Contratti a termine: i chiarimenti del Ministero con la circolare 18/2014

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Attraverso la Circolare n. 18 del 30 luglio 2014, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali chiarisce alcuni aspetti previsti dal Decreto Legge n. 34/2014 (convertito nella Legge n. 78/2014) circa l’utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato. L’interpretazione normativa, fatta dal Ministero è volta soprattutto ad indirizzare l’attività ispettiva degli organi preposti alla vigilanza.

 

Il Decreto Legge n. 34/2014 modifica profondamente la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato prevista dall’originario Decreto Legislativo n. 638/2001. In primo luogo, viene a mancare l’obbligo di inserire nel contratto a termine le ragioni giustificatrici (c.d. ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo).

 

È comunque sempre possibile stipulare un contratto a tempo determinato “per ragioni di carattere sostitutivo o per stagionalità“: trattasi, nello specifico, di assunzioni effettuate in sostituzione di lavoratori assenti o rapporti instaurati con riferimento alle attività stagionali. In questi casi il datore di lavoro è esonerato dal versamento del contributo addizionale Aspi pari al 1,40%, dovuto invece, per tutti gli altri contratti a tempo determinato. Tuttavia, è fatta salva la previsione del Decreto Legislativo n. 638/2001 secondo cui è nullo il termine apposto sul contratto qualora questi non risulti, direttamente o indirettamente, da un atto scritto.

 

Con riferimento alla durata, il contratto a termine può avere una dislocazione temporale limitata a 36 mesi comprensiva di eventuali proroghe, salvo diverse previsioni dei CCNL (ipotesi derogatorie previste dall’articolo 5, comma 4 bis e ter, D.Lgs n. 368/2001). Tale limitazione non trova però applicazione per le attività stagionali, per le attività di cui al D.P.R. n. 1525/1963 e per tutte quelle altre attività individuate dalla contrattazione collettiva.

 

Attenzione alle proroghe, il ricorso alle stesse é consentito nel limite massimo di cinque per ogni dipendente e per la stessa attività lavorativa. Non possono, dunque, mutare le mansioni nel corso delle varie proroghe, pena la nullità. Occorre tenere presente che le cinque proroghe devono essere considerate come un bonus complessivo, da utilizzare indipendentemente dal numero di contratti a termine che si succedono con il medesimo lavoratore. In sostanza, ipotizziamo che un datore di lavoro assuma un lavoratore per tre mesi, alla scadenza dei quali proceda con un rinnovo del contratto per altri tre mesi. Al termine della proroga, in mancanza di rinnovo, il rapporto si esaurisce. Qualora il datore di lavoro dopo un anno decida di riassumere nuovamente lo stesso lavoratore a tempo determinato, alla scadenza del contratto egli, in ipotesi in cui voglia proseguire il rapporto e tenuto conto del limite temporale dei 36 mesi, avrà a disposizione altre quattro proroghe, poiché una è già stata utilizzata con il precedente contratto. Fanno però eccezione i contratti che hanno ad oggetto un’ attività lavorativa differente rispetto al precedente rapporto.

 

E’ importante comunque precisare che:

  • i contratti stipulati prima del 21 marzo 2014, dunque prima dell’entrata in vigore del Decreto, possono essere prorogati una sola volta, salvo le proroghe fatte (max 8) nel lasso di tempo intercorso tra l’emanazione del decreto e la conversione in legge (21 marzo-19 maggio), ma in tal caso, a partire dal 20 maggio 2014 il datore di lavoro non potrà più prorogare tali contratti;
  • i contratti a termine stipulati dopo il 21 marzo 2014 possono essere prorogati al massimo cinque volte, tenuto sempre conto di eventuali proroghe in numero superiore a cinque (max 8) effettuate nell’arco temporale 21marzo-19 maggio, ma in tal caso, a partire dal 20 maggio 2014 il datore di lavoro non potrà più prorogare tali contratti.

 

Spostiamo ora l’attenzione sul limite quantitativo.

La norma prevede che possono essere stipulati contratti a termine solo in misura pari al 20% del lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza al 1º gennaio dell’anno di stipula del contratto. Diversamente, per i datori di lavoro che iniziano l’attività in corso d’anno, il calcolo viene fatto prendendo come riferimento la data di stipula del primo contratto a termine. È in ogni caso possibile assumere un lavoratore con contratto a tempo determinato se l’azienda occupa fino a cinque (da 0 a 5) dipendenti.

 

Ai fini del calcolo del limite dimensionale previsto (20%), occorre considerare tutti i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato.

 

Rientrano, inoltre, nel computo:

  • gli apprendisti;
  • i dirigenti;
  • i lavoratori a chiamata con indennità di disponibilità, conteggiati in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nel semestre precedente (articolo 39, D.Lgs n. 276/2003);
  • i lavoratori assunti con contratto part-time, conteggiati tenuto conto dell’orario di lavoro svolto, in proporzione dunque alla percentuale di part-time.

 

Sono invece esclusi dal calcolo i rapporti di natura autonoma o di lavoro accessorio, i lavoratori parasubordinati e gli associati in partecipazione. La stessa circolare specifica che il numero dei lavoratori a tempo indeterminato da considerare, dovrà prescindere dall’unità produttiva in cui essi sono impiegati.

 

Nei casi in cui il calcolo della percentuale dia origine ad un numero decimale, il datore di lavoro dovrà operare nel seguente modo: arrotondare per eccesso qualora il decimale sia uguale o superiore a 0,50 (Es. la percentuale 2,50 equivale a 3 contratti). Tuttavia, non sono sanzionati i datori di lavoro che prima dell’entrata in vigore del Decreto hanno stipulato contratti a termine sulla base di un arrotondamento comunque in eccesso.

 

Non sono soggetti alla limitazione quantitativa le assunzioni a tempo determinato stipulate:

  • nella fase di avvio di nuove attività;
  • per ragioni di carattere sostitutivo;
  • per ragioni di stagionalità (attività già previste dal D.P.R. n. 1525/1963 e ulteriori ipotesi eventualmente previste dai contratti collettivi, anche aziendali);
  • con lavoratori con più di 55 anni di età;
  • con lavoratori in mobilità;
  • per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
  • da parte di una start-up innovativa ai sensi dell’articolo 28 del Decreto Legge n. 179/2012;
  • con disabili assunti ai sensi dell’articolo 11 della Legge n. 68/1999;
  • con acquisizione di personale a termine nelle ipotesi di trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda (i rapporti a termine potranno essere prorogati nel rispetto della disciplina attuale, mentre eventuali rinnovi dovranno essere considerati ai fini della valutazione sul superamento dei limiti quantitativi).

 

Nel caso in cui non vengano rispettati i limiti quantitativi, con riferimento ai rapporti in essere a partire dal 20 maggio 2014, i datori di lavoro saranno puniti con una sanzione amministrativa nella misura del:

  • 20% della retribuzione (lorda mensile riportata nel singolo contratto), per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori  assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a uno;
  • 50% della retribuzione (lorda mensile riportata nel singolo contratto), per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro e per ciascun lavoratore, se il numero dei  lavoratori  assunti  in  violazione  del limite percentuale sia superiore a uno.

 

Occorrerà poi moltiplicare l’importo della sanzione (calcolato arrotondando per eccesso qualora il primo decimale si pari o superiore a 0,50) per il numero dei lavoratori, per ciascun mese (o frazione superiore a 15 giorni). Detta sanzione è soggetta alle riduzioni di cui all’articolo 16 della Legge n. 689/1981 e, pertanto, il datore di lavoro sarà ammesso al pagamento, in misura ridotta pari ad 1/3, qualora provveda al versamento entro 60 giorni dalla notifica.

 

Nell’eventualità in cui il datore di lavoro, alla data di entrata in vigore del suddetto provvedimento legislativo, occupi un numero di lavoratori a termine superiore al limite percentuale, ha l’obbligo di regolarizzarsi entro il 31 dicembre 2014. Diversamente, dalla stessa data, non potrà più assumere lavoratori con contratto a tempo determinato, salvo che il CCNL applicato non preveda una differente percentuale e/o un diverso termine (successivo al 31dicembre 2014) entro cui rientrare nella soglia percentuale prevista.

 

Sussiste, inoltre, un diritto di precedenza che vincola le nuove assunzioni.

Tale diritto opera in favore:

  • dei lavoratori che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbiano prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi (il diritto di precedenza è esercitabile nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi  dodici  mesi  con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine e fatte salve diverse previsioni della contrattazione collettiva);
  • delle lavoratrici, il cui congedo obbligatorio di maternità, intervenuto nell’esecuzione di un contratto a termine presso la stessa azienda, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di  precedenza; alle stesse lavoratrici spetta il diritto di precedenza anche con riferimento alle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, che abbiano ad oggetto mansioni già espletate in precedenti rapporti a termine.

 

Anche il regime della somministrazione è soggetto alla previsione del nuovo articolo 1 del Decreto Legislativo n. 368/2001, in cui è concessa la facoltà di stipulare contratti a tempo determinato acausale, sempre nel rispetto del limite temporale di 36 mesi. Rimasto, tuttavia, invariato l’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 368/2001, spetta alla contrattazione collettiva individuare i limiti quantitativi atti a ridefinire le modalità di utilizzo della somministrazione di lavoro a tempo determinato. Non sono, pertanto, applicabili né il limite quantitativo del 20% né la sanzione amministrativa.

 

Vincenzo Frandina

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