Il diritto d’accesso diventa un po’ più democratico, ecco l’accesso civico

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In un mio precedente post, nel commentare una sentenza del Consiglio di Stato sul diritto d’accesso, mi ero domandato se un controllo generalizzato dell’attività amministrativa fosse un obiettivo apprezzabile, nel quadro della democrazia e della partecipazione, ma fino ad allora l’ordinamento rispondeva di no.
Pochi giorni dopo è stato pubblicato il decreto legislativo n. 33/2013, il cui articolo 5 ha riconosciuto un diritto di accesso più ampio sull’attività amministrativa.
Ha introdotto il diritto di “accesso civico”.
Per la verità, tale diritto non è propriamente generalizzato, perché non riguarda tutti i documenti ed i dati relativi all’attività amministrativa, ma solo quelli per i quali sia previsto dalla legge l’obbligo di pubblicazione.
Non siamo ancora giunti alla trasparenza totale: questa normativa, in pratica, attribuisce ai cittadini il ruolo di “guardiano” sull’effettiva pubblicazione dei dati, se prevista dall’ordinamento.
Rispetto al diritto d’accesso, come lo abbiamo conosciuto sinora, le novità sono due.
La prima è che tale diritto spetta a chiunque, cioè qualsiasi cittadino può chiedere ed ottenere le informazioni, senza dovere dimostrare di avere uno specifico interesse personale su di esse.
Finora, invece, il diritto d’accesso era stato riconosciuto dall’art. 22 della legge 241/1990 solo a chi avesse “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” – oltre che a chi partecipa ad un procedimento.
In coerenza, la norma non prevede che la richiesta di accesso debba essere motivata.
La seconda novità è che questo nuovo diritto di accesso non riguarda solo i documenti, ma anche informazioni o dati.
Il senso della novità si coglie, ricordando che – secondo la giurisprudenza – il diritto d’accesso “tradizionale” si può esercitare solo su documenti esistenti, e non può comportare la raccolta e l’elaborazione di dati.
Il diritto d’accesso civico, invece, si estende su informazioni e dati: anche se non sono stati ancora elaborati, quindi, l’amministrazione sarà tenuta ad elaborarli – sempre che, come detto, per essi sia previsto dalla legge un obbligo di pubblicazione.
Se l’accesso è negato, anche solo evitando una risposta per trenta giorni, l’interessato ha due possibilità di tutela.
La prima è di rivolgersi al funzionario superiore, che ha il potere di sostituirsi a quello che non provvede.
Tale funzionario dovrebbe essere previsto in generale in ogni amministrazione, perché ciò è prescritto dall’art. 9, comma 9-ter, della legge n. 241/1990.
La seconda possibilità di tutela è un apposito ricorso al Giudice amministrativo.
Si tratta del ricorso, che è già previsto per il diritto d’accesso ordinario dal codice del processo amministrativo.
A questo scopo, l’art. 52 dello stesso decreto legislativo 33/2013 ha opportunamente modificato le norme sul processo amministrativo, in modo da estenderle al diritto d’accesso civico.
Il dubbio finale è che tale normativa non possa operare, finché non sia individuato il responsabile di ciascuna amministrazione.
Infatti il comma 2 dell’art. 5 del decreto 33 prevede che la richiesta di accesso civico sia rivolta appunto al responsabile della trasparenza.
Questa figura deve essere prevista per ogni amministrazione dall’art. 43 dello stesso decreto legislativo 33/2013, e coincide di norma con il responsabile per la prevenzione della corruzione, di cui all’art.1 legge n. 190/2012.
Il comma 4 dell’art. 43 rimette a tale responsabile il controllo e l’assicurazione sulla regolare attuazione del diritto d’accesso civico.
Che ne sarà del diritto d’accesso civico, se il responsabile non sia stato ancora nominato?
Forse c’è una via d’uscita.
Il diritto d’accesso civico è un rimedio alla mancata pubblicazione di documenti, dati e informazioni, prevista dalla legge.
I primi e diretti responsabili della pubblicazione (cioè a prescindere da richieste dei cittadini) sono i dirigenti responsabili degli uffici dell’amministrazione (art. 43, comma 3).
Se il responsabile della trasparenza riceve una richiesta d’accesso civico, rileva quindi una mancanza dell’obbligo di pubblicazione, e lo segnala all’ufficio di disciplina (art. 43, comma 5).
Si può sostenere, allora, che la richiesta d’accesso vada rivolta al dirigente competente, se manca il responsabile della trasparenza: infatti serve a “svegliare” il primo, che avrebbe omesso di pubblicare quanto richiesto.

In conclusione, il diritto d’accesso civico non è una novità rivoluzionaria, ma comunque utile, perché la maggiore trasparenza giova sempre al controllo democratico sul potere, che invece cerca la riservatezza.

Dario Sammartino

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