Il criterio dell’importanza dell’opera: un clamoroso autogol?

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Stavo riflettendo sul fatto che questo art. 9 del decreto legge 1/2012 nel prevede che il compenso debba essere pattuito in modo conforme all’ «importanza dell’opera» e che, in difetto di ciò, si abbia illecito deontologico, può essere un clamorosissimo autogol rispetto agli scopi del provvedimento cioè quelli di creare più concorrenza tra professionisti.

Se interpretiamo alla lettera la legge, ciò che rimane peraltro sempre il primo criterio ermeneutico, se un collega avvocato si mettesse ad esempio a fare separazioni consensuali a 400 euro lo potremmo denunciare al suo ordine per aver pattuito compensi non adeguati all’importanza dell’opera.

Sono certo che lo scopo del legislatore, tuttavia, non era quello di tutelare i colleghi dei professionisti da eventuali pratiche di dumping come queste, ma di stimolare la concorrenza in modo da far ottenere alla generalità del pubblico prestazioni di assistenza più accessibili. Penso che nel prevedere la possibilità di configurare il mancato rispetto delle disposizioni come illecito deontologico, lo stesso legislatore abbia tenuto in considerazione la sola ipotesi dell’utente che sia rimasto vittima di un «preventivo» o di un accordo in cui il compenso è determinato in maniera abnorme a favore del professionista.

In realtà, però, la cosa può essere letta anche all’opposto. Se il testo non verrà riformulato, penso che sarà uno strumento molto importante per tutti quegli ordini di orientamento conservatore che vedono una effettiva concorrenza come il fumo negli occhi, per sanzionare, anche con procedimenti iniziati d’ufficio, tutti quei colleghi che praticano tariffe ritenute non conformi all’importanza dell’opera, anche considerando che si tratta di un criterio piuttosto vago che lascia aperta la possibilità di svariate considerazioni.

Direi che ci troviamo di fronte al solito capolavoro di tecnica legislativa, vedremo se e che cosa succederà in sede di conversione.

Tiziano Solignani

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