Servizio 118. Confermata in Cassazione la condanna per danno erariale a 17 Deputati dell’ARS

Massimo Greco 29/06/14
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Se un tempo l’impegno in politica era notoriamente più gratificante e ben remunerato, da qualche anno la scelta di entrare in campo nell’arena delle istituzioni pubbliche, ancorchè attraverso un’investitura popolare, fa riflettere sempre più. Non solo perché compensi, benefit e indennità di amministratori locali e di parlamentari sono stati ridotti all’insegna dell’antipolitica, così come sono stati ridotti sensibilmente gli spazi di discrezionalità prima riconosciuti ai gruppi politici dotati di budget, ma soprattutto perché il controllo dell’Autorità Giudiziaria è diventato sempre più incisivo. Ma la tipologia di controllo giudiziario che continua a mietere il maggior numero di vittime tra i “politicanti” e che rappresenta un vero e proprio incubo è quello della Corte dei Conti. A differenza dei fatti penalmente rilevanti, per i quali le Procure della Repubblica devono tracciarne il profilo psicologico volutamente antigiuridico, meglio conosciuto come dolo, le ipotesi di incorrere in sanzioni per danno erariale sono invece molto più diffuse dovendosi accertare solamente la colpa grave. In sostanza, mentre l’amministratore che commette un fatto sarà senz’altro scagionato dall’Autorità Giudiziaria penale se dimostrerà di  non averlo commesso con coscienza e volontà, stesso trattamento non gli sarà riservato allorquando dalla commissione del fatto, nel contesto di una funzione pubblica esercitata “allegramente”, derivi un danno per l’erario.

Ora, mentre era pacifico per tutti che il controllo della Corte dei Conti riguardasse solamente l’azione amministrativa volta al maneggio di denaro pubblico, assenti risultavano i casi di sindacato giurisdizionale nei confronti di componenti dell’Assemblea Regionale Siciliana, cioè di membri del Parlamento siciliano ai quali lo Statuto affida la cura e l’esercizio del potere legislativo. La questione si pose qualche anno addietro allorquando i componenti della Commissione legislativa Sanità furono condannati, in concorso con quelli della Giunta del Governo Cuffaro in carica tra il 2005 e il 2006, sia in primo che in secondo grado, dalla Corte dei Conti in relazione all’inopportuno, quanto dispendioso, potenziamento del parco ambulanze e al conseguenziale aumento del numero dei soccorritori del servizio regionale del 118. La condanna fece scalpore non solo per l’entità dell’importo che i convenuti erano tenuti a restituire all’erario, 12 milioni e mezzo di euro del danno imputabile pro quota, ma perché venne sancito il principio, benedetto dalla Corte Costituzionale espressamente investita della problematica, secondo cui i pareri espressi dai Deputati dell’ARS in sede di Commissione legislativa nel contesto di procedimenti amministrativi, non potendosi annoverare tra gli atti legislativi, sono ipso iure soggetti al sindacato della Corte dei Conti. I giudici contabili condannarono quindi anche i Deputati dell’ARS a restituire cifre da capogiro per avere concorso nell’azione provvedimentale della Giunta regionale per la gestione del servizio pubblico del 118.

Adesso, su questa vicenda ha scritto la parola “fine” la Corte di Cassazione a sezioni unite (sentenza n. 10416 del 14 maggio 2014) alla quale si erano rivolti i citati parlamentari nella speranza di vedersi ribaltato un verdetto che per la verità risultava già chiaro all’indomani di quanto statuito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 81 del 5 aprile 2012) in ordine alla sindacabilità dell’operato dei componenti dell’ARS per attività non strettamente connesse all’esercizio di funzioni legislative e/o di controllo e direzione politica.

Col passaggio in giudicato delle condanne inflitte dalla Corte dei Conti, mentre incuriosisce sapere come potranno essere restituite somme così ingenti (circa 730 mila euro pro capite), andrebbe tuttavia riconosciuta un’attenuante politica a questi 17 parlamentari (molti dei quali ancora in carica). Quella di essere stati condannati per avere creato, ancorchè per fini non conformi a quelli dell’ordinamento giuridico, posti di lavoro in una terra notoriamente afflitta dalla mancanza di prospettive occupazionali.

Massimo Greco

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