Ammortizzatore sociale inedito in arrivo: aspettando… l’ASPI!

Redazione 15/03/12
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La rete attuale di ammortizzatori sociali si caratterizza per una certa disomogeneità di tutela in base all’appartenenza settoriale, alla dimensione di impresa ed la tipologia dei contratti di lavoro. Nel tentativo di coprire i buchi neri creati dalle riforme pregresse, nel tentativo di estendere le tutele in fase di entrata e di uscita dal mercato del lavoro, il Ministro Fornero lancia la sua proposta di riforma (qui il testo integrale).

A) Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi)

Si tratta di uno strumento volto a sostituire le attuali indennità ed, in particolare, l’indennità di mobilità, l’indennità di disoccupazione non agricola ordinaria, l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti e l’indennità di disoccupazione speciale edile.

La riforma prevede l’estensione di tale strumento di tutela agli apprendisti ed agli artisti (dipendenti), attualmente esclusi dall’applicazione di ogni strumento di sostegno del reddito.

Mentre restano coperti dalla nuova assicurazione tutti i lavoratori dipendenti – stabili o precari- del settore privato o di quello pubblico

Requisiti di accesso all’Aspi sono almeno 2 anni di anzianità assicurativa ed almeno 52 settimane nell’ultimo biennio.

La durata massima prevista è di 12 mesi per i lavoratori con meno di 55 anni di età e di 18 mesi per i lavoratori con almeno 55 anni di età (nei limite delle settimane di lavoro nel biennio di riferimento).

L’importo ipotizzato è di €1.119,32, con abbattimento dell’indennità del 15% dopo i primi sei mesi e di un ulteriore 15% dopo altri sei mesi.

Quanto ai casi di nuova occupazione, si prevede che i periodi di lavoro inferiori a 6 mesi comportino la sospensione del trattamento, con ripresa alla fine del periodo di lavoro e che i periodi di lavoro superiori a 6 mesi facciano ripartire, in presenza dei necessari requisiti contributivi, il trattamento.

In tal caso, il requisito di accesso è la presenza di almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi.

L’indennità verrà calcolata in maniera analoga a quella prevista per l’Aspi.

La durata massima sarà posta pari alla metà delle settimane di contribuzione nell’ultimo biennio. Sarà tuttavia prevista la sospensione dell’erogazione del beneficio per periodi di lavoro inferiori a 5 giorni.

B) Fondi di solidarietà e cassa integrazione

La riforma prevede fondi di solidarietà per la tutela in costanza di rapporto di lavoro per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale (ordinaria e straordinaria).

Detti fondi saranno, infatti, volti a finanziare la prestazione di trattamenti di integrazione salariale per i casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa dovuti a causali previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria.

Si prevede che l’istituzione dei fondi sia obbligatoria per tutti i settori, in relazione alle imprese con più di 15 dipendenti.

Nei settori per i quali non siano stipulati accordi collettivi volti all’attivazione del fondo di solidarietà è prevista l’istituzione di un fondo residuale, con le seguenti caratteristiche:

prestazione di importo pari all’integrazione salariale, contribuzione a carico del datore di lavoro, durata non superiore a 1/8 delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile.

Quanto infine alla Cassa integrazione per l’industria, si prevede la creazione di due gestioni contabili separate, nell’ambito del bilancio Inps, cui affluiscano i contributi per cassa integrazione ordinaria e straordinaria, con obbligo di bilancio in pareggio a decorrere dal 2015.

La proposta di riforma prevede infine la creazione di una cornice giuridica per gli esodi con costi a carico dei datori di lavoro.

Per gli esodi fino al 2015, si prevede che il primo periodo, per i lavoratori licenziati con procedura di mobilità, sia coperto dall’indennità di mobilità, fermo restando il requisito di 5 anni dal momento dell’esodo a quello del pensionamento.

Per le imprese sopra i 50 dipendenti, per i quali vi è l’obbligo di contribuzione al fondo di tesoreria, si prevede che il conguaglio del Tfr dal fondo avvenga soltanto nel momento in cui il lavoratore andrà in pensione.

Tra lo scetticismo dei sindacati, in fermento per l’imminente battaglia sull’art.18, e la vaghezza delle notizie trapelate, la paura che l’impianto normativo degeneri nel mero assistenzialismo, una cosa sulla proposta va detta: forse la tanto auspicata flexsecurity-o flessicurezza per dirla “alla nostrana”, sembra qualche passo più vicina…

Lucia Polizzi

Redazione

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