Tre amici al bar che parlano di…violenza sulle donne

Scarica PDF Stampa
Stavolta, quando sono arrivato al bar, parlavano proprio di donne, e di sesso per giunta. Uno dei due medici, che era separato da un po’ di tempo, diceva che il sesso è una brutta bestia e che per un uomo stare senza donna è come per un marinaio il non andar per mare. Che lui poi si vergognava di ricercare per strada delle prostitute e che sarebbe stato meglio se ci fossero stati i casini di una volta. Giusto, replicò l’altro medico, che in più di dichiarava certo che, se ci fossero stati i casini per il libero e garantito sfogo degli ormoni maschili, forse ci sarebbero stati anche meno fuori di testa iper eccitati che facevano violenza sulle donne, conosciute e non. Questo sembrava troppo anche per me e infatti il professore di filosofia trasecolò in viso e la sua voce, di solito bassa, si fece quasi tagliente. Ricordando Pazzaglia, l’amico di Renzo Arbore, disse che la discussione era scesa decisamente sotto il livello del ginocchio e che argomentazioni simili non gli sembravano degne di loro e dei loro studi. E introdusse spiegazioni di tutt’altro tenore. Socioculturali innanzitutto. Una società patriarcale fino a pochi anni prima, in cui l’uomo era il padre padrone che faceva e disponeva a suo piacimento, mentre il ruolo della donna era solo quello di obbedire e seguire l’uomo nelle sue scelte di casa e di lavoro. Una società paritaria oggi, in cui la donna rivendica la propria libertà economica, civile, affettiva, che l’uomo, ancorato ai passati valori o disvalori, fatica a sopportare fino a ripristinare con la violenza la vecchia gerarchia. Psicologici e intimi poi. Di alcuni uomini in particolare, più resistenti degli altri, che spesso vengono da esperienze di vita difficili, in cui mai hanno sperimentato relazioni in cui l’amore è dono dato e ricevuto senza ricatti. Anziché sorvegliati a vita, questi uomini dovrebbero piuttosto essere aiutati a fare un lavoro psicoterapeutico personale per uscire dal tunnell prima dell’ultimo sparo. Un medico si imbestialì. Lui, pur essendo uno psichiatra, sosteneva che il criminale va distinto dal malato e che per il criminale non ci può essere comprensione o cura ma solo punizione e pena. Allora io presi le parti del professore e come ex esperto di infanzia mi permisi di fare l’esempio del genitore che maltratta suo figlio. Se da lì non parte un intervento contemporaneo su due piani diversi non c’è speranza per quella famiglia. Il genitore deve pagare il reato sociale commesso davanti alla legge, ma insieme e subito deve avere un aiuto psicoterapeutico lungo e personale per capire la sua storia e diventare un genitore diverso. Così chi maltratta una donna. Lo psichiatra stava per ribattere, quando nel bar entrò un corteo. Era aperto da un uomo col turbante, la barba e una tunica bianca, dietro di lui quattro donne velate, due che spingevano un passeggino con un bimbo. Vestito e velo delle donne lasciavano intravvedere solo gli occhi neri e fascinosi, che struggevano l’anima. Beato lui! scappò detto forte a uno dei medici. Furente il professore si alzò col suo bastone dirigendosi con insolita rapidità verso il binario, lasciando i due medici impietriti sulle sedie. Io sorrisi e confesso che un po’ di invidia patriarcale per quell’arabo distinto colse anche me.

Francesco Ciotti

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento