La trascrivibilità dei matrimoni celebrati all’estero quando manca la documentazione della volontà coniugale

Redazione 14/10/11
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Il matrimonio celebrato all’estero tra cittadini italiani e tra italiani e stranieri, secondo le forme ivi stabilite, è trascrivibile in Italia, nel rispetto dei principi di cui alla L. 218/95, resta però necessario verificare che, nella sostanza, il matrimonio sia stato contratto volontariamente da entrambi gli sposi, quale requisito per la configurabilità giuridica del matrimonio medesimo.


Ministero dell’Interno

Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Direzione Centrale per i Servizi Demografici

Circolare n. 25 del 13 ottobre 2011

Oggetto: Trascrivibilità atti di matrimonio celebrati all’estero in cui manchi la documentazione della volontà coniugale

Come è noto il matrimonio celebrato all’estero tra cittadini italiani e tra italiani e stranieri, secondo le forme ivi stabilite, è trascrivibile in Italia, nel rispetto dei principi di cui alla L. 218/95.

Da un esame della prassi in materia è emerso che in alcuni paesi (ad esempio in Marocco) l’atto di riconoscimento del matrimonio ai fini civili, ivi effettuato dall’autorità competente successivamente alla celebrazione del matrimonio, non contiene l’espresso accertamento della volontà degli sposi di unirsi in matrimonio, ma si configura come atto di accertamento della sussistenza del vincolo matrimoniale, sulla base di dichiarazioni effettuate solo da uno dei coniugi, e confermate da testimoni, o anche direttamente dai soli testimoni, che attesta no che i coniugi sono stati precedentemente uniti in matrimonio e che tale vincolo permane.

Alla luce di quanto esposto (e del prevedibile verificarsi di numerosi casi simili, in cui manchi nell’atto di matrimonio di cui si richiede la trascrizione in Italia, l’espresso richiamo alla volontà manifestata dai coniugi) si ritiene opportuno evidenziare i seguenti criteri per l’individuazione del diritto applicabile.

A tal proposito si deve considerare che ai sensi dell’art. 28 della L. 218/95 il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei due coniugi o dalla legge di comune residenza al momento della celebrazione. Di conseguenza, in linea di principio, non è consentito rifiutare la trascrizione del matrimonio solo perché la legge straniera utilizza forme differenti da quella interna anche perché, come è noto, la trascrizione del matrimonio celebrato all’estero non ha finalità costitutive ma meramente dichiarative.

In merito, la stessa giurisprudenza di legittimità precisa infatti che “Il matrimonio celebrato da cittadini italiani (o anche tra cittadini e stranieri, in virtù dell’art. 50 dell’ordinamento dello stato civile) all’estero secondo le forme ivi stabilite, ed anche il matrimonio celebrato all’estero in forma religiosa, ove per tale forma la “Iex loci” riconosca gli effetti civili (sempre che sussistano i requisiti sostanziali relativi allo stato ed alla capacità delle persone previsti dal nostro ordinamento) è immediatamente valido e rilevante nell’ordinamento italiano con la produzione del relativo atto [. ..]
indipendentemente dall’osservanza delle norme italiane relative alla pubblicazione, che possono dar luogo solo ad irregolarità suscettibili di sanzioni amministrative, ed alla trascrizione nei registri dello stato civile, la quale (a differenza del caso del matrimonio concordatario) ha natura certificativa e di pubblicità, e non costitutiva (Cass., sez.l, sent. N. 3599/1990).

Sull’argomento, non può che confermarsi che il consenso di entrambi i coniugi costituisce sempre un requisito essenziale, di ordine sostanziale, alla sussistenza di un valido vincolo matrimoniale, in mancanza del quale non è possibile riconoscere il matrimonio per chiara contrarietà all’ordine pubblico.

Pertanto, sentito anche il parere espresso dal Ministero di Giustizia (all’uopo interpellato in relazione all’applicazione dell’art. 63, comma 2, lettera c, del DPR n.396/2000 ed in aderenza ai sopra ricordati principi fissati dalla L. 218/95), ribadendo che le modalità formali con le quali il consenso dei coniugi viene espresso non necessariamente sono regolate dalla legge del paese di celebrazione e che la mancata corrispondenza con la forma prevista dal nostro ordinamento non impedisce la trascrizione del matrimonio in Italia, resta però necessario verificare che nella sostanza il matrimonio sia stato contratto volontariamente da entrambi gli sposi, quale requisito per la configurabilità giuridica del matrimonio medesimo.

A tal fine, si ritiene che in caso di richiesta di trascrizione in Italia dell’atto straniero di matrimonio (ai sensi del richiamato art. 63, comma 2, lettera c), che tuttavia non riporti esplicitamente il consenso al matrimonio di entrambi gli sposi, la richiesta, espressa per iscritto, debba essere accolta quando la stessa sia stata presentata all’ufficiale dello stato civile da entrambi i coniugi, personalmente o tramite delega che contenga espressa dichiarazione di volontà dei medesimi di procedere alla trascrizione, con ciò implicitamente confermando la sussistenza della volontà di entrambi in relazione al vincolo matrimoniale precedentemente contratto.

Resta ovviamente fermo il divieto di trascrivibilità dell’atto di matrimonio qualora vi risulti un contrasto all’ordine pubblico relativamente ad impedimenti di altra natura.

Si pregano le SS. LL. di voler rendere noto ai Sigg. Sindaci il contenuto della presente circolare.

Redazione

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