I Contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili (rent to buy)

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L’art. 23 del decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, meglio conosciuto come “Decreto Sblocca Italia”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 121 del 12 settembre 2014 ed entrato in vigore il 13 settembre 2014, introduce nell’ordinamento la disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, volta a predisporre in via normativa delle tutele per le parti contraenti, così rimuovendo alcuni degli ostacoli (di natura giuridica, come la tutela dell’istituto della trascrizione a fronte della maggior durata del contratto di locazione; nonché dell’impossibilità di trascrivere un patto di opzione) che hanno limitato la diffusione di questi schemi contrattuali.

Si tratta di fattispecie spesso definite genericamente come “rent to buy”, definizione con la quale si intende un’operazione unitaria – che può svilupparsi in forme diverse – attraverso la quale viene assicurata, a chi ha intenzione di acquistare un immobile, la possibilità di conseguire immediatamente, mediante un contratto di locazione, il godimento di un immobile, con pagamento di un canone periodico (di regola più elevato di quello praticato dal mercato, in quanto destinato non solo a remunerare il godimento dell’immobile, ma anche a riservare una quota parte in conto prezzo della successiva vendita) e rinviando a un momento successivo l’acquisto del diritto di proprietà e il pagamento del corrispettivo residuo, imputando, in tutto o in parte, al corrispettivo ancora dovuto i canoni pagati in precedenza.

In sostanza, mediante tale tipologia contrattuale, si consente, da un lato, al conduttore/acquirente di conseguire immediatamente la disponibilità di un alloggio che soddisfi le proprie esigenze, posticipando le difficoltà di reperire tutta la provvista necessaria (ad esempio, con la vendita di altro immobile o mediante la concessione di un finanziamento) e, dall’altro lato, al locatore/venditore di “assicurarsi” il trasferimento (se pur differito nel tempo) dell’alloggio e di superare le attuali difficoltà di mercato, ammortizzando, nel contempo, i costi connessi alla gestione della proprietà immobiliare (tributi locali, spese di manutenzione, oneri finanziari derivanti da mutui in ammortamento, ecc.).

A tale riguardo, il legislatore, ponendo fine ad ogni sorta di interpretazione circa la formula più idonea e cautelativa offerta dalla dottrina, stabilisce che i contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., che regola la trascrizione dei contratti preliminari; tali contratti dovranno, pertanto, rivestire la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.

La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all’art. 2643, comma primo, numero 8) c.c., a norma del quale si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni, con l’effetto che colui che pone per primo in essere la trascrizione è preferito rispetto a chi non trascrive affatto o trascrive successivamente il proprio titolo, con evidente efficacia dichiarativa dalla formalità della trascrizione che è opponibile ai terzi.

Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo.

Ai detti contratti si applicano gli articoli 2668, quarto comma, c.c., sulle disposizioni relative alla cancellazione della trascrizione dei contratti preliminari quando la cancellazione è debitamente consentita dalle parti interessate ovvero è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato, 2775-bis, c.c., quanto al privilegio speciale sull’immobile a garanzia dei crediti (di restituzione) del futuro acquirente per il caso dell’inadempimento del venditore, e 2825-bis c.c., a norma del quale “L’ipoteca iscritta su edificio o complesso condominiale, anche da costruire o in corso di costruzione, a garanzia di finanziamento dell’intervento edilizio ai sensi degli articoli 38 e seguenti del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, prevale sulla trascrizione anteriore dei contratti preliminari di cui all’articolo 2645-bis, limitatamente alla quota di debito derivante dal suddetto finanziamento che il promissario acquirente si sia accollata con il contratto preliminare o con altro atto successivo eventualmente adeguata ai sensi dell’articolo 39, comma 3, del citato decreto legislativo n. 385 del 1993. Se l’accollo risulta da atto successivo, questo è annotato in margine alla trascrizione del contratto preliminare.” (articolo inserito dall’art. 3, del d.l. n. 669/1996, poi convertito nella l. n. 30/1997).

Il termine triennale previsto dal comma terzo dell’art. 2645-bis del codice civile è elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni. Si applicano altresì le norme codicistiche dell’usufrutto, riguardo a inventario e garanzia, al carico delle spese di manutenzione e alle pretese di terzi e/o liti (artt. da 1002 a 1007 e artt. 1012 e 1013 c.c.), in quanto compatibili. In caso di inadempimento si applica l’art. 2932 del codice civile (esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto, mediante emanazione di una sentenza che trasferisce il diritto di proprietà dell’immobile promesso in vendita in luogo dell’atto (definitivo) non concluso per inadempimento di una delle parti).

Se il contratto ha per oggetto un’abitazione, il divieto di cui all’art. 8 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 (Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210), opera fin dalla concessione del godimento; il riferimento è all’obbligo imposto al notaio di non procedere alla stipula dell’atto di compravendita se, anteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell’ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull’immobile.

In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali. In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile e acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto.

In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, fatta salva l’applicazione dell’art. 67, comma 3, lett. c), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, a norma del quale “Non sono soggette ad azione revocatoria le vendite a giusto prezzo di immobili ad uso abitativo, destinati costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini fino entro il terzo grado, ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio.”.

In caso di fallimento del conduttore, si applica l’art. 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, rimettendo, in tal modo, al curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, la valutazione relativa all’opportunità di continuare o meno il rapporto contrattuale; se il curatore si scioglie dal contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’art. 2775-bis c.c., a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.

Il comma 7 dell’art. 23 interviene inserendo un nuovo comma 5-bis all’art. 8 del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito in legge 23 maggio 2014, n. 80: tale articolo prevede, con riguardo agli alloggi sociali (di cui al decreto ministeriale infrastrutture del 22 aprile 2008), la possibilità di prevederne il riscatto da parte del conduttore dopo 7 anni dall’inizio della locazione, approntando uno specifico trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. Il comma 5-bis aggiunto, la cui efficacia è subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea (come previsto dal comma 8), estende detta disciplina anche ai contratti di locazione (di alloggi sociali) con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti e di vendita con riserva di proprietà (sempre di alloggi sociali).

L’art. 23 non si occupa dei profili fiscali dei contratti in esame, né riproduce le disposizioni già introdotte ai fini dell’imposte sui redditi e dell’Irap per la locazione con riscatto a termine degli alloggi sociali, di cui all’art. 8 del decreto legge 28 marzo 2014 n. 47, convertito in legge 23 maggio 2014, n. 80 (v. CNN Notizie del 31 marzo 2014 cit.). Il tema è stato oggetto di approfondimento nello studio del Consiglio Nazionale del Notariato (n. 490-2013/T cit.), al quale si rinvia.

 

Michele Pizzullo

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