No Bundesbank al “Piano Draghi”. Ma c’è l’asse tra Hollande e Merkel

Redazione 28/07/12
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Ieri le dichiarazioni del Presidente della Bce Mario Draghi, sulla necessità dell’Europa di evolvere da “calabrone” ad “ape”, e sull’intenzione dell’istituto di Francoforte di fare tutto quanto in suo potere per accompagnare questa difficile metamorfosi, avevano fatto segnare una giornata di festa per le Borse, con un generalizzato calo degli spread.

Tuttavia, l’esperienza ci ha ormai abituato che ad ogni passo fatto in avanti quasi sempre ne segue uno (quando non due) all’indietro.

La novità odierna, stando a quanto riportato (senza citare fonti) dall’edizione pomeridiana di uno dei principali quotidiani francesi, il parigino Le Monde, è che la Bce sta lavorando ad un piano  “concertato con gli Stati Ue, per limitare l’aumento dei tassi d’interesse della Spagna e dell’Italia. L’intervento prevede due fasi: una immediata, da attuare già nelle prossime settimane, con l’acquisto sul mercato secondario di Titoli di Stato italiani e spagnoli da parte dell’Efsf (lo European financial stability facility), ed una successiva che vedrà l’intervento del Mes (il Meccanismo europeo di stabilità) sul mercato primario (cioè direttamente alle aste dei bond sovrani). Per la “fase 2” si dovrà comunque attendere l’effettiva operatività del Meccanismo, prevista (salvo bocciature da parte della Suprema Corte tedesca, che si esprimerà sulla sua compatibilità con la Costituzione della Germania il 12 settembre non prima della fine dell’estate. In tutto questo, la Banca centrale europea prenderebbe parte all’azione solo nel caso in cui i Paesi faranno richiesta di aiuto per l’utilizzo dei Fondi Salva Stati.

Puntualissima (e prevedibile) è arrivata la reazione dei “falchi” della Bundesbank, segno che dietro alle voci e alle indiscrezioni Mario Draghi sta pensando veramente a qualcosa di grosso e “non convenzionale” (come aveva affermato nei giorni scorsi). Il numero uno della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann, ha infatti gelato le aspettative in merito, sottolineando la forte contrarietà dell’istituto da lui presieduto ad acquisti di Btp italiani e Bonos spagnoli da parte dell’Eurotower. Interventi, ha proseguito, che finirebbero per creare soltanto “falsi incentivi” per i Paesi soccorsi e spegnere in essi ogni volontà riformatrice.

Subito dopo le dichiarazioni di Weidmann, da Berlino si sono levate voci tra loro contrastanti. Ad intervenire è stato dapprima Georg Streiter, portavoce del Governo tedesco, nel corso di una conferenza stampa, dichiarando che la Germania “è pronta a fare tutto che quello che è necessario politicamente” per risolvere la crisi dell’euro e che “rispetta l’indipendenza della Bce”. Quindi è stata la volta della portavoce del Ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble a spegnere gli entusiasmi, ribadendo la contrarietà di Berlino alla concessione della licenza bancaria (per conto della Bce) al Mes (licenza che ne moltiplicherebbe la potenza di intervento). Infine si deve registrare l’intervento dello stesso Schäuble, che ha dichiarato di “guardare con favore alla disponibilità della Bce a intervenire nel quadro del mandato della Banca centrale”, pur rimarcando come, al primo posto, vengano “gli sforzi di riforma” dei 17 Paesi dell’area euro.

La confusione derivante da queste continue “toccate e fughe” è stata, da ultimo, placata dall’esito del “vertice telefonico” che si è tenuto oggi nel primo pomeriggio tra il Presidente francese, François Hollande, ed il Cancelliere tedesco Angela Merkel: i due leader hanno fatto sapere, secondo quanto si apprende da un portavoce della “Cancelliera di ferro”, di essere “pronti a tutto per salvare l’euro”, dunque concordi con quanto dichiarato ieri da Mario Draghi. Un forte segnale di stabilità, che non a caso sta mettendo le ali alle Borse del Vecchio Continente. Mentre resta ancora il giallo su un possibile piano di interventi di 300 miliardi, con il coinvolgimento di Fondo monetario internazionale, Commissione europea e Bce (la “Troika”), per mettere in sicurezza l’intera Spagna e non solo il suo sistema bancario.

Sembrerebbe, dunque, almeno per il momento, vinta la visione miope (dal punto di vista politico) della Bundesbank. Fosse stato per lei, l’unificazione delle due Germanie, all’indomani del crollo del Muro di Berlino il 9 novembre 1989, non sarebbe mai avvenuta: era ritenuta troppo costosa per la Germania Ovest. Fortunatamente, allora, un politico lungimirante come Helmut Kohl seppe reagire a questo modo puramente contabile di affrontare i grandi cambiamenti storici. Oggi come allora, l’Europa ha bisogno di statisti capaci di visioni di lungo periodo e potremmo dire, parafrasando Alcide De Gasperi, che guardino non alle prossime elezioni ma alle future generazioni.

Redazione

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