L’applicazione della detrazione per le abitazioni principali nella TASI (ovvero, i paradossi della TASI sono infiniti)

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 E’ ben vero che solo una parte minore dei Comuni italiani ha deliberato di riconoscere ai contribuenti qualche forma di detrazione per l’abitazione principale ai fini della TASI; ciò nondimeno, nei casi in cui la detrazione è stata istituita, è necessario applicarla correttamente, da un lato per ottimizzare l’opportunità di uno sconto sull’imposta, dall’altro per scongiurare il rischio di commettere errori e di incorrere nella sanzione del 30 per cento (oltre interessi) per insufficiente versamento del tributo.

Anche per l’applicazione della detrazione – che, nei non frequentissimi casi in cui è stata istituita, è risultata spesso modesta e ancorata, di caso in caso, a parametri di varia entità (ad es.: rendita catastale  dell’immobile, ISEE, reddito familiare, eventuali maggiorazioni per la presenza di figli, situazioni di handicap in famiglia, e così via) –  occorre tenere in considerazione le possibili situazioni che si possono presentare, approfondite in alcune risposte fornite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel documento “FAQ” del 3 giugno 2014, tuttora consultabile sul relativo sito internet (http://www.finanze.it/export/download/Imu/FAQimutasiter.pdf), con particolare riguardo all’ipotesi nella quale i soggetti coinvolti nel calcolo della TASI siano più di uno.

L’autore di questo articolo ha firmato il volume appena uscito: “La Tasi e la Iuc” (Maggioli, 2014) (ndr)

Il primo caso è quello in cui i comproprietari dell’unità immobiliare (o i compossessori: si pensi, tipicamente, agli usufruttuari) la utilizzano tutti come propria abitazione principale.

In questo frangente si prescinde dalle quote di proprietà o di possesso – che possono essere uguali (ad es.: marito e moglie al 50 per cento ciascuno), o anche differenti (ad es.: madre e due figli proprietari, rispettivamente, del 60 per cento – la madre – e del 20 per cento del bene ciascuno dei due figli).

Orbene, in tutti questi casi, la detrazione deve essere suddivisa in quote uguali fra coloro per i quali l’immobile rappresenta l’abitazione principale, a prescindere dalle rispettive quote di proprietà o di possesso).

Volendo fare un esempio (imponibile IMU 100.000; aliquota per l’abitazione principale 2,5 per mille; detrazione per abitazione principale euro 180) riferito al caso di cui sopra, si avranno gli importi di TASI dovuta e i relativi conteggi come di seguito esposto:

a)    la mamma (60%): euro 240 (euro 200.000 * 2,5/1000 * 60/100 meno la detrazione pari a euro 180/3)

b)    ciascuno dei due figli: euro 40  (euro 200.000 * 2,5/1000 * 20/100 meno la detrazione pari a euro 180/3) .

Il caso è oggetto della risposta n. 18 nel documento ministeriale FAQ del 3 giugno 2014.

 

Il secondo caso è quello in cui l’unità immobiliare costituisce l’abitazione principale per soltanto alcuni dei comproprietari (o dei compossessori).

Riprendendo il caso di cui sopra, il bene potrebbe essere l’abitazione principale soltanto per i due figli.

In tal caso, la risposta n. 11 del documento ministeriale FAQ del 3 giugno 2014 evidenzia che soltanto costoro possono applicare la detrazione (in parti fra loro uguali), “consumandola” per intero, mentre la mamma deve determinare la TASI trattando la stessa unità immobiliare, per la propria quota, come “altro fabbricato”. In questo scenario, ipotizzando che l’aliquota applicabile alla quota di possesso della mamma sia l’1 per mille [1], si avranno gli importi e i conteggi di seguito precisati:

 

a)    la mamma (60%, senza detrazione): euro 120 (euro 200.000 * 1/1000 * 60/100)

c)     ciascuno dei due figli: euro 10 (euro 200.000 * 2,5/1000 * 20/100 meno la detrazione pari a euro 180/2), importo non dovuto in quanto inferiore, su base annua, al limite di 12 euro fino al quale, per legge (e in mancanza della possibile riduzione del limite – ad es.: a euro 8 – da parte del singolo Comune, che in questo esempio supponiamo non essere stata deliberata), i versamenti relativi ai tributi locali possono essere legittimamente omessi.

 

Orbene, uno degli aspetti (fra i tanti) che lasciano perplessi riguardo alla TASI è che in un caso come questo sussiste pur sempre la solidarietà passiva fra tutti i comproprietari (o fra i compossessori) cosicché i figli – legalmente esonerati dagli obblighi di versamento del tributo per quanto concerne le proprie quote – potrebbero essere obbligati dal Comune a pagare la TASI dovuta dalla mamma qualora la stessa non assolvesse i propri obblighi.

Tale circostanza – che deriva da una specifica disposizione della TASI – è stata espressamente confermata dallo stesso Ministero nel documento FAQ del 3 giugno 2014, in seno alla risposta n. 11.

 

Ma la bizzarra storia della detrazione per l’abitazione principale non finisce qui.

 

Infatti, se un immobile abitativo è interamente locato a un inquilino che lo utilizza come propria abitazione principale, la relativa detrazione non compete mai perché la TASI deve essere calcolata – e versata –, ciascuno pro quota, dal proprietario (o possessore) locatore e dall’inquilino, considerando l’immobile dal punto di vista del locatore, per il quale esso rientra nella categoria degli “altri fabbricati”. [2]

Nel caso in cui, invece, lo stesso immobile sia solo parzialmente locato (ad es.: una o due stanze) all’inquilino (il quale può utilizzarlo, indifferentemente – perché trattasi di aspetto irrilevante ai fini della TASI – come abitazione principale o come abitazione accessoria) e rappresenti l’abitazione principale del proprietario, l’intero calcolo deve essere effettuato con i parametri – aliquota ed eventuale detrazione – dell’abitazione principale, tale essa essendo per il proprietario: anche l’inquilino sarà, in tal caso, tenuto a versare una quota della TASI (tra il 10 e il 30 per cento) così determinata – lo ribadiamo – a prescindere dal tipo di utilizzo (abitazione principale o seconda casa) che l’inquilino fa dell’immobile e, stando all’impostazione ministeriale, prescindendo anche dalla quantità di superficie utilizzata in concreto dall’inquilino.

Questo caso è oggetto della risposta n. 17 del documento ministeriale FAQ del 3 giugno 2014.



[1] L’aliquota TASI per gli “altri fabbricati”, in genere, è risultata inferiore a quella riservata alle abitazioni principali: su queste ultime – esenti per legge dall’IMU – i Comuni hanno infatti “recuperato” con la sola TASI l’esenzione imposta dalla legge ai fini dell’IMU; per gli “altri fabbricati”, invece, i Comuni hanno calcato la mano soprattutto sull’IMU e, non sempre e se  possibile solo marginalmente, anche sulla TASI, per effetto delle limitazioni previste dalla normativa, per l’anno in corso, alla sommatoria delle aliquote dei due tributi)

[2] Ricordiamo anche che, a termini di legge, l’inquilino è tenuto ad assolvere una quota della TASI  ricompresa, caso per caso, tra il 10 e il 30 per cento, percentuale che deve essere deliberata da ogi singolo Comune e, in mancanza, è fissata per legge al 10 per cento..

Il proprietario (o possessore) deve invece versare la TASI nella percentuale residua, che risulta pertanto ricompresa tra il 70 e il 90 per cento.

Stefano Baruzzi

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