Renzi-Berlusconi, i punti dell’accordo e la “sintonia” canaglia

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Sabato 18 gennaio 2014 potrebbe passare alla storia come il giorno in cui è nata la Terza Repubblica. O, più probabilmente, per quello in cui è risorta la Seconda.  Dopo un’accelerata improvvisa, si è infatti svolto, quasi a sorpresa, l’incontro tra il segretario Pd Matteo Renzi e il leader decaduto di Forza italia, nonché ex premier, Silvio Berlusconi.

Due ore e mezza di colloquio, a detta dei soliti bene informati, nella massima cordialità, suggellata da quel bilancio di “profonda sintonia” già diventato la sintesi prefetta di un episodio, che, al momento, è servito solo a riportare il Cavaliere al centro della scena politica, dopo la lenta emarginazione seguita alla cacciata dal Senato dello scorso 27 novembre.

I due leader, Renzi e Berlusconi, si sono incontrati per mettere sul tavolo una proposta condivisa in merito alle urgenze più pressanti dal punto di vista politico-istituzionale: innanzitutto, la legge elettorale, recentemente azzoppata dalla sonora bocciatura della Consulta.

Quindi, i due avrebbero discusso anche dell’irrisolta questione delle riforme, pretesto ufficiale per ogni incontro tra avversari politici negli ultimi vent’anni, o, meglio, dei vari segretari Pd sempre con lo stesso Berlusconi. Più volte, negli ultimi giorni, si è riportato alla memoria l’incontro del 1997 passato alla storia come il “patto della crostata”, con Massimo D’Alema – premier nell’arco di breve tempo, dopo le dimissioni di Prodi – e il leader dell’opposizione Berlusconi a fare da grandi cerimonieri di quella che, più volte, è stata definita la “madre di tutti gli inciuci”.

Uno scenario, però, che si è venuto a ripetere dieci anni più tardi, con il solito sfondo del governicchio di centrosinistra e il neoeletto segretario Pd Walter Veltroni a promuovere l’avvicinamento con Berlusconi, regolarmente disatteso e chiuso con il ritorno del Cavaliere a palazzo Chigi pochi mesi più tardi.

Ora, passati altri sette anni, ci risiamo: uscito vincitore dalle primarie di partito, Matteo Renzi è diventato immediatamente l’alter ego di Enrico Letta: dalle sue mosse, dipenderà il futuro dell’esecutivo nato “delle larghe intese”, benché ormai ridotto a un collage di minoranze, che rischiano l’evanescenza, come l’incontro di sabato dimostra.

Ma, tornando al patto per le riforme siglato tra Renzi e Berlusconi, pare che i contorni dell’accordo, per una volta, siano più definiti che in passato:

_ nuova legge elettorale che favorisca la governabilità, eliminando il potere di ricatto dei partiti più piccoli

_ trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie e superamento del bicameralismo paritario

_ contro riforma del Titolo V della Costituzione

Piano ambizioso, da cui si è già palesata l’evidente euforia di Berlusconi che, a poche settimane dal probabile affidamento ai servizi sociali, si è ritrovato protagonista di una politica che non può ancora fare a meno di lui. Oggi, in direzione Pd, Matteo Renzi illustrerà alla base in fermento i dettagli dell’accordo, specificamente sulla legge elettorale, in calendario per i prossimi giorni alla Camera. Che ci si trovi all’alba di una nuova era per le istituzioni democratiche, o sia appena partito l’ennesimo suicidio di massa in casa Pd, ancora non è dato sapere.

Francesco Maltoni

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