Chiamare il 118 con Twitter: nasce in Giappone il “social sos”

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Che i social network abbiano ormai invaso in maniera irreversibile le nostre vite non è certo una novità. Ma che, un domani non troppo lontano, con un semplice tweet sarà possibile addirittura chiamare i numeri d’emergenza, questo va anche al di là delle aspettative tra i più convinti sostenitori dell’universo popolato da cinguettii e da tutte le altre forme di condivisione.

L’idea, neanche a dirlo, arriva dal Giappone, dove il ricorso all’aggiornamento di stato o a Twitter si è rivelato di grande utilità durante il rovinoso terremoto dell’11 marzo 2011, quando una scossa violentissima si abbatté al largo della costa orientale del Paese asiatico. La devastazione, poi, continuò dal tremendo tsunami che si abbatté sulla regione di Sendai, causando la quasi totalità dei circa 15mila morti.

Alla tragedia, com’è noto, seguì anche il disastro nucleare delle centrali nella zona di Fukushima, con evacuazioni di massa e effetti non ancora del tutto calcolati. Una situazione apocalittica, soprattutto nei giorni immediatamente successivi all’evento, dove, anche nei distretti di Tokyo gli abitanti erano in preda al panico. I collegamenti erano interrotti, le linee telefoniche in sovraccarico e molti quartieri si trovarono sprovvisti per intere giornate dei principali servizi, acqua inclusa.

Nel caos che seguì quei terribili momenti, molte indicazioni importanti per le squadre d’emergenza arrivavano proprio dai tweet e dagli appelli lanciati in rete sui social network, che davano alle autorità informazioni in tempo reale sulle aree di maggiore criticità. Ecco, dunque, che, come in molti casi accade, dalla reazione a uno stato di crisi, nasce un’intuizione che può essere rivoluzionaria. E l’idea è proprio quella di collegare i soccorsi di primo intervento ad account Twitter, dove sarà possibile chiedere l’invio di un’ambulanza senza neanche dover alzare la cornetta.

Basterà inviare la richiesta d’aiuto inserendo l’hashtag corrispondente. Nel caso estremo di disastri come quello accaduto lo scorso anno, gli addetti ai lavori suggeriscono, ad esempio, #survived – sopravvissuto – per invocare le operazioni di soccorso. Con il rilevamento della posizione che tutti gli smartphone di ultima generazione consentono, per assurdo, potrebbe essere superfluo anche indicare le coordinate esatte in cui ci sitrova: basterà vedere il punto da cui è stato lanciato il social sos e l’ambulanza potrà precipitarsi, magari seguendo il percorso suggerito da Google maps.

In Giappone, il numero che risponde alle richieste di soccorso è il 119: a quanto risulta al sito ItWorld, i vertici della Fire and Disaster Management Agency, una sorta di Protezione civile alle dipendenze del governo, hanno aperto un tavolo per predisporre un sistema efficiente e rapido di pronto intervento, con il coinvolgimento anche di alcuni manager locali in rappresentanza di Yahoo!, Twitter e alcuni siti del Sol Levante. La mole di dati da gestire sarebbe assai imponente, ma lo spirito dei giapponesi e la loro caparbietà, dimostrata proprio nei mesi seguenti al sisma, lasciano presagire che ci sia quantomeno spazio per una sperimentazione.

Dopo la Primavera araba, che ha dimostrato al mondo come il potere dei social network abbia davvero la capacità di mobilitare un popolo e rovesciare regimi, ora i siti di condivisione potrebbero addirittura sostituirsi al telefono per le comuni richieste di soccorso. Naturalmente, non tutto il mondo è il Giappone in fatto di tecnologia. Per arrivare all’obiettivo di collegare le ambulanze a un account Twitter disponibile 24 ore su 24, è necessaria un’educazione digitale nella quale ad esempio l’Italia va a rilento, soprattutto nella popolazione adulta, figuriamoci in quella anziana, che rappresenta la fetta più ampia dei cittadini e che, com’è ovvio, sarebbe il target maggiormente coinvolto da un simile stravolgimento. In ogni caso, di fronte a notizie come questa non c’è più da stupirsi se al mondo “virtuale” può bastare un semplice click per porre rimedio agli imprevisti della vita reale.

Leggi la notizia sul sito ItWorld

Francesco Maltoni

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