Figli di quale patria?

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In occasione delle celebrazioni per ricordare i 150 anni dell’unità d’Italia, l’ANCI, l’associazione dei comuni italiani, ha divulgato un dépliant informativo sulla cittadinanza. Questa iniziativa è stata rivolta soprattutto a quei ragazzi che sono figli di immigrati extracomunitari nati nel nostro paese (la cosiddetta “seconda generazione“) per informarli su una legge, nota a pochi ma estremamente importante, che permette loro di divenire, al compimento della maggiore età, italiani a tutti gli effetti.

I figli di immigrati, in Italia, sono circa 864.000 e crescono nel nostro Paese, partecipando alle attività scolastiche, ricreative e sociali come qualsiasi figlio di italiano. Nella maggioranza dei casi non hanno mai visitato il loro Paese d’origine, poiché i genitori lavorano stabilmente in Italia. Questo sta a significare una cosa importantissima: questi ragazzi sono Italiani di fatto, ma stranieri per il nostro ordinamento giuridico.

La legge italiana (Legge del 5 febbraio 1992, n.91), infatti, riconosce ai figli di stranieri residenti in Italia la cittadinanza dei genitori, seguendo quindi lo “ius sanguinis”, ovvero la trasmissione in linea diretta (da padre a figlio) della cittadinanza. Anche il Bel Paese, come peraltro è già successo alla maggior parte dei Paesi europei, si sta orientando in direzione della multiculturalità, e sta introducendo e ampliando il vetusto ordinamento giuridico in materia di regolamentazione di cittadinanza e soggiorno in Italia. E’ sempre la legge n. 91, all’articolo 4, comma 2, che stabilisce che gli stranieri nati in Italia che vi abbiano risieduto legalmente senza interruzioni fino alla maggiore età, possano diventare cittadini italiani con semplice dichiarazione di volontà da rendere all’ufficiale di stato civile entro un anno dal compimento della maggiore età.

A partire dal diciottesimo anno di età, infatti, e fino al compimento del diciannovesimo, il figlio di stranieri regolarmente e continuativamente residente in Italia può richiedere e ottenere, tramite un’apposita procedura, la cittadinanza italiana. Se dalla nascita è dimostrabile la permanenza in Italia dell’aspirante cittadino (tramite iscrizione all’anagrafe e rinnovo del permesso di soggiorno), con un giuramento solenne si diviene italiani a tutti gli effetti.

Il Governo italiano ha adottato alcune misure importanti. Ha infatti introdotto una certa elasticità per quanto riguarda questo requisito, in quanto sono stati ritenuti valevoli come prove del soggiorno in Italia anche certificati medici, scolastici e simili, che dimostrano la permanenza sul suolo italico in caso di ritardi nell’iscrizione all’anagrafe o, come spesso accade, nell’inserimento nel permesso di soggiorno del figlio da parte dei genitori dopo qualche anno dalla nascita. Purtroppo c’è scarsa informazione riguardo questa possibilità di diventare italiani. E moltissimi, non essendone a conoscenza, vi rinunciano inconsapevolmente o la ottengono in ritardo.

Non avendo la cittadinanza italiana, a molti ragazzi vengono precluse alcune possibilità, per esempio, opportunità di lavoro (chi non possiede la cittadinanza italiana non può assumere cariche pubbliche né partecipare a concorsi pubblici) e capacità di scelta dei propri rappresentanti politici.

Recentemente, il Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi ha dichiarato che il Parlamento si prenderà le sue responsabilità in materia di integrazione e studierà nuove misure riguardanti il permesso di soggiorno e il riconoscimento della cittadinanza italiana alle seconde generazioni. Un ragazzo che è nato in Italia, vive in Italia, ha amici italiani, magari una fidanzata italiana e si sente italiano nel cuore, perché non può esserlo davvero? Forse un modello stile Stati Uniti (cittadinanza americana se si è nati sul suolo statunitense) potrebbe risolvere moltissimi problemi di integrazione, far diminuire episodi di razzismo, soprattutto tra i giovani (che in tempo di crisi rinasce dalle sue radici ormai credute morte), e creare un nuovo Stato, libero da pregiudizi e multiculturale, che sia rispettoso (per davvero) nei confronti dei diritti di tutti.

Utopia?

Marco Montaguti

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