Infallibilità papale: dubbi dei giuristi e ipotesi di un Papa laico

Redazione 14/02/13
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Il 28 febbraio 2013, alle ore 20, si schiuderà la Sede apostolica vacante, seguita alla scelta dimissionaria di Benedetto XVI . Persino un’istituzione millenaria come quella rappresentata dal Conclave sarà dunque attraversata da mutamenti. La sua forma è rimasta pressoché inalterata nei secoli, costituendo a legittimità un esempio ancora attuale di monarchia elettiva.

La flessibilità del sistema “Conclave” si è dimostrata anche in occasione della recente riforma, voluta dallo stesso Papa Ratzinger, circa l’impianto di votazione. Nello specifico, il 26 giugno 2007, mediante il “De Aliquibus Mutationibus in Normis de Electione Romani Pontificis”, l’elezione pontificia per avere validità deve essere sempre sostenuta dalla maggioranza dei due terzi dei cardinali elettori.

Mentre l’elettorato attivo è slittato da un meccanismo di voto prodotto dal clero e dal popolo, ad uno di esclusivo dominio dei cardinali appartenenti ai vari ordini sacrali; le regole inerenti l’elettorato passivo nel Conclave sono rimaste progressivamente immutate. Viene ammesso alla carica di sovrano dello Stato della Città del Vaticano, vescovo della Diocesi romana, e dunque sommo Pontefice della Chiesa cattolica di Roma, qualsiasi persona, celibe e di sesso maschile, che abbia ricevuto battesimo e che rispecchi i requisiti necessari a diventare vescovo (saggezza, fermezza di fede, misericordia, ponderatezza e zelo d’animo). Paradossalmente, seguendo i principi dell’elettorato passivo, non si pongono dunque vincoli, in termini giuridici, all’eventuale elezione episcopale di un individuo che sia semplicemente laico e cattolico, purchè rigorosamente maschio e battezzato.

Unica cosa certa è che dal 28 febbraio prossimo non spetterà più a Joseph Ratzinger ricoprire la carica di sommo Pontefice, venendosi così a delineare una situazione alquanto insolita, e ardua da definirsi. “Il Papa che rinuncia non ha più alcuna funzione nella Chiesa”, sentenzia al riguardo Gaetano Lo Castro, docente di Diritto Canonico e Diritto Ecclesiastico all’Università La Sapienza di Roma. Di diverso parere sembra Piero Bellini, accademico dei lincei e professore emerito di storia del diritto canonico, il quale sostiene che “Se il Papa ha una vicarìa celeste, cioè un potere che gli viene da Dio, allora quel potere non cessa -e conclude- togliergli il titolo di Sua Santità sarebbe un insulto”.

Anche la tanto discussa infallibilità papale sarebbe indissolubilmente legata al ministero petrino, e non alla persona che ricusa il Pontificato. In qualità di essere umano, quindi mortale, Joseph Ratzinger risulta dunque peccabile, come tutti, di fallibilità; viceversa si può avvalere dell’infallibilità in quanto Papa Benedetto XVI, proprio in virtù della “grazia di stato” che investe la carica. L’assioma dell’infallibilità pontificia sancisce che la figura del Santo Padre, vicario di Cristo, gode di diritto di infallibilità ogni qual volta si esprime ex cathedra, ridefinendo ossia la dottrina in materia di fede e di morale. I recenti sconvolgimenti della sede vaticana, oggi fanno ripensare all’attendibilità del dogma.

“Esso finisce per allontanare dal sentimento religioso”, precisa oggi Vito Mancuso su “La Repubblica”, “è la stessa nozione di infallibilità a risultare oggi improponibile, quando le stesse scienze esatte si dichiarano consapevoli di presentare dati sempre sottoposti a possibile revisione”.  Va ribadito, tuttavia, come l’infallibilità non sia concepita dai cattolici né come opinione e né tanto meno libera, bensì come dottrina, non ancora definita ma rivelata, e teologicamente certa. Rimane imprescindibile, al di là delle polemiche, il radicamento dell’infallibilità papale al vero spirito evangelico, quello che sottende alla fedeltà  cattolica e alla promulgazione di un amore provvido e caritatevole, lasciando da parte ipotetiche (e come tali discutibili) riflessioni teoretiche.

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