Le elezioni di Twitter e l’esercito dei prescritti

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Quando va in prescrizione anche la speranza, come la mettiamo? Cosa ci resta se #serviziopubblico è l’ultima frontiera di uno Zelig al contrario, dove si ride troppo quando bisognerebbe riflettere, si twitta tutta la notte e si posta l’inverosimile quasi dimenticandosi che il Governo Monti è servito per chiudere metà delle leggi che aveva in procedimento? Prescritte anche quelle, ovviamente, in pieno stile italico, per la serie “l’importante è che se ne parli”. Anche troppo.

Forse però la riflessione da fare è anche più profonda, figlia dei nostri tempi, perché è pazzesco che, ad esempio, i notebook tendano all’estinzione, soppiantati dai tablet, e Berlusconi no (a meno che il Cavaliere sia come i vecchi Mac, e resista al tempo solo perché fa tendenza). Cioè, voglio dire: riusciamo a concepire tablet e smartphone che addirittura si piegano su se stessi, o almeno a Las Vegas gli esperti così ci dicono, senza accorgerci che in questa matrice, in questa spirale, mancano praticamente 50 giorni alle elezioni più importanti degli ultimi 10 anni e noi non abbiamo un’idea di chi votare, di cosa sperare, di dove appigliarci.

Lo spettacolo quotidiano al quale, costretti ad assistere per mancanza di alternative, ci propinano sui social media, in particolare su Twitter, ormai arena mediatica di tutti i candidati premier che, seppur non lo sappiano usare come si dovrebbe, ne fanno balconi di carne da macello da propinare, del resto è poca cosa. Grillo, Bersani, Monti, Berlusconi: cinguettano tutti, ma nessuno convince fino in fondo perché la politica e le leggi si fanno ancora con la testa, con le idee, mica con un hasthag che tiri più dell’altro, seppur l’economia di oggi si basi su quello.

Sull’ansia della ricerca internautica, del click a tutti i costi, guerreggiando per questo o quell’aggregatore di notizie: perdendo a poco a poco il senso delle cose, cerchiamo di convincere noi stessi che chi sia più bravo sui social media sarà più degno di rappresentarci in futuro. Sarà davvero così, quando a sinistra hanno fatto fuori il più “social” di tutti mentre a destra hanno evitato le primarie consapevoli che di coccodrilli da spendere non ce n’erano proprio? Il nostro vero #Travaglio è questo: non riusciamo a discostarci dal nostro smartphone, taggati sempre e comunque, e nel mentre prescriviamo il nostro tempo di riflessione. Internet è una gran cosa, ma usandola così non serve a nulla. Se non ai soliti noti.

Matteo Peppucci

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