La Consulta censura la scarsa concorrenza nella gestione del trasporto pubblico locale

Michele Nico 24/01/14
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Con la sentenza n. 2 del 13 gennaio 2014, in tema di proroga dei contratti dei gestori dei servizi di trasporto pubblico locale, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Toscana n. 64/2012, là dove tale norma inserisce il comma 1-bis nell’articolo 82 della L.R. 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l’anno 2011).
Rispetto ai contratti di servizio in corso, il comma 1-bis consente agli Enti locali la possibilità di adottare provvedimento di proroga senza precisarne la durata, e proprio questa la facoltà che viene censurata senza mezzi termini dalla Consulta.
Essa, infatti, non solo si porrebbe in contrasto con quanto previsto dal diritto europeo, ma recherebbe anche un grave vulnus al principio della libera concorrenza, che la disciplina comunitaria intende salvaguardare.

Il principio formulato con la sentenza afferma dunque che “non è consentito al legislatore regionale disciplinare il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni alla loro scadenza, in contrasto con i principi di temporaneità e di apertura alla concorrenza, poiché, in tal modo, dettando vincoli all’entrata, verrebbe ad alterare il corretto svolgimento della concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale, determinando una disparità di trattamento tra operatori economici ed invadendo la competenza esclusiva del legislatore statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.”.

Per questa via il giudice delle leggi codifica l’assunto in base al quale nell’ambito del trasporto pubblico locale la gara pubblica costituisce uno strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza.
Questa visione delle cose, ineccepibile sotto il profilo delle regole imposte dal diritto comunitario, offre una rappresentazione sfuocata e deformata del segmento di mercato in questione, il cui problema di fondo non è certo l’assenza di libera concorrenza, bensì la carenza di risorse che, in prospettiva, minaccia la sopravvivenza stessa del servizio de quo, erogato a beneficio della collettività locale.

Come ha di recente osservato l’Antitrust con il provvedimento n. 24697/2013, che ha disposto l’avvio di un’indagine conoscitiva sulle modalità gestionali del trasporto pubblico locale in Italia, “il comparto vive da tempo una situazione di profonda crisi con risultati ampiamente peggiorativi rispetto alle corrispondenti performances europee. Nel solo ambito del trasporto su gomma (relativo al trasporto urbano, ma anche regionale e infraregionale), l’EBIT medio, infatti, è negativo ed è pari al -1.1%, rispetto ad una media europea del 3.5%, in attivo. Il confronto con gli altri paesi europei è negativo anche con riferimento ai ricavi per km di traffico (1.08 euro contro una media europea pari a 1.34 euro) e alla rilevanza dei contributi pubblici sul totale delle entrate (2.2 euro per km percorso contro una media europea di 1.4 euro)”.

In tale contesto altamente critico, con tinua l’Authority, “la spesa per il trasporto pubblico locale ha dovuto scontare la contrazione dei trasferimenti da parte del Governo a partire dal D. L. n. 78/10. I tagli sono stati, rispetto a quanto stanziato nel 2010, di oltre 300 milioni di euro nel 2011 e di oltre 500 milioni di euro nel 2012”.
Non sorprende perciò che in molte Regioni, come la Campania, il trasporto pubblico locale sia al collasso, fatto questo drammaticamente testimoniato dal fallimento a catena di varie imprese pubbliche di trasporto locale, tra cui la stessa EAVBUS di Napoli.

No, non è la poca concorrenza che mette a rischio il funzionamento del trasporto pubblico, ma una scelta strategica miope della politica, che ostinatamente si rifiuta di privilegiare il sistema del trasporto pubblico rispetto alla mobilità privata (e agli interessi economici che la sostengono).

Michele Nico

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