Scuola Diaz – Caso Aldrovandi: quando le scuse non bastano

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La sentenza di colpevolezza sulle violenze accertate all’interno della scuola Diaz durante il g8 di Genova del 2001 ha aperto una botola dalla quale sono usciti fantasmi e orrori del passato. E’ il caso della morte, provocata dalle percosse di quattro agenti, di Federico Aldrovandi, diciottenne ferrarese che nella notte del 25 settembre 2005 se ne è andato a causa di uno scontro con le forze dell’ordine. La sentenza Diaz come un grimaldello ha infranto quei muri che la memoria, il dispiacere, lo sbigottimento, spesso innalzano per proteggerci dal dolore e dalla rabbia, ma è proprio in circostanze come queste che non si può dimenticare, ma, di più, si deve ricordare.

L’attuale capo della polizia Manganelli dopo le recenti scuse per l’operato della polizia nella notte di follia genovese si è dovuto ripetere, questa volta però con una delicatezza e una intimità diverse. Abbandonati i toni formali, o quasi, ha scritto una lettera, la cui intestazione è scritta di suo pugno a penna, e le parole sono quasi sussurrate “La sentenza penale è arrivata dopo, 7, lunghi anni, ed io, nell’accettarla con il rispetto che si deve al pronunciamento della magistratura, sento, anzitutto, il forte bisogno di rinnovare le mie più sincere scuse a Lei e sua Famiglia, nel ricordo di Federico, per l’immane tragedia che ha irrimediabilmente distrutto la vostra vita“. Alle scuse alla madre della vittima proseguono le promesse di rapidità “il procedimento disciplinare si svolgerà in sede di consiglio provinciale di disciplina e con la massima sollecitudine, nel rispetto delle garanzie previste dalla legge“, un gesto minimo di fronte alla disgrazia della morte di un ragazzo, ma un atto dovuto alla madre della vittima e al rispetto che merita.

La signora Moretti, madre di Federico, ringrazia “accetto volentieri, perché non ho mai nutrito rancore nei confronti della Polizia” però aggiunge anche “non mi si chieda di perdonare ciò che per una madre è imperdonabile, insopportabile, inconcepibile”. I 4 poliziotti sono stati condannati così come sono stati condannati i funzionari che hanno dato il via libera al massacro della Diaz, ma mentre le parole di Manganelli hanno disteso gli animi, e sono sicuramente un punto da cui ripartire per ricucire quella fiducia nei confronti della polizia che questi episodi rischiano di lacerare nei cittadini, non è valso lo stesso per De Gennaro, le cui parole in merito al processo Diaz hanno suscitato grande clamore e veementi proteste.

De Gennaro, all’epoca dei fatti del g8 capo della polizia, secondo molti doveva essere fra gli imputati, tuttavia così non è stato e le sue dichiarazioni erano forse le più attese poiché provenienti da chi decise per quelle azioni scellerate. «Le sentenze della magistratura devono essere rispettate ed eseguite, sia quando condannano, sia quando assolvono», afferma Gianni De Gennaro in una nota diffusa da Palazzo Chigi. «In seguito alle decisioni per i gravi fatti di Genova, le competenti autorità hanno puntualmente adempiuto a tale dovere, operando con tempestività ed efficacia», ricorda l’attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi. «Per quanto mi riguarda – sottolinea – ho sempre ispirato la mia condotta e le mie decisioni ai principi della Costituzione e dello Stato di diritto e continuerò a farlo con la stessa convinzione nell’assolvimento delle responsabilità che mi sono state affidate in questa fase». Sono parole fredde, quasi glaciali, prive di quel calore che non si può esprimere davanti agli eventi della Diaz, oggi più che mai vista la condanna della Cassazione.

Le reazioni sono state forti, a partire da Agnoletto, portavoce del global forum, che ha detto: “Le parole di De Gennaro sono opposte a quelle che ci si dovrebbe aspettare da un uomo che ha giurato di servire le istituzioni e che oggi rappresenta il governo; sono parole molto più simili a quelle di un capobanda che, dopo aver subito una sconfitta, resta consapevole dell’enorme potere di cui ancora dispone“. Gli fa eco Lorenzo Guadagnucci,  giornalista tra i fondatori del Comitato Verità e Giustizia per Genova, che nella notte dell’assalto era tra i giovani che dormivano nella scuola genovese: «Gianni De Gennaro è veramente senza vergogna – afferma Guadagnucci -. La cosa grave è che lo lasciano parlare di stato di diritto come se non fosse stato proprio lui il massimo responsabile dell’ordine pubblico durante la più grave violazione di massa dei diritti umani che si sia vista in Europa negli ultimi decenni“.

Solo le ferite del corpo si rimarginano, quelle dell’anima sono destinate a bruciare per sempre, e l’anima di coloro che vissero la notte alla Diaz, ogni volta che parole inadeguate saranno pronunciate, brucerà di dolore.

Alessandro Camillini

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