Risparmi da abolizione province: la fantasia al potere genera mostri

Luigi Oliveri 15/11/13
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Il Ministro Delrio non sa che farsi dell’appello di 40 giuspubblicisti, volto a metterlo sull’avviso dei danni irreparabili che cagionerà l’approvazione del suo ddl di rforma delle province, ma sembra ascoltare molto gli apprendisti stregoni, lietissimi di dispensare consigli a dir poco discutibili per orecchie ministeriali molto attente alle idee stravaganti.
In prima linea tra questi ascoltatissimi consiglieri si schiera l’Istituto Bruno Leoni, campione del liberismo all’italiana, in particolare per voce di Andrea Giuricin che dall’abolizione delle province ritiene possano ricavarsi 2 miliardi di risparmi. Ma, ovviamente, senza specificare come o, comunque, sulla base di presupposti che della connessione diretta con la fattibilità contabile e giuridica hanno poco.
Su Il Sussidiario.net il Giuricin nell’articolo “I NUMERI/ 2 miliardi e meno tasse: il “tesoro” nascosto nelle Province” sostiene che le province nasconderebbero un tesoro di 2 miliardi, tale che, se abolite, da subito si potrebbero ottenere simmetrici tagli all’imposizione fiscale.
Ovviamente, si tratta di ragionamenti affascinanti. Ma del tutto fruto di una tesi precostituita ed apodittica, che parte dalla fine, senza analizzare la sua concreta fattibilità o, quanto meno, effettiva fondatezza.
In primo luogo, il Guricin ritiene possibile ricavare 700 milioni di risparmi, sottraendo alle province cancellate le funzioni sulle politiche attive per il lavoro. Infatti, a spanne, tale è la spesa destinata a tali fini.
L’analisi si fonda su una constatazione vera e una sbagliata, che rende la prima constatazione infondata o, comunque, inutile. Siccome, ragiona il Giuricin, i servizi per il lavoro provinciali intermediano il 3,7% dei posti di lavoro, tanto vale chiuderli ed affidare l’attività al privato che è più efficiente.
In effetti, la percentuale di intermediazione misurata dall’Isfol è bassa: il 4%. Il Giuricin omette volutamente di aggiungere:
a) detta percentuale riguarda l’intermediazione diretta; l’intermediazione indirettamente favorita dai centri per l’impiego si attesta al 26%;
b) i servizi per il lavoro non hanno come unico risultato il compito di svolgere l’intermediazione: basta studiare le norme, cosa che siamo convinti Giuricin abbia fatto; peccato che la sua tesi ometta il dato;
c) non c’è alcun valore scientifico delle rilevazioni sulle percentuali di intermediazione, tratte mediante interviste campionarie ad aziende e lavoratori, che spesso nemmeno sanno con precisione quando e come si svolge l’intermediazione;
d) LA PERCENTUALE DI INTERMEDIAZIONE DEI PRIVATI E’ PIU’ BASSA DEI SERVIZI PUBBLICI: IL 3%! 8 (dato Isfol, sempre, regolarmente, omesso da chi intende criticare i servizi pubblici per il lavoro e tirare la volata ai privati).

La tesi del Giuricin si rivela, dunque non sostenibile, perchè i privati non garantiscono performance migliori del pubblico e, soprattutto, se si privatizzasse del tutto un servizio connesso al diritto al lavoro si violerebbero diversi articoli della Costituzione e si creerebbero i presupposti per quello che i privati, il cui fatturato cala a causa della crisi, vorrebbero da sempre: poter chiedere non solo alle imprese, ma anche ai lavoratori, un compenso per l’intermediazione. Una tassa occulta sulla disoccupazione, che non verrebbe meno se lo Stato intervenisse costruendo in capo ai disoccupati doti economiche da spendere presso le agenzie private, come avviene in Lombardia: di fatto, lo Stato coprirebbe con risorse pubbliche costi chiesti ai disoccupati: i servizi, di conseguenza, continuerebbero a gravare sull’erario, ma con l’assurdo risultato di privatizzare i profitti delle agenzie private, socializzando i costi.
Non da trascurare, poi, è la circostanza che la spesa dei 700 milioni circa in capo alle province finanzia quasi solo i 7.000 (non 10.000 come sostiene il Giuricin) dipendenti. Lo si dica chiaramente: debbono essere licenziati questi lavoratori, a causa di elucubrazioni di questo genere? Perchè va bene che la virtuosissima Germania spenda 5 miliardi in servizi per il lavoro ed abbia 70.000 dipendenti addetti, con un quarto dei disoccupati italiani? Chi sbaglia?
Osserva, poi, il Giuricin: “Le spese provinciali si sono ristrette negli ultimi anni, a causa dei vincoli di bilancio statali sempre più stretti e alla conseguente riduzione dei trasferimenti di oltre il 15% negli ultimi quattro anni. Le spese per il personale sono state ridotte del 3,4%, mentre quelle per investimenti in opere si sono dimezzate, con una caduta di quasi il 50% tra il 2008 e il 2011. Questi dati indicano che mentre le spese per il personale sono sostanzialmente stabili, le Province hanno bloccato gli investimenti. Questo risultato è stato ottenuto con un aggravio per le tasche dei contribuenti, che hanno visto aumentare la pressione fiscale provinciale di oltre il 12% nello stesso periodo. Le Province hanno aumentato le tasse quando era possibile e, nonostante questo, a causa della riduzione dei trasferimenti, si sono dimezzati gli investimenti per il mantenimento, ad esempio, delle scuole secondarie“.
Sono dati parziali e diffusi con atteggiamento ancora più parziale. Il Giuricin non spiega quali sarebbero eventualmente le altre amministrazioni che abbiano ridotto le spese di personale in percentuali superiori. Non spiega come mai anche i virtuosissimi comuni abbiamo aumentato l’imposizione fiscale da 11 a 33 miliardi tra il 2002 e il 2011 e si rifiutano di apportare un taglio alle entrate e alle spese che cnsentirebbe davvero di abbattere l’Imu senza aumentare altre imposte; e non si sottolinea mai che le spese delle province dal 2010 sono passate da 13 miliardi a poco più di 10. Non spiega, il Giuricin, come sia possibile per le province, ma anche per i comuni ed ogni altro ente locale soggetto al patto di stabilità che ha bloccato le spese per investimenti, non dimezzarle. Non racconta che l’imposizione fiscale delle province compensa l’azzeramento – totale – dei trasferimenti statali mediante il fondo sperimentale di riequilibrio, e che in termini assoluti le entrate si sono ridotte, come le spese, a 10 miliardi, anche per il crollo delle vendite delle automobili e dell’addizionale da energia elettrica (effetto della crisi), principali fonti di entrata fiscale. I due miliardi di risparmio sulle province, di cui si favoleggia a sproposito e che deriverebbero dalla loro abolizione, sono già stati ampiamente ottenuti, da anni.
Il Ministro Delrio è ovviamente libero di formare il proprio convincimento come crede e di esprimere un indirizzo politico. Peccato che sarebbe opportuno che ciò fosse frutto di consigli ed analisi fondati e credibili.

Luigi Oliveri

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