Decreto Sviluppo: entro sei mesi, amministrazioni più aperte (e trasparenti)

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È stato appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale il c.d. “Decreto Sviluppo” (Decreto Legge n. 22 giugno 2012, n. 83).
Leggendo il testo del provvedimento mi è venuto in mente che Otto Von Bismarck diceva “se ti piacciono le leggi e le salsicce, non guardare mai come vengono fatte“: nel decreto, composto da decine di articoli, si spazia dallo sviluppo economico alle misure in materia di infrastrutture, dalle disposizioni in materia semplificazione normativa a quelle in tema di riforma della giustizia civile. Tale circostanza desta perplessità dal momento che è assodato che tale tipo di tecnica normativa non è utile e produttiva in quanto impedisce un esame sistematico delle diverse disposizioni, oltre ad essere caotica per gli interpreti e i cittadini in quanto va a modificare un ingente numero di norme preesistenti, risultando di difficile lettura.
Cavilli da giurista, si dirà.

Tra i settanta articoli vi sono alcune interessantissime (e ancora poco evidenziate) disposizioni in materia di nuove tecnologie e pubblica amministrazione digitale. Una in particolare, quella contenuta all’art. 18, dovrebbe determinare una rilevante evoluzione del concetto di trasparenza amministrativa, recependo per la prima volta – in una norma statale di rango legislativo – i principi degli Open Data.

Si tratta di una norma che, se pienamente attuata, muterà in modo rilevante la prassi di lavoro delle amministrazioni, la vita di imprese e cittadini, oltre che il lavoro dei giornalisti.

Gli Open Data diventano obbligatori
Per la prima volta, infatti, l’art. 18 del decreto legge n. 83/2012 (significativamente rubricato “Amministrazione aperta”) obbliga tutte le amministrazioni a fare Open Data; è infatti previsto che

“La concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l’attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere di cui all’articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ad enti pubblici e privati, sono soggetti alla pubblicità sulla rete internet.”

Così come si legge nella relazione illustrativa al decreto, la conoscibilità dei dati e delle informazioni relative alle decisioni che comportano spesa di danaro pubblico sono uno dei fattori sui quali deve basarsi l’impegno per la crescita produttiva ed imprenditoriale e per lo sviluppo del Paese.
La conoscenza delle modalità di attribuzione e dell’importo delle somme erogate da parte della pubblica amministrazione ha lo scopo di avere informazioni certe e in tempo reale onde evitare sovrapposizioni e spese inutili e di favorire la programmazione corretta delle spese future; la pubblicazione di questi dati, inoltre, può essere vista come vera e propria misura anticorruzione oltre che come intervento finalizzato al miglioramento dei servizi resi dagli enti.

Modalità e tempi certi

Tuttavia, troppo spesso, norme innovative sotto il profilo della trasparenza non erano state davvero attuate (si pensi al concetto di “accessibilità totale” introdotto dall’art. 11 D. Lgs. n. 150/2009 che – nella prassi – si è scontrato con la prassi di chiusura della PA italiana e con la mancanza di volontà, salvo lodevoli eccezioni, di rendere pubblici i dati).
Grazie alla disposizione contenuta nel D.L. n. 83/2012 (e in attesa di ulteriori novità che dovebbero arrivare con i “decreti digitalia”) diventa obbligatorio pubblicare on line una parte importante dei dati relativi spesa pubblica; la cosa ulterioremente significativa è l’individuazione precisa delle modalità di pubblicazione che deve avvenire:
1. sul web e, più precisamente, sul sito istituzionale dell’Ente con link ben visibile nella homepage, nell’ambito dei dati della sezione «Trasparenza, valutazione e merito» di cui al D. Lgs. n. 150 del 2009;
2. con l’indicazione, per ciascuna spesa, dei seguenti dati “a) il nome dell’impresa o altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali; b) l’importo; c) la norma o il titolo a base dell’attribuzione; d) l’ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo; e) la modalita’ seguita per l’individuazione del beneficiario; f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonche’ al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio.
3. in modo che i dati siano “di facile consultazione, accessibili ai motori di ricerca ed in formato tabellare aperto che ne consente l’esportazione, il trattamento e il riuso“. Nella relazione illustrativa viene espressamente individuato il formato in cui le amministrazioni dovranno procedere alla pubblicazione (.CSV, comma separated value) e, addirittura, viene specificato che i dati devono essere accessibili dai motori di ricerca. In questo modo, il Governo intende evitare quanto già successo con l’Operazione Trasparenza disposta dall’ex Ministro Brunetta, quando il Garante Privacy condizionò l’assenso all’attività di pubblicazione dei dati relativi ai dipendenti pubblici ad una loro mancata indicizzazione da parte dei motori di ricerca.

Con riferimento ai tempi, il comma 4 dell’art. 18 prevede espressamente che le amministrazioni hanno solo sei mesi per adeguarsi.

Sanzioni e responsabilità

Infatti, dal 1° gennaio 2013 la pubblicazione dei dati sul sito internet costituirà condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle concessioni ed attribuzioni a imprese, professionisti e consulenti.
La mancata pubblicazione dei dati e delle informazioni, configurando una violazione di legge e rappresentando elemento ostativo alla erogazioni degli importi stabiliti/dovuti, devono essere rilevate d’ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo sotto la propria diretta responsabilità.
Inoltre, è espressamente previsto che l’inottemperanza alla norma è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da chiunque altro vi abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da parte dell’amministrazione, mediante azione davanti al tribunale amministrativo regionale competente.

E proprio sotto questo profilo, però la norma appare migliorabile. Infatti, pur apprezzando l’intenzione di renderla azionabile in giudizio, la categoria di soggetti che può lamentarne la violazione è eccessivamente ristretta (solo il destinatario dell’erogazione e un generico “chiunque altro vi abbia interesse”). Sarebbe importante, magari in sede di conversione, prevedere la modifica di questa previsione, affermando la possibilità per chiunque – magari anche con il rimedio della c.d. “class action pubblica” (D. Lgs. n. 198/2009) – di far valere la mancata attuazione di questa norma e l’omessa pubblicazione di uno o più dati.

Altra pecca della norma è la previsione per cui

“Dall’attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e alle attività previste si fara’ fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente”.

Gli enti dovranno quindi industriarsi per procedere – nonostante questo vincolo – ad un veloce percorso di adeguamento sotto il profilo tecnico ed organizzativo per essere pronti entro il 31.12.2012. Senza sperare in una salvifica (e poco probabile) proroga.

Ernesto Belisario

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