La Sicilia a rischio default e con lo spettro del commissariamento

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Lo Statuto della Regione, convertito con legge costituzionale, prevede, però, che l’Assemblea Regionale Siciliana possa essere sciolta, ma solo per persistente violazione dello Statuto (art. 8).

Il potere di scioglimento, inoltre, non risiede totalmente ed unicamente in capo al Governo nazionale.

La proposta di scioglimento dovrebbe essere formulata dal Commissario dello Stato (organo monocratico, previsto dall’art. 27 dello Statuto, nominato dal Governo nazionale, chiamato a promuovere o giudizi di legittimità presso la Corte Costituzionale), che la sottopone al Governo.

Il decreto di scioglimento deve essere preceduto dalla deliberazione delle Assemblee legislative dello Stato.

Soltanto in questo caso, il governo della Regione, per l’ordinaria amministrazione, verrebbe affidato ad una Commissione straordinaria di tre membri, nominata dal Governo nazionale, su designazione delle stesse Assemblee legislative.

Tale Commissione avrebbe l’onere di indire le nuove elezioni per la Assemblea regionale nel termine di tre mesi.

Il Presidente della Regione, invece, potrebbe essere rimosso, con decreto motivato del Presidente della Repubblica, ma soltanto nel caso in cui abbia compiuto atti contrari alla Costituzione o reiterate e gravi violazioni di legge.

Anche la rimozione del Presidente della Regione deve seguire l’iter sopra delineato.

Il problema è capire se la difficile situazione economico-finanziaria in cui versa la Sicilia, sia dovuta ad una persistente violazione dello Statuto, oppure a reiterate e gravi violazioni di legge da parte del Presidente, Raffaele Lombardo (ovviamente nell’esercizio delle sue funzioni).

La Corte dei Conti ha evidenziato, in sede di parificazione del rendiconto 2011, come siano cresciuti da 5 a 7 miliardi di euro i residui passivi, cioè i debiti per spese già impegnate ma non ancora pagate della Regione siciliana.

I magistrati contabili hanno rilevato un quadro allarmante con un debito regionale in continua crescita. La Regione ha attivato nuovi prestiti per 818 milioni di euro, determinando una complessiva esposizione a fine 2011, per circa 5 miliardi e 300 milioni, un debito destinato a salire nonostante l’impugnativa del Commissario dello Stato.

Il contributo agli obiettivi di finanza pubblica richiesto alla Regione con oneri stimati pari a circa 850 milioni per il 2012 e in circa 900 milioni per gli anni 2013 e 2014, ha, inoltre, generato la preoccupazione della Corte dei Conti.

In Sicilia la spesa del personale regionale costa un miliardo e 84 milioni di euro, cui vanno aggiunti i pensionati, quasi 17 mila al 31 dicembre 2011, e che invece costano 639 milioni di euro. La Corte dei Conti ha determinato il numero dei dipendenti della Regione siciliana, al 31 dicembre 2011, in 20.288, di cui 17.218 a tempo indeterminato e 3070 a tempo determinato.

I dirigenti a tempo indeterminato alla stessa data ammontavano a 1835, cui vanno aggiunti 82 dirigenti esterni. Nel 2011 sono andati in pensione ben 998 dipendenti, la maggior parte dei quali sono ‘baby pensionati’ che hanno potuto ottenere la pensione con 25 anni di servizio nel caso in cui accudissero un parente gravemente disabile. Un privilegio definito dalla Corte anacronistico e che è stato eliminato solo nel 2012, con l’articolo 4 della legge regionale 7. Le società partecipate dalla Regione sono 34 e 20 di queste, con un sistema simile alle scatole cinesi, detengono partecipazioni in altre società. Inoltre, delle 34 partecipate, ben 21 hanno chiuso in perdita l’ultimo bilancio di esercizio. Mentre è tutt’ora non attuata, la prevista riduzione a 14 delle società partecipate.

Per Raffaele Lombardo la grave situazione finanziaria regionale è stata generata dalla cattiva gestione dei passati esecutivi e dal contesto di grave congiuntura economica nazionale. Il Governo regionale starebbe compiendo notevoli sforzi nell’adozione di misure di risanamento che hanno ricondotto la spesa corrente al di sotto del livello del 2000.

Non sussisterebbe, quindi, nessuna delle condizioni previste dallo Statuto regionale siciliano, per sciogliere l’Assemblea o rimuovere il Governatore.

Chi, invece, sostiene la necessità dell’intervento sostitutivo, può puntare sull’incapacità di fronteggiare il fabbisogno finanziario con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima (come sancito dall’art. 36 dello Statuto).

Tale situazione di squilibrio determinerebbe una reiterata violazione statutaria e potrebbe portare allo scioglimento dell’Assemblea Regionale Siciliana.

La mancata realizzazione di obiettivi di risanamento finanziario per le società regionali, la mancata riduzione delle società partecipate, la riorganizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, l’insufficiente attuazione delle norme sulla trasparenza, sulla semplificazione e delle iniziative a contrasto della corruzione e della criminalità organizzata, potrebbe essere configurata come una reiterata violazione di norme di legge, che potrebbe comportare la rimozione del Presidente della Regione.

Inoltre, sussiste un’importante questione che attiene alla veridicità del bilancio regionale.

In una recente audizione, alla Commissione Bilancio dell’Assemblea regionale, di Rita Arrigoni, Presidente delle Sezioni Unite in sede di controllo della Corte dei Conti della Sicilia, viene censurato il bilancio di previsione 2012 che non viene ritenuto costruito in modo metodologicamente corretto.

Al fine di conseguire valori migliorativi rispetto ai saldi programmati, tale documento reca improprie correzioni di stanziamenti con l’intento di ripristinare successivamente, in sede di legge finanziaria o, addirittura, nel corso della gestione, la dotazione di tali poste nella misura ritenuta adeguata.

La sottostima di alcune voci del bilancio, per poi correggerle nella fase di gestione dell’esercizio, determinerebbe un improprio pareggio, che maschera il disavanzo tendenziale che dovrebbe, invece, risultare nel bilancio.

Il bilancio di previsione ipotizzerebbe una gestione “virtuosa”, mentre solo in corso di gestione verrebbero fatte emergere le poste mancanti.

Occorre, però, determinare che tali violazioni sia imputabili al Governatore ed all’esecutivo dallo stesso presieduto.

Non sembra, invece, esserci copertura legislativa, di rango costituzionale, che possa portare alla nomina di un commissario ad acta, per singole questioni.

I tempi per lo scioglimento dell’Assemblea o per la revoca del Presidente non sono così veloci. Non basta la volontà del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Governo nazionale per attuare l’intervento sostitutivo.

Se Lombardo dovesse dimettersi, come promesso, oggi non ci sarebbero margini per attuare alcun commissariamento.

 

Luciano Catania

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