Somministrazione di lavoro e contratto a termine: per l’Europa contratti diversi

Scarica PDF Stampa
La Corte di Giustizia europea è intervenuta, con una sentenza del 11 aprile ’13 relativa alla causa C-290/12 Della Rocca contro Poste Italiane Spa, a delimitare i confini tra contratto di lavoro somministrato e a tempo determinato. Nel caso di specie oggetto del contenzioso era il divieto di reiterazione di rapporti a tempo determinato, di cui alla clausola 5 della Direttiva 70/99 CE e D.Lgs.368/01. In particolare, il Tribunale italiano si è rivolto all’organo di giustizia europeo per verificare l’applicabilità dei dettami della predetta Direttiva anche con riguardo a lavoratori alle dipendenze di Agenzie interinali che abbiano svolto prestazioni presso imprese “utilizzatrici” tramite la stipula di più contratti, chiedendone, pertanto, la conversione in contratto a tempo indeterminato n caso affermativo. La Corte, tuttavia, si è pronunciata negativamente.

In particolare, nella sentenza si sottolinea come la norma europea e dunque la specifica clausola in questione siano strettamente riservate ai contratti a tempo determinato, rapporto diverso dalla somministrazione, più ampiamente disciplinata a livello comunitario dalla Direttiva 104/2008 CE. A supporto di tale tesi si richiama il 4 comma del preambolo allegato all’accordo oggetto di discussione che esclude espressamente un’applicazione estensiva in tal senso della 70/99 .

Ora, il contratto di somministrazione, disciplinato nell’ordinamento italiano dal D. Lgs 276/03, coinvolge più parti, un somministratore (l’Agenzia interinale), un utilizzatore (un’impresa) ed il lavoratore che presta la sua opera sotto la direzione di quest’ultimo ma alle dipendenze del primo. L’art.22 del decreto stabilisce che tale rapporto può svolgersi a tempo indeterminato oppure prevedere un termine di durata ed essere soggetto alla disciplina di cui al D. Lgs 368/01 “ in quanto compatibile”, puntualizzazione non di poco conto tanto più che si esclude espressamente l’applicabilità degli artt.5, c.3 e 4 del decreto appena richiamato riguardanti proroghe e rinnovi.

La disciplina del contratto a termine di cui al D. Lgs. 368/2001 , infatti, prevederebbe un limite massimo ai rinnovi: non più di uno, in caso contrario il contratto si considera a tempo indeterminato sin dalla sua stipula. Questo non riguarda, dunque, i contratti di somministrazione . Eventuali limiti possono e, peraltro, sono previsti dal CCNL di settore, decisi dalle parti sociali.

La riforma Fornero non ha sostanzialmente modificato questo sistema se non per il fatto che eventuali periodi di somministrazione lavoro possono essere inclusi e conteggiati nel computo dei trentasei mesi massimi per il rinnovo di contratti a termine, a patto che vengano instaurati rapporti tra i medesimi soggetti e per oggetto mansioni equivalenti.

Si aggiunga, inoltre, che la giurisprudenza italiana ha finora applicato le regole ed i principi previsti per il contratto a termine anche per la somministrazione di lavoro. La somministrazione indiscriminata di lavoratori, priva cioè di limiti massimi non dovrebbe trovare collocazione nel mercato del lavoro italiano.

L’Europa, al contrario, sostiene l’individualità e l’utilità della forma contrattuale come previsto dalla Dir. Ce 104/2008 in quanto sarebbe utile sia alle richieste di mercato sia all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, dunque niente illegittimità né conversione automatica in caso di tre contratti di somministrazione a termine, ne darebbe una lettura differente. I giudici italiani hanno sollevato la questione e dovranno dunque adeguarsi alla pronuncia della Corte di Giustizia. Saranno poi le leggi del mercato, a mio parere, ad imporre inevitabilmente le proprie necessità.

Miriam Cobellini

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento