Cassazione Penale: possibile nello stupro l’attenuante della minore gravità

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In una recente pronuncia (precisamente, la sentenza 25 settembre 2014, n. 39445), la Terza Sezione Penale della Cassazione ha stabilito che, pur in presenza di un rapporto sessuale completo, nello stupro si può configurare l’attenuante della “minore gravità”, con una considerevole riduzione della pena.

Nella specie, il soggetto, già condannato per i reati di cui all’ articolo 572 c.p. (“Maltrattamenti contro familiari e conviventi”) e all’articolo 609-bis c.p. (“Violenza sessuale”) nei primi due gradi di giudizio, ricorreva in Cassazione, denunciando violazione di legge per aver il giudice di merito escluso l’attenuante della “minore gravità”, prevista dall’ultimo comma dell’articolo 609-bis c.p., sulla base della mera considerazione che un rapporto sessuale completo non consentirebbe di configurare l’attenuante in oggetto.

L’attenuante della minore gravità, così come prevista dall’ultimo comma dell’articolo 609-bis c.p., prevede la riduzione della pena fino a due terzi.

Al contrario, leggiamo nel testo della sentenza, “il ricorrente deduce come debba assumere rilevanza la qualità dell’atto compiuto (e segnatamente il grado di coartazione, il danno arrecato e l’entità della compressione) più che la quantità di violenza fisica esercitata”.

La Corte ha ritenuto in ricorso fondato. In appena una pagina di motivazione, i giudici di legittimità hanno affermato che, “ai fini della concedibilità dell’attenuante di minore gravità, assumono rilievo una serie di indici, segnatamente riconducibili, attesa la ratio della previsione normativa, al grado di coartazione esercitato sulla vittima, alle condizioni, fisiche e mentali, di quest’ultima, alle caratteristiche psicologiche, valutate in relazione all’età, all’entità della compressione della libertà sessuale e al danno arrecato alla vittima anche in termini psichici”.

Dunque, “così come l’assenza di un rapporto sessuale completo non può, per ciò solo, consentire di ritenere sussistente l’attenuante, simmetricamente la presenza dello stesso rapporto completo non può, per ciò solo, escludere che l’attenuante sia concedibile, dovendo effettuarsi una valutazione del fatto nella sua complessità”.

Ha, di conseguenza, annullato la sentenza impugnata, in quanto i giudici di merito avevano escluso l’invocata circostanza attenuante, facendo leva sulla considerazione che “in ogni caso la consumazione d’una violenza carnale completa, al di là delle condizioni soggettive nelle quali versi l’autore, resta un fatto non sussumibile fra le violenze sessuali di minore gravità”.

Luciana Litizzetto, in chiusura del suo consueto intervento a Che tempo che fa di Fazio, ha richiamato la sentenza esaminata, mostrando di non condividere la decisione della Corte, in particolare con riferimento a questo periodo storico. E se consideriamo anche la recente normativa che aumenta le pene delle fattispecie di reati commessi a danno di soggetti femminili, si può rintracciare anche una incoerenza tra l’operato del legislatore e l’orientamento giurisprudenziale.

È una sentenza, questa, che seppur corretta dal punto di vista giuridico, in quanto l’attenuante è espressamente prevista dalla legge e applicabile in seguito ad un esame complessivo delle modalità di esecuzione del fatto di reato (questo per regola generale), dal punto di vista morale lascia non poche insoddisfazioni: può un reato atroce come lo stupro, la violenza carnale, essere di minore gravità e quindi permettere uno sconto della pena, anche consistente, per l’agente?

 

Lorenzo Pispero

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