Spending review 2012: Scuola, Università e la scure di Monti

Redazione 09/07/12
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360 milioni di euro e 15.000 posti di lavoro, questi i numeri dei tagli della spending review alla voce scuola e università. Si dice che non sempre i numeri dicano la verità ma quando si tratta di conti è difficile che la nascondano. I sindacati alzano la voce e non ci stanno, Cisl e Cgil affermano di voler mantenere alta l’attenzione e di voler vigilare sull’operato del ministro Profumo che al momento non convince e non dissolve le perplessità di chi, nella scuola, ci lavora.

La riforma della scuola passa per l’alleggerimento della burocrazia, vengono così eliminate tutte le pratiche cartacee, dalle pagelle fino ai registri di classe, a partire dal 2013, diventa tutto informatizzato. Questa scelta è fatta per ridurre costi fisici e garantire un maggior controllo degli istitui e della loro popolazione studentesca anche se non sembra tenga troppo conto delle eventuali difficoltà che possono avere le famiglie nel doversi muovere obbligatoriamente in rete per monitorare l’andamento scolastico del proprio figlio, senza parlare della necessità di doverlo iscrivere esclusivamente via internet.

I docenti in esubero invece verranno riconvertiti in ruoli tecnici amministrativi, una scelta complessa visto che la ricollocazione non è poi così automatica e semplice. Le competenze amministrative sono diverse da quelle dell’insegnamento e richiedono un tempo di inserimento affinché vengano assorbite come automatismi collaudati, c’è il pericolo così di ingolfare la macchina burocratica scolastica che già di per sé ha problemi di carburazione. Tagli sono inoltre previsti anche all’organico di docenti destinati al ministero degli Affari Esteri, più semplicemente coloro che insegnano all’estero la nostra lingua e cultura, passano infatti da 1400 a 624.

Questa manovra comporta dunque che ci siano più docenti, amministrativi, tecnici e bidelli interni alla scuola e meno necessità di dover ricorrere alle supplenze, diminuendo così sensibilmente l’inserimento da parte di quella nutrita schiera di precari che aspira ad entrare nelle graduatorie prestando servizio come supplenti.

Se  la scuola non ride l’università piange, gli studenti sono sul piede di guerra per la riforma sulla tassazione, il nuovo conteggio della “contribuzione studentesca” vuol tenere conto solo delle tasse versate dagli studenti in corso, un dato truffaldino visto che il 40% degli introiti della tassazione di un ateneo dipende dagli studenti fuori corso che per altro spendono di più. Gli studenti sono preoccupati e alzano un grido di protesta verso queste misure che vengono definite un vero e proprio “omicidio premeditato dell’università pubblica“. Michele Orezzi, coordinatore dell’unione degli universitari, spiega che “Siamo il terzo paese per tasse universitarie in Europa  e nonostante questo il Governo punta a cancellare il limite della tassazione e consentire aumenti sconsiderati dei contributi pagati dagli studenti. La verità è che se fino ad oggi gli studenti potevano fare ricorso per bloccare gli atenei con tassazioni eccessive, ora l’unico vincolo per le università fuori legge sarà quello di destinare dei fondi a qualche borsa di studio, neanche necessariamente per studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi”.

Chiaramente a fronte di una politica del genere, forti ridimensionamenti sono previsti anche nell’ambito delle assunzioni, a dir poco centellinate, e della ricerca, bacino provvido quando si tratta di attingervi per tagliare costi e risparmiare, tanto che non è bastato nemmeno scoprire “la particella di Dio” per mettere al riparo l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare dalle sforbiciate del governo, ma non sono solo  fisici, sono 210 i milioni di tagli previsti per gli istituti di ricerca. Se risparmiamo sulla ricerca, cioè su coloro che studiano per il futuro, per migliorare la qualità della vita, cosa ci aspetta? Auguriamoci che il medioevo sia un periodo storico che non debba ritornare.

Redazione

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