Referendum anticasta, oggi la consegna delle firme in Cassazione

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Il giorno del referendum anticasta è arrivato. Stamattina alle 10:30 verranno recapitate in Corte di Cassazione il milione e 300mila firme di cittadini che nei mesi scorsi hanno detto “basta” ai privilegi dei parlamentari.

La consultazione è stata promossa da Unione popolare, movimento attivo da un paio d’anni e ormai giunto alla ribalta nazionale, da cui non intende allontanarsi, avendo già confermato l’intenzione di presentarsi alle elezioni politiche di febbraio.

Ma andiamo con ordine. Perché questa attesa nella consegna delle sottoscrizioni? Cosa ha frenato i promotori del referendum anticasta dall’affidare le adesioni raccolte contro gli stipendi dorati della politica, dinanzi alla Suprema Corte, l’unica in grado di certificarne la veridicità?

Non c’è stato nessun dietrofront: a bloccare l’iter del referendum, infatti, è intervenuta una disposizione di legge, precisamente la 352 del 1970, che vieta di depositare le firme nell’anno precedente le elezioni politiche.

Ora, essendo concluso il 2012, il blocco alla consegna dei quesiti referendari è da considerarsi superato, o, almeno, questa è la convinzione del movimento primo firmatario, che stamattina si presenterà in Cassazione con tutti i faldoni.

Era stata proprio la coordinatrice nazionale Maria Di Prato a confermare in un’intervista esclusiva a LeggiOggi.it la volontà di trasferire i primi di gennaio i nominativi di oltre un milione di cittadini stanchi dei privilegi della casta direttamente alle porte del “palazzaccio”.

Detto, fatto. Stamane, finalmente le firme varcheranno la soglia delle istituzioni, dove potranno essere esaminate una per una, aprendo la strada alla somministrazione dei quesiti al corpo elettorale.

Il referendum avanzato da Unione popolare è inteso come abrogativo dell’articolo 2 della legge 1261 del 31 ottobre 1965, che sancisce l’ammontare delle retribuzioni degli eletti in Parlamento, in particolare della cosiddetta “diaria”, la quota di “rimborso” riconosciuta a titolo delle spese di soggiorno a Roma, stimata in 48mila euro annui per ciascun parlamentare.

Il risultato della raccolta firme, dicono gli organizzatori, è andato oltre le più rosee aspettative, malgrado i non pochi problemi logistici e le ostilità lamentate, soprattutto nelle grandi municipalità.

Un successo che, indubbiamente, ha iniettato entusiasmo nelle file di Unione popolare, ormai pronta anche all’appuntamento elettorale. “Stiamo compilando le liste – spiega la Di Prato – dopodiché raccoglieremo le firme ma sarà una formalità“.

I punti fermi del programma? “No all’agenda Monti – continua la portavoce – basta condannati e inquisiti in Parlamento, difesa del made in Italy con le sue eccellenze: piccole e medie imprese, agricoltura, turismo, beni culturali“.

Sulla composizione delle liste, la coordinatrice non si sbilancia, ma anticipa che “vige la regola del merito: chi si è distinto negli ultimi anni nella propria comunità, è giusto che venga premiato. I giovani saranno accompagnati dai più esperti, perché la macchina dello Stato è molto ostica“.

Qualora Unione popolare si lanciasse in corsa solitaria, il candidato premier sarebbe proprio la Di Prato, che, però,  si dice disponibile al dialogo con le altre forze in campo, “senza preclusioni, purché condividano i nostri principi“. Principali indiziati, gli Arancioni di De Magistris e Ingroia? “Non ci hanno ancora contattato”, commenta la coordinatrice.

Insomma, il cantiere diplomatico è aperto, anche se il tempo stringe. Intanto, oggi Unione popolare si gode il compimento della propria raccolta firme, un punto di arrivo, certo, ma, nelle intenzioni del movimento, anche uno di partenza, con la mente già concentrata al 24 e 25 febbraio.

Francesco Maltoni

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