Riforme istituzionali, stop al Senato federale

Redazione 26/06/12
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Primo stop al Senato federale da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica. Questa mattina, durante l’esame del pacchetto sulle riforme istituzionali, l’emendamento presentato dalla Lega Nord e sostenuto dal Popolo della Libertà non ha superato l’esame della Commissione. Il voto si è concluso con un pareggio (13 a 13), il che, secondo il regolamento di Palazzo Madama, equivale a voto contrario. Favorevoli Carroccio, PdL e Coesione Nazionale, contrari Partito Democratico, Italia dei Valori, Terzo Polo ed il senatore del Gruppo Misto, Alberto Tedesco (ex PD). Si è invece astenuto il relatore, nonché Presidente della Commissione Affari Costituzionali, Carlo Vizzini.

All’esame del Senato andrà, a questo punto, il testo originario concordato dai tre leader della maggioranza Alfano, Bersani e Casini (“ABC”), che prevede il taglio del numero dei senatori dagli attuali 315 a 254 (di cui 4 eletti nelle circoscrizioni estere dai nostri concittadini residenti oltreconfine) ma non, appunto, il Senato federale. Il testo prevede soltanto che presso il Senato venga istituita una “Commissione paritetica” per le questioni regionali, composta da un rappresentante per ciascuna Regione (ma è sensato che Lombardia e Molise, Sicilia e Valle d’Aosta abbiano un rappresentante a testa? ) e le Province autonome di Trento e Bolzano, e da un uguale numero di senatori in proporzione all’estensione dei rispettivi gruppi parlamentari. Questo organismo paritetica non avrà però vero potere decisionale ma consultivo, con la possibilità di esprimere un parere sulle materie concorrenti tra Stato e Regioni.

Il voto di oggi segna, tra l’altro, una prima battuta d’arresto alla recentemente rinnovata convergenza tra Lega Nord e Pdl sulle riforme, che vedrebbe tra i due partiti ex alleati un appoggio reciproco sulle riforme istituzionali (prosecuzione del cammino federalistico per il Carroccio in cambio del semi-presidenzialismo per il Popolo della Libertà). La battaglia si sposta ora in Aula, dove domani riprenderanno le votazioni.

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