MoVimento 5 Stelle, fuori la senatrice anti Grillo. I perché della crisi

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“Stiamo pagando i toni di Beppe Grillo e la sua comunicazione sbagliata che viene dal blog”. Fino a oggi, nessun eletto del MoVimento 5 Stelle si era spinto a tanto nelle dichiarazioni di rivalsa verso il leader e fondatore Beppe Grillo. Ci ha pensato Adele Gambaro, in una intervista a SkyTg24, dove ha ribadito l’insofferenza sua e – forse – di altri membri del MoVimento verso le ultime uscite del blogger.

Naturalmente, negli ultimi tempi diversi fattori hanno reso l’aria dentro i 5 Stelle irrespirabile: le prime epurazioni, digerite nel momento di massimo fulgore, erano rimaste ai margini della protesta interna. I vari Favia, Salsi e, da ultimo il senatore Mastrangeli, erano stati allontanati un po’ come schegge impazzite dall’ortodossia grillina, mentre il partito della rete si godeva ancora l’exploit delle elezioni politiche.

Oggi, però, il panorama è completamente cambiato. Lasciato passare il treno del governo, con il no a Bersani e nessuna proposta alternativa presentata al Capo dello Stato per palazzo Chigi, il MoVimento è stato relegato a unica opposizione combattiva verso il governo delle larghe intese.

Una posizione che, in un primo momento, avrebbe fatto il gioco di Grillo, alla guida di una forza politica di lotta, come da dna del MoVimento, che trova nella protesta il collante più efficace tra i suoi supporters e militanti.

Va ricordato, comunque, che Grillo aveva esordito nel day after delle elezioni politiche con il famoso chapeau a Napolitano, dopo la cancellazione di un incontro istituzionale in Germania per la definizione di “clown” riferita allo stesso leader M5S e a Berlusconi, sull’esito delle urne. Un calibrato avvicinamento all’alveo istituzionale, con alternanza di linguaggio politically correct e altre sparate ad alzo zero nel suo classico stile corrosivo, stavano conferendo al comico genovese la posizione da assoluto protagonista dello scenario politico, in grado di spostare gli equilibri.

Poi, improvvisamente, qualcosa si è rotto. Che sulla questione fiducia esistessero diverse posizioni nel MoVimento, era palese, ma ora le divisoni stanno emergendo in tutta la loro criticità, dopo che il comico è arrivato persino a impallinare Stefano Rodotà (“miracolato del web”), a pochi giorni dalla corsa – fallita – al Colle, quando il giurista era stato trasformato quasi in un’icona pop. Poi, la querelle infinita sulla diaria e gli scontrini, in un rendiconto che ha allontanato il MoVimento dalla sua vocazione di “megafono” della cittadinanza, provocando smarrimento nell’elettorato.

A ciò, si aggiunga un risultato ben al di sotto delle attese alle elezioni amministrative, con i grillini che solo al ballottaggio hanno finito per strappare il Comune di Pomezia, trovandosi fuori gioco al primo turno in tutti i capoluoghi, con crolli inauditi come quello di Catania – dove è passato dal 30% al 3% in tre mesi – e candidati poco noti, o non abbastanza esperti per scaldare le folle.

Così, a poche settimane dal boom elettorale, il MoVimento si trova alle prese con rivalse e faide interne, proprio come quei partiti che tanto ha denigrato negli ultimi anni. Due deputati, Furnari e Labriola, sono passati al Gruppo Misto e, ora, anche la senatrice Gambaro è stata sbattuta fuori. Sicuramente, sul fronte di Grillo si è aperto un processo di ristrutturazione, che porterà a ridefinire le strategie soprattutto in chiave locale, dove le “cellule” dei MeetUp non bastano più: attivare le reti dei cittadini impegnati non dà la garanzia di imporsi anche a livello politico. Per questo, il leader è arrivato perfino a mettere in discussione se stesso, possibilmente lasciando per strada le “mele marce” e senza guardare troppo i sondaggi, che in questa fase sono giocoforza in discesa.

Ma c’è un problema che non potrà in alcun modo essere risorto, però, e che la timida senatrice ha ben posto in evidenza: Grillo non è eletto in Parlamento e, per quanto abbia inviato a Roma i propri ologrammi, non può assicurare di tenere per le briglie ciascuno dei 160 eletti a 5 Stelle. Ormai, la protesta virtuale si è spostata nelle Aule e ha piantato il seme del dissenso interno: Grillo e Casaleggio non possono permetterselo, ma difficilmente potranno impedirlo.

Francesco Maltoni

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