala fede). Dovrebbe attivare con attenzione (e senza troppa parsimonia) questo potere perché è il consiglio di classe nella sua interezza che risponde in caso di eventuali contestazioni. Poniamo il caso di un docente che, per ritorsione, proponga un voto dolosamente preordinato a nuocere allo studente,  uno dei cosiddetti “voti guastamedia” (per far scalare la fascia e perdere il punto di credito o la borsa di studio). Il collegio docenti ha il dovere morale e GIURIDICO (e, se è sordo anche a questo, lo studente puó tutelarsi adendo il giudice competente) di correggere il tiro. Il consiglio può anche modificare il voto se ritiene che siano stati trascurati elementi di valutazione. Ad esempio, il consiglio potrebbe correggere un voto attribuito sulla base di una media ottusamente matematica in caso ci siano parametri di crescita (ad esempio uno studente che riporti in sequenza i voti 4-4-6,5-7 pur ricadendo matematicamente nell’area del 5, presenta un rendimento in crescita  che lo rende idoneo alla sufficienza).

Se il Consiglio dissente dalla proposta di voto del docente e la rettifica, ne spiega concisamente i motivi nel verbale.

Il Consiglio assurge cosí a “guardiano” della legittimità e della giustizia nella valutazione.

 

 

Un professore ha inserito nel programma argomenti non trattati a lezione e due studenti della nostra classe lo hanno firmato. La firma ha “convalidato” il programma (anche in previsione degli esami di Stato)?

NO. La firma degli studenti sul programma non ha mai valore giuridico. É solo un modo, invalso nella prassi ma abbastanza semplicistico, per indurre gli studenti a desistere da eventuali contestazioni. Si puó considerare una regola di “buona pratica” per rendere gli studenti (indirettamente) partecipi delle decisioni, ma non ha mai effetti “traslativi”, “riduttivi” o “preclusivi” della responsabilitá.

La responsabilitá UNICA del programma é rimessa infatti al DOCENTE, nella sua veste di pubblico ufficiale. La firma degli studenti, pur non essendo vietata da alcuna norma, non é prevista né regolamentata sistematicamente in nessuna legge e, ne discende, non ha alcuna efficacia “convalidante” o preclusiva di contestazioni future.

Anche perché, considerata la posizione di superioritá del docente, idonea a potenziali ritorsioni, non si potrebbe mai essere certi che la firma sia stata apposta in modo pienamente libero (é ragionevole supporre che alcuni studenti, per timore o per captatio benevolentiae, sottoscriverebbero anche programmi non rispondenti al vero).

A margine, credo sia davvero sconsiderato “ingrassare” i programmi: dichiarare argomenti non svolti consapevolmente é una condotta certamente riprovevole e, probabilmente, non priva di conseguenze.

 

Diritto AMMINISTRATIVO

Qual é la differenza tra pubblico ufficiale ed incaricato di pubblico servizio?

IL PUBBLICO UFFICIALE svolge una pubblica FUNZIONE.

L’INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO svolge un pubblico SERVIZIO.

Significa, sostanzialmente, che il pubblico ufficiale non solo lavora “per il bene ed al servizio” della comunitá, ma ha ricevuto un’investitura che gli consente di “parlare ed agire” (entro certi limiti, a certe condizioni e secondo certe modalitá) a nome della stessa.

Da questa investitura derivano, tipicamente, poteri AUTORITATIVI e CERTIFICATIVI, che l’IPS non ha.

Il potere AUTORITATIVO si sostanzia in una “superioritá” del PU rispetto al privato (la cosiddetta “asimmetria”): si pensi al presidente del seggio elettorale che, con autoritá, puó servirsi della forza pubblica.

I poteri CERTIFICATIVI  riguardano la produzione di documentazione probatoria: dato che la PA archivia e gestisce gran parte delle informazioni sui privati, agli apparati amministrativi é rimesso il compito di “comprovare” la veritá di determinati dati (ad esempio il certificato di nascita, prodotto dall’ufficiale di stato civile, “prova” l’evento nascita).

Questi poteri mancano nel caso di IPS, il quale ha funzioni “esecutive” di servizi pubblici, ma non concorre alla determinazione della volontá dell’ente pubblico (ad esempio il letturista del contatore non contribuisce a determinare l’indirizzo dell’agire pubblico, ma compie soltanto un’attivitá esecutiva “per il bene” dell’ente).

L’IPS si limita quindi ad offrire un servizio di interesse generale, ma non ha poteri partecipativi al processo di formazione della volontá dell’amministrazione pubblica.

In estrema sintesi: non puó, neanche potenzialmente, contribuire alle decisioni.

C’é poi una differenza “simbolica”: il PU è, per cosí dire, LO STATO nel momento in cui esercita le sue funzioni (cioé incarna la Repubblica come entitá), l’IPS agisce PER CONTO dello Stato.

 

Come inviare i propri quesiti

  1. Alle domande risponde Davide Gambetta, giudice arbitrale attivo presso un Tribunale privato arbitrale.
  2. Le domande devono essere poste per commento o per messaggio all’indirizzo email davidegambetta@yahoo.it.
  3. Chiunque può porre domande, ma non a tutti i quesiti si dà seguito con una risposta (per ragioni di tempo e di economia espositiva).
  4. I quesiti devono essere il più possibile circostanziati e non saranno mai pubblicati riferimenti espliciti a persone, cose, luoghi, società.
  5. Non è richiesto un linguaggio “specialistico” nei quesiti. Le domande possono essere poste in termini schietti e “concreti”.
  6. Alle domande si risponde secondo diritto (cioè sulla base della normativa vigente), non secondo i principi etici o l’equità.

Davide Gambetta

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