Scioglimento della comunione

Rosalba Vitale 12/09/14
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La comunione legale è l’ istituto che trova disciplina nell’ art. 1100 c.c. cosi rubricato : “ la comunione si ha quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comunione a più persone” .

Caratteristiche della comunione sono:
– La derogabilità, in quanto non è obbligatoria;
– la volontarietà, perchè frutto della volontà delle parti;
– la vincolarietà, in quanto il coniuge non può scioglierla a piacimento, né può disporre da solo dei beni nemmeno pro- quota;
– la dinamicità, che concerne gli acquisti, ha ad oggetto i diritti reali ma anche quelli di crediti;
Si distinguono vari tipi di comunione:
comunione allo scopo di godimento,
comunione legale fra i coniugi,
comunione tacita familiare,
comunione volontaria e forzosa,
comunione incidentale
Nell’ ambito della comunione legale, la norma segna una netta differenza tra i beni della comunione da quelli personali dei singoli soci.
Formano parte della comunione:
-gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatemente durante il matrimonio, ad eccezione di – quelli relativi ai beni personali.
– Le aziende gestite da antrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
– I frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi percepiti ma nn consumati al momento dello scioglimento del matrimonio
– i proventi dell’ attività separata di ciascuno dei coniugi
– i beni destinati all’ esercizio dell’ impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell’ impresa costituita anche precedentemente, se sussistono al momento dello scioglimento della comunione.
Per tali tipi di beni, l’ amministrazione ordinaria della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntivamente ad entrambi i coniugi.
Diversamente, per gli atti di straordinaria amministrazione i coniugi devono agire congiuntamente, cosi anche a livello processuale (art. 180 c.c.).
Tuttavia, ci sono casi, in cui il coniuge può compiere da solo atti per il quale è necessario il consenso e sono:
– Quando l’ altro coniuge rifiuta il consenso con riguardo ad un atto necessario nell’ interesse della famiglia o dell’ azienda gestita da entrambi ex. Art. 177 lettera d), previa autorizzazione del giudice.
– In caso di lontananza o impedimento dell’ altro coniuge sempre che nn sussista una procura e sempre previa autorizzazione del giudice.
– Se l’ altro coniuge sia stato escluso dall’ amministrazione ad opera del giudice perchè minore di età o impossibilitato ad amministrare o incapace di farlo. In tal caso il coniuge escluso può chiedere la reintegrazione quando vengono meno i motivi di esclusione.
– Se l’ altro coniuge sia interdetto.
Fuori da queste ipotesi, gli atti compiuti senza il necessario consenso sono annullabili solo se riguardano immobili o mobili registrati.
L’ azione di annullamento può essere proposta entro un anno dalla trascrizione dell’ atto o dalla conoscenza. Se l’ atto non è stato trascritto l’ anno decorre dalla data dello scioglimento della comunione.
Sono beni personali e non fanno parte della comunione:
– i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario
– i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o di successione, quando nell’ atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione.
– I beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori
– i beni che servono all’ esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un’ azienda facente parte della comunione
– i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita totale o parziale della capacità lavorativa
– i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o con il loro scambio, purchè ciò sia espressamente dichiarato nell’ atto di acquisto.
Per l’ amministrazione dei beni personali valgono le norme che disciplinano il regime di separazione dei beni.
Dal punto di vista della garanzia patrimoniale il patrimonio della comunione risponde direttamente ed immediatamente (art. 186 c.c.):
– di tutti i pesi ed oneri di carattere reale gravanti su di essi al momento dell’ acquisto
– di tutti i carichi dell’ amministrazione
– delle spese per il mantenimento della famiglia e per l’ istruzione e l’ educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi nell’ interesse della famiglia
– di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi, pur al di fuori di ogni finalità familiare.
Quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa cosi gravanti, i creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi nella misura della metà del credito.
Se invece si tratta di una delle obbligazioni previste dall’ art. 186, la garanzia costituita dai beni della comunione si aggiunge a quella costituita dai beni personali dei coniugi secondo le regole del diritto comune.
I beni della comunione rispondono in via sussidiaria rispetto ai beni personali fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato (art. 189):
– per le obbligazione contratte dopo il matrimonio da uno solo dei coniugi per il compimento di atti eccedenti l’ ordinaria amministrazione senza il necessario consenso dell’ altro.
– per i debiti individuali dei singoli coniugi sorti in seguito ad obbligazioni contratte anche prima del matrimonio ovvero le obbligazioni da cui sono gravate le donazioni e le successioni conseguite dai coniugi durante il matrimonio e non attribuite alla comunione.

A norma dell’ art. 191 c.c. la comunione può sciogliersi nei seguenti casi:
– dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi
– annullamento del matrimonio con sentenza resa esecutiva
– scioglimento del matrimonio, cessazione degli effetti civili e separazione personale, giudiziale o consensuale ma non di fatto.
– separazione giudiziale dei beni, in caso di interdizione o inabilitazione di uno dei coniugi
– mutamento convenzionale del regime patrimoniale della comunione in separazione
– fallimento di uno dei coniugi.

Tanto Premesso, la questione riguardava un creditore che dopo aver intrapreso un’azione legale per vedersi riconosciuta la propria pretesa su alcuni titoli acquistati da uno dei coniugi dopo lo scioglimento della comunione legale, si vedeva respinta l’ istanza in primo grado di giudizio e proponeva ricorso in Cassazione.
Fra tali decisioni si vuole segnalare la sentenza della Cassazione civile, sez. I, 15 settembre 2004, n. 18564 a cui si attribuisce a ciascuno coniuge il diritto alla restituzione delle somme spettanti in dipendenza dell’ amministrazione dei beni comuni, nei limiti delle somme prelevate da ciascuno dei coniugi dal patrimonio comune per fini diversi dall’ adempimento delle obbligazioni cui sono destinati per legge i beni in regime di comunione legale, che in caso di separazione tra i coniugi coincide con il passaggio in giudicato della relativa pronuncia.
Di recente, l’ ultima pronuncia della Suprema Corte che con sentenza n. 16273/2014 sulla vicenda ha cosi disposto : “ .. ritenuto che detto acquisto di quote ed azioni fosse soggetto al regime della comunione legale, per il fatto che ne era rimasta indimostrata l’ attuazione con risorse personali della stessa, tuttavia non poteva concludersi per l’ inclusione delle acquisite quote ed azioni in esame nella universitas dei beni facenti parte della disciolta comunione legale, ma solo questione di eventuali rimborsi e restituzioni in sede di divisione del patrimonio comune per l’ utilizzo a scopi personali dei mezzi comuni”.

La ratio della decisione, è possibile ricercarla nel fatto che risulta mancante il regime della comunione legale.

Rosalba Vitale

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