Responsabilità precontrattuale della P.A., la Cassazione apre al giudice ordinario

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La vicenda: una Comunità Montana decide di delegare ad un Sindaco la “gestione” di un capannone ai fini della produzione e promozione di prodotti dolciari locali. Il Sindaco, assunte le vesti di delegato, si rende pertanto disponibile ad accettare la proposta di una Società di avere in comodato il capannone in quaestio. Una volta entrata nella disponibilità dell’immobile, la Società si attiva installando macchinari, adeguando l’impianto elettrico, (etc…) per l’avvio della produzione. Tra le parti, su richiesta della medesima Ditta, si instaurano delle trattative per giungere alla stipula di un regolare contratto.

Ma pochi mesi dopo tali trattative, il Comune diffida, mediante lettera, la Società al rilascio dell’immobile. Il Tribunale di primo grado accoglie la domanda proposta dalla Comunità Montana nei confronti della Società al rilascio dell’immobile di sua proprietà (proprio perché a partire dalla diffida il capannone risulta abusivamente occupato) e al pagamento a titolo risarcitorio del danno. Su gravame della Società, la Corte d’Appello riforma la sentenza di primo grado, rigettando la condanna della Ditta: la Corte d’Appello ravvisa nella brusca e non motivata interruzione del rapporto negoziale da parte della Comunità Montana una responsabilità precontrattuale dell’ente, con violazione del principio di buona fede. La Comunità Montana propone così ricorso per Cassazione: sede in cui la Corte cassa (…) e rinvia la sentenza impugnata alla Corte d’Appello!

Ebbene, sulla configurabilità di una responsabilità precontrattuale della p.a., ex art. 1337 c.c., si è per lungo tempo dubitato, in quanto, per la tutela dell’interesse pubblico e nell’esercizio della discrezionalità amministrativa, la p.a. “avrebbe la facoltà” e “sarebbe tenuta” al recesso dalle eventuali trattative avviate a fronte delle quali nessun legittimo affidamento del terzo contraente potrebbe ravvisarsi e trovare tutela (?). In tal senso, la giurisprudenza della Suprema Corte si è espressa osservando che “nella conduzione delle trattative private, la valutazione in ordine alla ricorrenza di una responsabilità precontrattuale in capo alla p.a. non involge un sindacato sulle scelte discrezionali della p.a. ma esclusivamente una verifica in ordine al rispetto, da parte della Stessa, dei canoni di buona fede e correttezza“. Nello specifico, affinchè sorga una responsabilità precontrattuale dell’ente pubblico, ex art. 1337 c.c., per ingiustificata rottura delle trattative, “è necessario che queste ultime siano giunte ad un punto tale da ingenerare nella controparte un ragionevole affidamento in merito alla futura conclusione del contratto“.

Nel caso di specie, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza nr. 4382 del 20 marzo 2012, esprime il seguente principio di diritto: “qualora un immobile, in possesso della p.a., venga detenuto a titolo di comodato, in buona fede a seguito di trattative che non hanno portato alla conclusione del contratto, la buona fede e il legittimo affidamento del comodatario vengono meno se l’altra parte manifesti in modo inequivoco di non consentire la prosecuzione del rapporto e di volere la immediata disponibilità dell’immobile stesso, in quanto la detenzione, caratterizzata fino ad allora dalla originaria buona fede, fondata sulle trattative soprattutto se condotte, in modo legittimo, da organi rappresentativi della p.a.., ossia dovuta alla legittima aspettativa da parte del privato della piena legalità della condotta dell’ente comodante, diviene ingiustificata”. “Ne consegue che il giudice non può liquidare il danno per rottura immotivata delle trattative, ossia da responsabilità precontrattuale nella sua totalità, ma deve, se richiesto, procedere ad una determinazione dello stesso, avendo presente il momento che ha determinato la diversa natura della detenzione“.

Dalla pronuncia della Suprema Corte si evince chiaramente che la p.a., nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, “usa un libero potere discrezionale”. In tal senso, ci si domanda: sul potere discrezionale della p.a. può essere esercitato un effettivo controllo, da parte del g.o.? La risposta risulterebbe affermativa se tale discrezionalità (della p.a.) andrebbe ad assumere le vesti del diritto privato (nell’attività iure privatorum, ex art. 1337 c.c.), realizzando così, in ambito precontrattuale, una mera coincidenza-sovrapposizione tra la discrezionalità amministrativa medesima e l’autonomia privata!

…La speciale regolamentazione pubblicistica (…) non impedisce l’applicazione del diritto privato, come diritto generale”.

Giovanna Cuccui

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