Giustizia: la legge non è più uguale per tutti

Redazione 15/04/13
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“La legge è uguale per tutti”, questa è la frase che campeggia nelle aule di tribunale italiane, però rischia di essere solo un luogo comune e nulla più; infatti è emerso da uno studio che la giustizia non è più un servizio per tutti, in pratica  il costo richiesto ai cittadini è tanto alto che la maggior parte degli italiani non se lo può più permettere visto il periodo di crisi economica.

Quella che sembra una affermazione esagerata, purtroppo, è la fotografia reale della situazione, negli ultimi anni si è verificata una escalation del cosiddetto contributo unificato che è aumentato anche di cinque volte dal 2002 al 2013. Una causa per risarcimento danni da 50 mila euro con chiamata in causa di terzo e domanda riconvenzionale di 100 mila euro,per fare un esempio pratico; dieci anni fa, i primi due gradi di giudizio potevano avere un costo di 960 euro per quanto riguarda il contributo unificato.

Adesso, invece, si arriva tranquillamente a 4 – 5 mila euro per il contributo unificato, si comincia infatti da 450 euro a carico di chi inizia la causa; il convenuto dovrà tirarne fuori altri 660 in caso di domanda riconvenzionale; altrettanti dovrà pagarne il terzo se a sua volta formula una domanda di pari valore. In appello chi impugna dovrà pagare altri 675 euro solo per cominciare.  Nel caso disgraziato ci si scordasse di indicare il codice fiscale, il n. di fax o l’indirizzo di posta elettronica sono “botte” da più di mille euro per volta, naturalmente in questi conteggi non sono ancora previste le parcelle degli avvocati ed eventuali sanzioni.

L’aspetto paradossale della cosa è che il contributo unificato si paga anche nei processi tributari, quindi anche quando il contribuente contesta l’Amministrazione finanziaria, il fisco ci guadagna. Nell’ambito degli appalti la situazione è ancora più pesante, il contributo unificato costa da 2 a 6 mila euro in base al valore dell’opera; infatti il contenzioso si è ridotto ai minimi termini; vale la pena solo da 1 milione in su del valore della gara.

Il contributo unificato sembra una vera e propria catena; si paga per il ricorso e per ogni atto di motivi aggiunti di ricorso. Non è più vantaggioso contestare la legittimità della graduatoria; visti i ribassi che si devono praticare per vincere le gare, l’utile verrebbe consumato in spese legali. Tuttavia in tutta la giustizia civile si iniziano a sentire gli effetti di queste norme capestro, aggravate sempre più nel corso degli anni. Le contestazioni delle multe sono praticamente un ricordo dal momento che costa meno pagarle che impugnarla.

Va detto che non è poi solo questione di contributo unificato, negli ultimi anni sono stati inseriti il filtro in appello, il filtro in Cassazione, sanzioni pecuniarie per impugnazioni infondate, contributo unificato anche su processi prima esonerati (lavoro, famiglia), aumenti su appelli e ricorsi in Cassazione, il taglio delle sedi  giudiziarie, la chiusura di sedi distaccate, la chiusura di sedi dei giudici di pace, la cancellazione della conciliazione obbligatoria, mentre il processo telematico stenta a prendere quota.

Il processo civile continua ad avere tempistiche piuttosto lunghe  e i risarcimenti fissati dalla legge Pinto per l’irragionevolezza della durata dei processi sono stati limitati parecchi. Quindi lo Stato ha praticamente abdicato ad una delle sue funzioni più rilevanti, quella di garantire la giustizia, il rispetto della legge nei rapporti tra i cittadini, imprese, pubblica amministrazione. I diritti conservano la loro portata universale, ma la possibilità di farli valere non è più alla portata di tutti.

Redazione

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