Bambina violentata a scuola: tocca all’Istruzione risarcire il danno

Redazione 30/05/13
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A chi compete risarcire una bambina di Tivoli che al secondo anno delle elementari rimase vittima di violenza sessuale all’interno della scuola? La risposta è semplice, al ministero dell’Istruzione. A sancirlo è intervenuta la Corte di Cassazione esaminando, in giudizio civile, il caso della ragazzina della provincia romana che, all’epoca dei fatti (ossia quindici anni fa), fu violentata proprio dentro le mura dell’edificio scolastico da un operaio che stava portando avanti alcuni lavori di manutenzione. Il ministero dell’Istruzione, su parere della Suprema Corte, è considerato il soggetto perseguibile per il reato, rappresentando, da come si legge in sentenza, il diretto responsabile dell’appropriata predisposizione del sistema di sicurezza e vigilanza all’interno dell’istituto.

L’amministrazione ministeriale, dietro la condanna nel giudizio di merito, aveva chiamato in correità anche il Comune, tuttavia i giudici della Cassazione hanno rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile.  I “danni di qualsiasi genere” subiti dagli alunni “durante il tempo in cui dovrebbero essere sorvegliati dal personale della scuola” sono dunque stati fatti univocamente ricadere sotto la responsabilità del Dicastero. La Corte competente, ha riportato la Cassazione, ha riscontrato una “responsabilità” contrattuale a carico del ministero, trovando fondamento la richiesta di risarcimento danni da parte dei genitori della piccola  abusata specificatamente “sull’inadempimento dell’obbligo di vigilanza, contrattualmente gravante”.

Vigilanza, questa, che dovrebbe essere “crescente” in situazioni in cui, come nel caso in giudizio, si ha a che fare con bambini di età molto piccola. Come già confermato nel procedimento penale, l’operaio, autore della violenza sulla minore, incaricato dell’opera di manutenzione della scuola elementare dal Comune di Tivoli, si era intrufolato nei bagni riservati alle bambine, peraltro del tutto sprovvisti di chiavi per motivi di sicurezza, e “l’assenza di sorveglianza -ha rimarcato oggi la Corte Suprema- ha agevolato l’azione criminosa, contribuendo al verificarsi dell’evento”.

La sentenza emanata dalla Cassazione ha inoltre riportato: “Se è vero che rientra nell’ambito dei comportamenti patologici il caso di adulti che abusino sessualmente di minori, è altrettanto vero che la mancata organizzazione della sorveglianza nei pressi dei bagni, che avrebbe dovuto essere predisposta più accuratamente per la presenza autorizzata di estranei nell’edificio, ha contribuito al verificarsi dell’evento”.

Redazione

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