Il Tar Lazio annulla l’elenco-prezzi dei dispositivi medici predisposto dall’Avcp

Redazione 06/05/13
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T.A.R. Roma, III, 2/5/2013, n. 4399, 4401 e 4404

Dopo una lunga attesa sono state pubblicate le prime tre decisioni del TAR Lazio relative all’impugnazione dell’Elenco dei prezzi di riferimento in ambito sanitario determinati dall’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici; non è finita tuttavia, in quanto vi sono un’altra decina di analoghi giudizi ancora pendenti avanti la stessa sezione del TAR Lazio (ma assegnati ad altri Relatori), cosicché decisioni anche diverse potrebbero rendere ancora piu’ confusa una materia già molto controversa.

Il quadro normativo già di per sé risulta molto complesso, essendo stato innovato per ben quattro volte nell’anno 2012; partendo infatti dall’art. 17, comma 1° lett. a) D.L. n. 98/2011 (conv. L.n. 111/2011) che, al fine d’assicurare il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio sanitario per gli anni 2013/14, incaricava l’Osservatorio dei contratti pubblici di fornire alle Regioni, a partire dal 1.7.2012, un’“elaborazione dei prezzi di riferimento [.] alle condizioni di maggiore efficienza” di beni (farmaci e dispositivi medici), prestazioni e servizi sanitari (e non) individuati dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali “tra quelli di maggior impatto in termini di costo”, facevo poi seguito l’art. 15, comma 13 lett. b) D.L. n. 95/2012 (conv. L.n. 135/2012, cd. “2° Spending review”) che prevedeva, nel caso emergessero differenze significative fra i prezzi di riferimento e quelli d’aggiudicazione, l’obbligo delle Amministrazioni Sanitarie di “rinegoziare” i prezzi contrattuali per allinearli a quelli di riferimento e con l’obbligo, in caso di mancato accordo con l’appaltatore, di recedere dal contratto, oltre alla previsione che per “differenze significative” dovessero intendersi quelle superiori al 20% dal prezzo di riferimento.

A tale prospettazione s’aggiungeva poi quanto disposto dal D.L.n. 158/2012 (conv. L.n. 189/2012), secondo cui, per “prezzo di riferimento[.] alle condizioni di maggiore efficienza” dovesse intendersi il 5°, 10°, 20° o 25° percentile dei prezzi rilevati per ciascun bene e con la precisazione che “il percentile è tanto piu’ piccolo quanto maggiore risulta essere omogeneità del bene. Il prezzo è rilasciato in presenza di almeno tre rilevazioni”.

Da ultimo giungeva infine la Legge Stabilità 2013 (L.n. 228/2012) che, dall’1.1.2013, disponeva l’individuazione dei dispositivi medici da parte della sola AGENAS (Agenzia per i servizi sanitari regionali) ma prevedendo tuttavia come, nelle more, valessero i D.M. già individuati.

In questo quadro normativo tanto complesso s’innervava, in data 1.11.2012, la pubblicazione del primo Elenco di prezzi sanitari da parte dell’Autorità di Vigilanza, suddivisi in 7 categorie (Principi attivi, Dispositivi Medici, Servizi di pulizia, lavanderia e ristorazione, Materiali da guardaroba e Prodotti di cancelleria) e come, relativamente al prezzo (così determinato) di due differenti principi attivi, venivano proposti separati ricorsi avverso la richiesta di rinegoziazione avanzata dall’A.S.L. n. 2 di Lanciano, mentre, relativamente ad un dispositivo medico, era promosso ricorso avverso la modalità di determinazione del relativo prezzo di riferimento.

Senza entrare nel merito delle complesse eccezioni portate dai diversi atti impugnatori e variamente valutate dal TAR capitolino, ciò che pregia evidenziare in primo luogo è come il giudice amministrativo abbia ritenuto di non poter intervenire sulla “proposta di rinegoziazione” avanzata dall’Azienda Sanitaria, in quanto si tratterebbe di una richiesta relativa ad un elemento già inerente all’esecuzione contrattuale che, come tale, risulta escluso dal suo ambito di giurisdizione, mentre, per quanto concerne l’Elenco-prezzi, il TAR ha stabilito che a seguito della sua trasformazione da mero strumento d’indicazione del “miglior prezzo” di mercato ad atto determinato del “prezzo massimo” non superabile (imponendosi, nel qual caso, prima la rinegoziazione e poi, in caso negativo, il recesso), ciònondimeno la modalità di determinazione di detto Elenco-prezzi non possa esser sanzionato né per difetto di istruttoria nè per carenza di motivazione.

Sostiene infatti il TAR Roma come l’individuazione di (soli) 43 principi attivi riportati in tale Elenco sia giustificata dal fatto che si tratterebbe (come dispone la norma) di quelli di maggior impatto in termini di costo per il S.S.N., mentre la circostanza che sarebbero stati raccolti dati soltanto da 66 stazioni appaltanti (su circa 400 operanti a livello nazionale) è giustificata anch’essa dal dettato normativo, che richiede di censire le sole PP.AA. che abbiano effettuato i maggiori acquisti a livello nazionale; da tali considerazioni, poi, ne discende come il non aver chiarito se i prezzi utilizzati siano solo quelli derivanti dall’”uso ospedaliero”, ovvero anche da forniture in “distribuzione diretta”, sia totalmente irrilevante in quanto, come detto, i prezzi presi a riferimento sono solo quelli “di maggior impatto” a livello nazionale – indipendentemente, quindi, dall’uso – mentre il fatto che sia stato preso invece il “decimo percentile” – anziché la “mediana” – come riferimento deve ritenersi giustificato dalla grave emergenza economico-finanziaria che imponeva di giungere ad ambiziosi obiettivi di risparmio in tempi rapidi.

Tutto corretto, quindi, l’operato dell’A.V.C.P. ?

Niente affatto, in quanto il TAR Lazio contesta l’attività svolta dall’Autorità di Vigilanza ma in riferimento ai soli dispositivi medici ed esclusivamente in relazione all’errato utilizzo del CND (Classificazione Nazionale dei Dispositivi medici), che conterrebbe al proprio interno delle classi di prodotti troppo eterogenee per potersi poi applicare – a prodotti molto diversi fra loro (tanto tecnicamente quanto funzionalmente) – i medesimi prezzi.

In altri termini un prezzo di riferimento “imposto” (come quello che si desume dal dettato normativo così variamente modificato) deve necessariamente riferirsi a prodotti omogenei, in quanto le caratteristiche tecniche che influiscono sul prezzo devono essere le medesime, in caso contrario giungendo al paradosso di favorire la diffusione di D.M. qualitativamente piu’ scarsi (in quanto di prezzo inferiore) rispetto a quelli tecnologicamente piu’ avanzati e, per ciò stesso, piu’ costosi.

L’Elenco-prezzi dei (soli) Dispositivi Medici deve dunque ritenersi “annullato”, con buona pace di tutti quei contratti in subiecta materia già “rinegoziati” e/o revocati in forza di prezzi di riferimento che si sono dimostrati poi erroneamente rilevati.

Questo, quantomeno, fino alle prossime sentenze (sugli altri ricorsi pendenti, anche in materia di farmaci) ovvero fino all’esito dei (presumibili) giudizi d’appello relativi ai ricorsi sui farmaci che, in forza delle sentenze in commento, risultano essere stati rigettati.

a cura dell’avv. Andrea Stefanelli

www.appaltiesanita.it

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