Jobs act: indennità di disoccupazione a due anni, stop all’articolo 18

Redazione 04/03/14
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Marzo è arrivato e, secondo la tabella di marcia indicata dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, il governo dovrebbe avviare le pratiche per l’approvazione del “Jobs act”, il documento per il lavoro che lo stesso premier, appena insediatosi a segretario Pd, ha presentato all’opinione pubblica.

Ora che il governo Letta è stato tolto di mezzo, dunque, non ci dovrebbero essere impedimenti di sorta per il segretario e presidente del Consiglio: lavoratori e pensionati attendono con ansia l’avvento di norme che possano alleviare la stretta inaugurata con le norme di Elsa Fornero tra 2011 e 2012.

Non a caso, i ministri dell?Economia e del Lavoro, Pier Carlo Padoan e Giuliano Poletti, si sono incontrati con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio per stendere il piano da presentare ai sindacati, smaniosi di conoscere le novità del governo sul tema del welfare.

Al momento, la linea prevalente tra i ministri coinvolti nel piano del “Jobs act”, dovrebbe intaccare gli ammortizzatori sociali, rivisti dalla legge Fornero, e anche l’articolo 18, per la prima volta ritoccato dall’ultima legge sull’occupazione in Italia.

Nello specifico, mentre, in tema di sussidi alla disoccupazione, attualmente rimane in vigore l’Aspi, si sta studiando una forma di sostegno che non vada oltre i due anni, che, a parere delle prime stime, potrebbe avere un costo di 9,5 miliardi di euro. A tal proposito, il piano riguarderebbe lo spostamento di 7 miliardi dalle prestaizoni Aspi e di 2,5 dalla Cig in deroga, in vista di una progressiva eliminazione. Così, il sussidio alla disoccupazione figlio del piano Renzi, dovrebbe essere ponderato in base ai contributi versati, ma allargando le possiblità di accesso, rispetto all’anno di contribuzione necessario per accedere all’Aspi.

Quindi, sul fronte dell’articolo 18 e, dunque, dei licenziamenti, si pensa a una sua sospensione nei primi tre anni di contratto, che dovrà essere a tempo indeterminato e con garanzie progressive. un intervento sulle forme di regolarizzazione degli occupati, non potrà non tener conto dell’apprendistato, la tipologia che la legge Fornero ha sponsorizzato con forza, oggi impantanata tra le pieghe di una formazione mai pienamente decollata. Tra le ipotesi, poi, si pensa a un’estensione della non causalità da 12 a 36 mesi: ma, su questo punto e non solo, le parti sociali dovranno dire la loro.

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