La versione di Traina: “Spending review fatta a casaccio. Italia avviata alla catastrofe”

Redazione 23/07/12
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Le professioni in difficoltà, la spending review, la crisi economica: gli spunti di attualità sono tanti, ma il notaio Giuseppe Angelo Traina non è tipo da ragionamenti settoriali. Professionista stimato e di lungo corso, Traina è residente a Vittoria, in provincia di Ragusa. Il suo slancio idealista e animato da un civismo profondo non si nasconde tra le righe del lungo curriculum: oltre all’esercizio della professione, è stato docente di ruolo di scienze umane e storia nei licei, oltre che componente della Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa e Presidente del Consiglio Notarile dei Distretti riuniti di Ragusa e Modica.
Nel dialogo con Giuseppe Traina parliamo della difficile congiuntura del Paese, tra tensioni sociali, difficoltà economiche e vuoti di rappresentanza. Ne esce un punto di vista particolare, quello di un professionista longevo ma indomito, che non riserva forti bacchettate a una classe politica inconcludente e a delle organizzazioni sindacali ancorate a utopie che, nella versione di Traina, hanno spremuto il Paese fino al midollo.

Le recenti indagini sul mercato dei professionisti non lasciano adito a dubbi: a fronte di un calo generale del 30%, i notai hanno visto ridursi i loro volumi d’affari del 15%. Come spiega questa flessione?

“Dal 2008 ad oggi la riduzione si può apprezzare nella misura di un buon terzo, fatto uguale a 100 il traffico notarile nel 2008. Ciò è da attribuirsi, ovviamente, principalmente alla situazione di grave recessione che ha investito tutte le attività, ma anche all’attacco multilaterale verso l’attività notarile e la stessa figura professionale del notaio, che – da garante della legalità e arbitro imparziale delle transazioni giuridiche – si è trasformato nell’immaginario collettivo in ‘taglieggiatore’ che esigerebbe un ‘pizzo’ su transazioni che, secondo una diffusa convinzione, potrebbero svolgersi con molta semplicità con la redazione di un modulo prestampato. L’aspetto esilarante di questo ormai consolidato pregiudizio è che questo si è tanto più radicato a dismisura mentre, invece, cresceva la complessità, e dunque la difficoltà, dell’esecuzione della prestazione richiesta al notaio, soprattutto per lo tsunami di leggi e leggine che impongono, con progressiva ed incessante espansione, ricerche ed accertamenti sempre più sofisticati, insidiosi e rischiosi. I legislatori, che sono perlopiù persone ancor più disinformate e meno documentate del pubblico, e quasi sempre sprovviste di elementari nozioni culturali, come ha dimostrato una famosa trasmissione televisiva nella quale si assisteva a parlamentari convinti che la rivoluzione francese fosse avvenuta nel medioevo, o la scoperta dell’America nell’800, per secondare i predetti pregiudizi popolari credono di risolvere con una banale ‘semplificazione’, fatta da perfetti incompetenti, complesse questioni che invece richiedono, appunto, competenza ed esperienza, accumulate dalla cultura giuridica di secoli, della quale si crede di potersi liberare come di una inutile zavorra. Faccio solo qualche esempio: la cancellazione delle ipoteche fatte senza l’intervento del notaio, con conseguenze ancora non chiaramente definite, e la costituzioni delle Srl, a certe condizioni – sebbene tuttora nebulose – da stipulare gratis per il notaio, ma, in realtà, a proprie spese, data l’incidenza degli inevitabili costi dell’attività professionale. Come se fosse giuridicamente lecito pretendere da un privato cittadino – sia pure investito del ruolo di pubblico ufficiale – di svolgere per altri soggetti privati un lavoro senza ricavarne un reddito ed anzi accollandosene i costi! Ciò dimostra che non i soli legislatori hanno eletto domicilio nell’isola di Utopia, ma anche i tecnici vi hanno rapidamente chiesto asilo politico”.

Un altro dato drammatico di queste ore è il crollo dei mutui per la casa: -47%, sostanzialmente siamo alla metà del 2011. Quali sono i fattori scatenanti questo ulteriore crollo? 

“Il ridimensionamento delle stipule è macroscopico relativamente ai mutui per cause anche queste ben note ed ovvie: il numero di soggetti che non hanno un reddito certo e costante; il livello eccessivo raggiunto dai prezzi delle case, insostenibili per una famiglia normale; il peso di una fiscalità feroce, della quale è peraltro impossibile calcolare e prevedere l’entità nel breve-medio termine, fondata come è soprattutto su manovre straordinarie improvvisate e continue; la sfiducia circa l’efficacia delle soluzioni prospettate da politici e tecnici; la labilità dell’euro, la cui adozione appare, alla distanza, sempre più una scelta velleitaria, pasticciata, non adeguatamente preparata e non fondata su basi solide, soprattutto dopo l’allargamento del nucleo dei sei Paesi fondatori, ora lievitati a ventisette! Aggiungerei che la stessa idea ‘fondante’  – quella dei Degasperi, degli Adenauer e degli Schuman – della progressiva integrazione politica ed economica dell’Europa centrale è stata sfigurata con l’allargamento dei Paesi via via ammessi senza alcun criterio serio e soprattutto con l’ammissione dei paesi ex comunisti. Direi, a questo proposito, che, paradossalmente, il crollo dell’impero sovietico ha danneggiato l’Europa centrale più di quanto non costituisse un pericolo l’esistenza di un blocco militare e politico antagonista. I vecchi anticomunisti del dopoguerra avrebbero dovuto augurarsi cinicamente per l’Europa che il ‘comunismo’ – o quello che così chiamavano e che, in realtà, era piuttosto un sistema autocratico-burocratico, fondato sul potere, incontrollabile e pervasivo, della nomenklatura – durasse ancora molto a lungo, tanto più che l’equilibrio del terrore sul quale era fondato garantiva uno statu quo che nessuno verosimilmente – con o senza i missili e gli armamenti nucleari – avrebbe  turbato con uno scontro suicida generale di civiltà. In questo senso, per quanto possa sembrare a prima vista assurdo, direi che il famigerato muro di Berlino è crollato più addosso all’Europa liberaldemocratica che al blocco sovietico!”.

Meno mercato di immobili, compravendite automobilistiche e, in generale, di beni durevoli, significa automaticamente meno passaggi di proprietà? Oppure sono ancora in tanti a prediligere “l’usato sicuro”? In che settori la vostra professione si sente maggiormente in difficoltà?
oie 17123821uNLY3wAQ“Il settore dei trasferimenti degli automezzi è stato, già da alcuni anni, sottratto alla competenza notarile e la misura punitiva faceva parte della strategia di attacco multilaterale ai ‘taglieggiatori’, che imponevano, secondo il pubblico e i legislatori, ‘pizzi’ paramafiosi ai cittadini. Per equità, va detto che – se il pubblico e i legislatori sono prevenuti verso i notai e sono portati a sottovalutarne il ruolo e la funzione – una minoranza di loro fa di tutto per contribuire a implementare l’immagine negativa che gente qualunque e legislatori coltivano, e non smentirla. Alcuni notai, più che incarnare l’immagine forse romantica, trasmessa dalla storia e dalla letteratura, oggi appaiono imprenditori, con mega-studi e decine di collaboratori, che sfornano a getto continuo rogiti seriali, per i quali sarebbe già fisicamente oneroso soltanto apporre la quantità di firme che la massa degli adempimenti richiede. Per loro fortuna, la firma digitale permette ormai di farla apporre al primo ragazzotto che abbia l’incarico di azionare l’apposita tessera magnetica. Ciò evidentemente snatura il rapporto personale e caduca l’obbligo dell’indagine frontale sulla volontà delle parti, che la legge richiederebbe nello svolgimento dell’attività notarile: la tecnologia, spietata, gelida e anonima, tende a trasformare il notaio-professionista in un notaio-robot. In prospettiva, si può ipotizzare – così procedendo – un distributore full time, piazzato agli angoli delle strade, che dispensa – schiacciando i tasti giusti, il rogito automaticamente e lo distribuisce come si fa per i preservativi, la Coca cola o le sigarette…”.

Come giudica, dall’esterno, un professionista del suo calibro una manovra come la spending review? Tagli lineari o misure necessarie?

“Sappiamo tutti che il cancro che infetta l’Italia è una spesa pubblica ormai impazzita, essendosi perduti i riferimenti certi anche per la molteplicità delle centrali di spesa, Regioni in primis, e la loro incontrollabilità e insindacabilità. Sia i men che mediocri politici, per usare un gentile eufemismo, che gli altrettanto inadeguati burocrati medio-alti, che dovrebbero costituire l’anima pulsante e operante del potere, si sono mostrati da molti decenni interessati soltanto ad ottenere dalle casse pubbliche indennità, privilegi, guadagni, leciti ed illeciti, o lecitamente indebiti. E’ lecito, ma indebito, per fare un esempio microscopico, ma significativo, che il Segretario generale di una Provincia – che è di fatto un funzionario perfettamente inutile, come del resto l’istituzione di cui è l’espressione burocratica più alta – incassi due stipendi, uno come Segretario generale e l’altro come Direttore generale, cioè per fare con due diversi nomi quasi uguali lo stesso unico ‘lavoro’. La spending review, più che tagli lineari o misure necessarie, come suggerisce il quesito, appare un insieme di operazioni fatte a casaccio, né lineari né necessarie, ma dettate soltanto dalla disperazione, dall’improvvisazione, dall’angoscia, dalla confusione, dal condizionamento dei poteri più o meno forti, dalla riottosità delle lobbies, dalle clientele fameliche, dai paralizzanti veti incrociati e dal terrore di un irrimediabile imminente rivolgimento sociale, di proporzioni epocali e di conseguenze drammatiche. In questo senso non si può attribuire a responsabilità circoscritte uno stato di cose del quale gran parte del ‘popolo’ è stato complice e a suo modo beneficiario, anche se le responsabilità di chi doveva informare e decidere sono maggiori rispetto a chi lo ha tollerato, assecondato e provocato. Il ‘popolo’, che oggi inveisce contro il potere di ieri e di oggi, infatti, accettava silenziosamente, e anzi sollecitava, questo modo di (s)governare, nell’illusione che vivere al di sopra dei propri mezzi potesse diventare per sempre, e miracolosamente, uno sport di massa…”.

Crede che la riforma Fornero potrà aiutare le imprese a sostenere il costo dei propri dipendenti e favorire, così, nuove assunzioni? O ci sarà, come alcuni temono, un boom di vertenze? 

“Le tutele del lavoro sono state troppo spesso solo la protezione di interessi e privilegi microscopici, ma non per questo meno pericolosi, perché capillarmente e largamente diffusi. Le responsabilità dei sindacati sono forse ancora più gravi di quelle dei politici, soprattutto per aver sollecitato un sistema pensionistico irrazionale ed insostenibile e per aver dilatato il numero dei dipendenti statali e parastatali, superprotetti e supergarantiti. La vera ‘classe operaia’ dovrebbe ribellarsi non in nome dei lavoratori , termine generico dietro al quale si nascondono spesso fannulloni, raccomandati, assenteisti e clienti politici, ma in nome dei ‘produttori‘, di quelli cioè che creano veramente ricchezza e procurano a tutti i mezzi della vita. Dubito che il potere ‘forte’ dei sindacati, che rappresentano un blocco sociale maggioritario e ferocemente conservatore, possa tollerare seriamente di scalfire un sistema così consolidato e rovinoso, anche se ha la gravissima responsabilità di aver avviato, oggettivamente, il paese verso la catastrofe generale”.

Pensa che la difficile congiuntura economica stia scoraggiando l’apertura di nuove partite Iva, soprattutto tra i giovani disoccupati? Oppure, non si considera il fattore di rischio imprenditoriale? 

“Il gusto del rischio, dell’innovazione, della creazione è stato spento, in una società che si è abituata da decenni a credere che tutto si possa ottenere, semplicemente, con ‘la lotta’, come se lo Stato possa garantire sempre diritti, diritti ed altri diritti, in permanente espansione, quasi l’esatto rovescio del mitico Leviathan hobbesiano. In una parola, molti hanno scambiato la previdenza con la Provvidenza! La polemica tra Fornero e i sindacati (‘diritto al lavoro’ o ‘diritto al posto’), nella quale i sindacati avevano ovviamente torto e Fornero ragione, dimostra come questa gente viva ormai in un mondo illusorio e puramente verbale, a parte i fischietti di ordinanza e gli altri argomenti sonori delle manifestazioni sindacali, simili all’abbaiare dei cani alla luna. La funzione del sindacato – da strumento di difesa di interessi legittimi e di promozione del progresso collettivo – ha subìto una degenerazione irrimediabile dal momento in cui un indimenticabile (in negativo) capo sindacale ha proclamato la più assurda balordaggine di tutti i tempi: e cioè che il salario è una variabile indipendente! Da allora tutto è diventato una variabile indipendente: il salario, la spesa pubblica, il costo della politica… Unica cosa invariabile, ma dipendente, è rimasta la catastrofe alla quale l’Italia è irrimediabilmente avviata, senza speranza”.

 

Francesco Maltoni

Redazione

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