La rotazione del personale come strumento di prevenzione della corruzione

Redazione 01/03/15
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Con la scadenza a fine gennaio del termine per l’adozione del Piano per la prevenzione della corruzione per il triennio 2015-2017, si apre ora ora una fase di monitoraggio da parte dell’ANAC. In particolare, anche alla luce dei recenti indirizzi impartiti nella delibera n. 13 del 4 febbraio 2015, l’Autorità di Cantone dovrà valutare l’efficace definizione dei meccanismi di rotazione dei dipendenti.

Abbiamo chiesto al Dott. Paolo Canaparo, viceprefetto presso il Ministero dell’Interno, di spiegarci come e perché la rotazione del personale è uno strumento di prevenzione e garanzia di funzionalità delle amministrazioni.

di Paolo Canaparo
Viceprefetto presso il Ministero dell’Interno

Il Piano nazionale anticorruzione adottato l’anno scorso ha speso molto per illustrare l’importanza che ritiene rivesta la rotazione dei dirigenti e dei dipendenti, come strumento fondamentale per contrastare la corruzione.

Secondo il detto Piano l’alternanza riduce il rischio che possano crearsi relazioni particolari tra amministrazioni ed utenti, con il conseguente consolidarsi di situazioni di privilegio e l’aspettativa a risposte illegali improntate a collusione.

La rotazione, pertanto, allontana il privilegio o la consuetudine e la prassi, che possono finire per favorire coloro che sono capaci di intessere relazioni con i dipendenti e dirigenti inamovibilmente inseriti in un certo ruolo, a discapito di altri. E già questo è un comportamento corruttivo, perché corrompe, lede il principio di imparzialità e parità di condizioni.

Non è un caso che la legge 190/2012 si riferisca alla rotazione più volte. All’articolo 1 comma 4, lettera e), nel quale si assegna al Dipartimento della Funzione pubblica il compito di definire criteri generali per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione.

All’articolo 1, comma 5, lettera b), ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono a Palazzo Vidoni procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari. Tutti riferimenti alla Funzione pubblica che ora per effetto del DL n. 90 del 2014 devono intendersi riferiti all’ANAC.

All’articolo 1, comma 10, lettera b), della legge 190 del 2012 poi il responsabile della prevenzione procede alla verifica, d’intesa con il dirigente competente, dell’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione. Ma la rotazione, già dalla riforma Brunetta, il d.lgs. 150/2009, è stata considerata come strumento fondamentale di trasparenza e contrasto alla corruzione. Infatti è stata inserita come una delle misure gestionali proprie dei dirigenti: l’articolo 16, comma 1, lett. l-quater), del d.lgs. 165/2001 prevede che dirigenti, con provvedimento motivato, facciano ruotare il personale coinvolto in procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva.

Tuttavia, la rotazione dei dirigenti e del personale presenta non indifferenti profili di delicatezza e complessità, dal momento che si pone in chiaro conflitto con l’altrettanto importante principio di continuità dell’azione amministrativa, che implica la valorizzazione della professionalità acquisita dai dipendenti in certi ambiti e settori di attività.

Inoltre può costituire forte ostacolo alla rotazione anche la dimensione degli uffici e la quantità dei dipendenti operanti. La rotazione è oggettivamente più semplice laddove le risorse siano maggiori. Il Piano nazionale anticorruzione, però, ricorda che lo strumento della rotazione non deve essere visto come una misura da applicare acriticamente ed in modo generalizzato a tutte le posizioni lavorative. Infatti, detta misura di prevenzione del rischio di corruzione impone alcuni passaggi preliminari.

In primo luogo, occorre identificare in via preventiva gli uffici e servizi che svolgono attività nelle aree a più elevato rischio di corruzione. E’ prevalentemente in questi ambiti che la rotazione degli incarichi deve essere utilizzata come strumento tipico anticorruzione. Ovviamente, anche in settori non identificati a priori è possibile avvalersene ricorrendone i presupposti, ma come “misura” operativa e da programmare col piano triennale va connessa all’identificazione delle aree a maggior rischio.

Occorre, poi, individuare in via preventiva anche le modalità di attuazione della rotazione in modo da contemperare le esigenze dettate dalla legge con quelle dirette a garantire il buon andamento dell’amministrazione. S’è detto prima del condizionamento della dimensione della struttura, variabile fondamentale della misura della rotazione. Il piano triennale, allora, dovrà contenere criteri generali, anche fissando i tempi della rotazione.

I recenti indirizzi dell’ANAC in materia di rotazione del personale

La richiamata delibera n. 13 del 4 febbraio 2015, concernente la valutazione dei provvedimenti in materia di rotazione del personale all’interno del Corpo di Polizia di Roma Capitale, ha costituito ora l’occasione per l’ANAC per formulare i seguenti importanti orientamenti in tema di rotazione del personale nelle amministrazioni pubbliche che si aggiungono alle prescrizioni del Piano nazionale:

  1. la rotazione è rimessa alla autonoma determinazione delle amministrazioni, che in tal modo potranno adeguare la misura alla concreta situazione dell’organizzazione dei propri uffici;
  2. la rotazione incontra dei limiti oggettivi, quali l’esigenza di assicurare il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa e di garantire la qualità delle competenze professionali necessarie per lo svolgimento di talune attività specifiche, con particolare riguardo a quelle con elevato contenuto tecnico. Pertanto non si deve dare luogo a misure di rotazione se esse comportano la sottrazione di competenze professionali specialistiche da uffici cui sono affidate attività ad elevato contenuto tecnico;
  3. la rotazione incontra dei limiti soggettivi, con particolare riguardo ai diritti individuali dei dipendenti soggetti alla misura e ai diritti sindacali. Le misure di rotazione devono contemperare quindi le esigenze di tutela oggettiva dell’amministrazione (il suo prestigio, la sua imparzialità, la sua funzionalità ) con tali diritti;
  4. i criteri di rotazione devono essere previsti nei PTPC e nei successivi atti attuativi e i provvedimenti di trasferimento devono essere adeguatamente motivati;
  5. sui criteri generali di rotazione deve essere data informazione alle organizzazioni sindacali. Tale informazione consente alle organizzazioni sindacali di presentare proprie osservazione e proposte, ma non apre alcuna fase di negoziazione in materia.

 

Si tratta indicazioni che tentano di fare chiarezza per aspetti di segnata delicatezza per il corretto funzionamento delle pubbliche amministrazioni in attesa è come anticipato nella delibera n. 13 della formulazione di Linee guida, anche prima dell’adozione del Piano nazionale anticorruzione 2015, per supportare le amministrazioni in scelte che investono direttamente la loro organizzazione e funzionalità.

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