Decreto sanità: novità sugli incarichi dirigenziali

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L’art. 4, comma 1 d.l. 158/2012 ha introdotto novità di una certa consistenza sulle procedure per l’attribuzione degli incarichi di direzione di struttura complessa (i vecchi primariati).
La procedura è stata finora regolata dall’art. 15-ter d. lgs. 502/1992.
Era fondata sulla formazione di una rosa di idonei da parte di una commissione di dirigenti, la quale era sottoposta dal Direttore generale dell’Azienda affinché scegliesse il soggetto più congeniale agli obiettivi che egli intendeva raggiungere.
Il decreto sanità (art. 4, comma 1, lettera d) ha rimesso alla legislazione regionalei criteri e le procedure per il conferimento degli incarichi”, ma allo stesso tempo ha fissato dei principi molto vincolanti.
Accenno a qualcuno dei principi.
La commissione è composta mediante sorteggio da un elenco nazionale di dirigenti di struttura complessa, e almeno uno dei tre componenti non deve provenire dalla regione ove ha sede l’azienda interessata alla copertura del posto.
Trasparente appare l’intenzione di rendere più genuina la scelta, sottraendola agli equilibri (politici, ovviamente) della regione.
La commissione riceve dall’azienda il “profilo professionale” del dirigente da incaricare e, sulla base dell’analisi comparativa dei curricula, dei titoli professionali, del volume dell’attività svolta e del colloquio, individua “una terna di candidati idonei formata sulla base dei migliori punteggi attribuiti”.
Il Direttore generale sceglie il candidato nell’ambito della terna e, ove non intenda attribuire l’incarico al dirigente con maggiore punteggio, deve motivare “analiticamente” la scelta.
Si vede subito che la nuova norma introduce una forma di selezione comparativa: la commissione non forma più una rosa di candidati parimenti idonei e senza una valutazione con punti, ma una terna, che è ordinata secondo il punteggio.
Fino ad ora, la Sezioni unite della Cassazione avevano affermato la giurisdizione del giudice del lavoro sulle procedure per incarichi del genere, sulla considerazione che mancava un concorso, dunque non operava l’attribuzione al giudice amministrativo secondo la previsione dell’art. 63, comma 4, d. lgs. 165/2001.
Ed appunto la Sezioni unite non riscontravano un vero e proprio concorso, perché la commissione “si limita alla verifica dei requisiti di idoneità dei candidati alla copertura dell’incarico, in esito a un colloquio e alla valutazione dei curricula degli stessi, senza attribuire punteggi né istituire altro tipo di comparazione ma semplicemente predisponendo un elenco di candidati tutti idonei perché in possesso dei requisiti di professionalità previsti dalla legge e delle capacità manageriali richieste in relazione alla natura dell’incarico da conferire” (n. 13089/2009).
La nuova procedura, invece, prevede una comparazione con l’attribuzione di punteggi.
Applicando l’insegnamento delle Sezioni unite, dovrebbe concludersi che l’elenco che concretizza la terna sia una vera e propria graduatoria di concorso; anzi particolarmente selettiva, perché coloro che conseguono un punteggio inferiore ai primi tre non vanno neanche considerati idonei.
All’opposto, si può osservare che il punteggio attribuito per l’inserimento nella terna non è del tutto vincolante per la scelta da parte del Direttore generale, che può discostarsene, sia pure motivando analiticamente.
Vedremo quale sarà la parola finale delle Sezioni unite.
L’attribuzione del punteggio dovrà tenere conto, secondo la nuova norma, dell’aderenza al profilo professionale ricercato dall’Azienda, cioè dovrebbero essere valorizzati i titoli e le esperienze dei candidati più vicini a questo profilo.
La norma di cui stiamo parlando non specifica in che cosa consista il “profilo professionale”.
L’espressione è quanto mai vaga anzi equivoca, perché fino ad ora nell’ordinamento per “profilo professionale” si è inteso il complesso delle mansioni che attengono ad una posizione di lavoro, individuata prima dagli accordi collettivi di lavoro ed ora dall’atto aziendale (ad esempio, “infermiere professionale”, “collaboratore amministrativo” ecc.).
Secondo questa nozione consolidata, allora, il profilo professionale dovrebbe essere soltanto “direttore di struttura complessa”, ma chiaramente ciò non ha senso.
Si tratta quindi di un guscio vuoto, da riempire da parte dei direttori generali delle aziende, anche se sin d’ora si può osservare che la vaghezza del concetto consentirebbe di disegnare profili ad personam, cioè avviare procedure con quelli che si chiamano bandi-fotografia.
L’ultima notazione riguarda il contratto che il candidato scelto stipulerà con l’Azienda datrice di lavoro.
Il precedente art. 15-ter, comma 1, d. lgs. 502/1992 prevedeva che in detto contratto fossero previsti “l’oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata dell’incarico”.
Nulla di ciò si trova nella nuova norma, anzi quel contenuto è riferito ora ai contratti per la direzione delle strutture semplici.
Va escluso che il contenuto del contratto possa essere specificato dalla legislazione regionale, perché – trattandosi appunto di un contratto – la disciplina di esso rientra nella materia dell’ordinamento civile, rimessa dall’art. 117, lettera l), Cost. alla legislazione esclusiva statale.
Probabilmente la norma sul contenuto del contratto non è stata ripetuta perché, quanto all’oggetto ed agli obiettivi, potrebbe ritenersi che siano compresi nel “profilo professionale”; quanto alla durata, la lettera f) del comma di cui stiamo parlando, prevede un periodo da cinque a sette anni, quindi necessariamente il contratto dovrà precisare la durata entro questi limiti.
La stessa lettera f) prevede la facoltà di rinnovo dell’incarico per lo stesso periodo o per uno più breve, ed anche tale facoltà dovrà essere prevista nel contratto.

Dario Sammartino

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