Esodati, l’utopia della salvaguardia: erogata solo una pensione su cinque

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L’Inps ha comunicato sul proprio sito lo stato dell’arte delle operazioni di recupero di salvaguardia messi in atto negli scorsi mesi da parte del governo Monti, prima dell’esecutivo Letta, che ha varato di recente i suoi primi interventi in materia, e, dunque, ancora ai blocchi di partenza.

Il quadro che emerge è quello di un cammino ancora lungo, anche per coloro che hanno avuto la certezza di rientrare nelle categorie di salvaguardia. Basti pensare che, tuttora, non si è concluso l’invio delle certificazioni per il primissimo decreto di recupero esodati, emanato addirittura nel giugno 2012 e, si badi bene, con l’obiettivo di concludere il proprio iter entro fine 2013. Per la prima batteria di non salvaguardati, furono 65mila le posizioni di tutela garantite dal primo provvedimento del governo Monti-Fornero – in gran parte responsabile per la marea degli esodati: di questi ex lavoratori, rimasti senza impiego e senza assegno previdenziale, sono soltanto 26.345 le pensioni a oggi erogate. Si tratta di meno della metà dei casi sanati in un anno e mezzo, rispetto alla quota messa in cantiere.

Situazione non dissimile per il secondo decreto, quello che, introdotto nella spending review 2012, sempre per opera del governo tecnico guidato dal senatore a vita, stanziò risorse per assicurare il trattamento economico ad ulteriori 55mila non salvaguardati, rimasti a piedi dopo la riforma Fornero. Malgrado gli annunci, qui siamo ancora a distanza siderale dal completamento della tranche di esodati in via di recupero: dei 55mila previsti, le certificazioni riconosciute sfiorano i 14mila e le pensioni attivate non superano le 600 unità.

Arriviamo, infine, al terzo tentativo di reintegro dei contribuenti dispersi nel limbo tra lavoro e pensione, sempre per effetto del cambio di regole per l’accesso al sistema previdenziale con l’entrata in vigore della legge Fornero a fine 2011. Esattamente un anno fa, il governo Monti, giunto al capolinea, promise di salvare ulteriori esodati con un articolo ad hoc in legge di stabilità: la bassa disponibilità di risorse, però, non consentì di andare oltre i 10mila casi da riportare in salvo. Di questi, dodici mesi dopo, esattamente la metà, 5mila, sono state le certificazioni spedite ad aventi diritto, mentre sono ancora ferme a quota zero le pensioni attivate in seguito all’operazione di salvaguardia.

Insomma, delle 130.130 posizioni ufficialmente tutelate nel corso del 2012, sono appena 27mila le pensioni che, oggi, due anni dopo il cataclisma nel welfare della legge Fornero, sono erogate a favore di ex lavoratori, vittime del cambio di requisiti che li ha spogliati delle coperture statali. A cosa sia direttamente imputabile questo incedere a rilento, è difficile a dirsi: lungaggini burocratiche, esami approfonditi delle situazioni singole, ritardi nei decreti attuativi o, più probabilmente, mancanza cronica di risorse da pompare nelle casse di un welfare già al collasso. Indubbiamente, a questo ritmo, c’è da chiedersi se gli esodati ancora esclusi dalle pratiche di salvaguardia, e sono decine di migliaia, si vedranno mai riconoscere le fatiche di una vita intera, sfumate all’improvviso per l’inadempienza di una classe dirigente che non sa davvero più cosa inventarsi per riparare i danni provocati.

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Francesco Maltoni

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