L’ipocrisia dei Governi sul gioco d’azzardo

Dario Reccia 21/09/11
Scarica PDF Stampa
Tra i principi della Comunità europea vi è quello della libera prestazione di servizi previsto dall’art. 49 del Trattato CE.

Si tratta di un principio tanto semplice quanto fondamentale per un mercato che voglia dirsi veramente “unico” e aperto alla concorrenza: ogni cittadino stabilito in uno Stato membro deve essere lasciato libero di fornire i propri servizi nei confronti di cittadini residenti in altri Stati dell’Unione, senza l’intralcio di restrizioni o divieti da parte dello Stato di destinazione del servizio.

È quello che devono aver pensato due cittadini austriaci che, tramite una propria società regolarmente costituita a Malta ed in possesso di tutte le autorizzazioni e le licenze previste dall’ordinamento maltese, offrivano ai propri connazionali la possibilità di “giocare” on line, nonostante l’esistenza nel loro Paese di origine di un monopolio sul gioco d’azzardo.

Nel procedimento penale che ne è seguito, i due cittadini austriaci, imputati per il reato di organizzazione di gioco d’azzardo, hanno sollevato dinanzi alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale relativa alla compatibilità del monopolio austriaco in materia di giochi d’azzardo con il principio comunitario della libera prestazione di servizi.

La Corte di Giustizia, con sentenza del 15 settembre 2011 nel procedimento n. C-347/09, ha risolto la questione, chiarendo quando un monopolio sul gioco d’azzardo può dirsi lecito e quando invece non lo è, ponendosi in contrasto con il principio della libera prestazione di servizi.

Secondo la Corte, infatti, la tutela dei consumatori e dell’ordine sociale possono costituire un motivo imperativo di carattere generale idoneo a giustificare una compressione della libera prestazione di servizi fra Stati membri.

In altri termini, attraverso l’istituzione del monopolio, lo Stato membro dovrebbe perseguire in modo coerente e sistematico l’obiettivo, da un lato, di contrasto della criminalità, proteggendo i consumatori da frodi e altri possibili reati legati al gioco d’azzardo, e dall’altro, di prevenzione di spese eccessive, implementando meccanismi in grado di contenere le puntate.

Ma qui sta la contraddizione e l’ipocrisia dei Governi schierati nella difesa del monopolio del gioco d’azzardo o comunque di diritti speciali.

Infatti l’obiettivo, forse meno nobile ma sicuramente mai perso di vista dai Governi nazionali, è quello di massimizzare le entrate fiscali derivanti dal gioco d’azzardo; con il paradossale effetto che “più si gioca, più lo Stato ci guadagna”.

Ma allora cosa succede? Se lo Stato, sotto l’egida del contrasto alla criminalità, mira in realtà a rimpinguare le proprie casse, magari avallando forme pubblicitarie che inducano i consumatori a giocare sempre di più, è ancora possibile ritenere giustificata la limitazione della concorrenza derivante dall’istituzione di un monopolio?

Secondo la Corte di Giustizia, no. I monopoli nazionali in materia di gioco d’azzardo sono compatibili con il diritto comunitario a patto che perseguano in maniera coerente finalità di interesse generale legate alla tutela dei consumatori.

Diversamente, se il monopolio diventa lo strumento surrettizio per fare cassa, allora nessuna deroga è ammessa e il monopolio non può impedire la libera prestazione di servizi da parte di un‘impresa stabilita in un altro Stato membro.

Sempre secondo la Corte, spetta al Giudice nazionale stabilire quale sia in realtà il fine perseguito dal Governo mediante l’istituzione del monopolio, anche attraverso l’analisi dei risultati in concreto raggiunti a seguito della restrizione della concorrenza.

Francamente, la sentenza della Corte di giustizia non mi sembra fra le più coraggiose; ritengo che l’obiettivo di tutela del consumatore da forme di gioco “a rischio”, possa essere perseguito in maniera efficace con strumenti diversi dall’istituzione di un monopolio, per esempio attraverso un chiaro sistema di regole destinato ad operare in un mercato aperto alla concorrenza.

La sentenza della Corte, invece, lascia aperta la concreta possibilità che la tutela dei consumatori e dell’ordine pubblico in generale vengano utilizzati ancora una volta come un mero espediente per massimizzare il profitto.

Insomma alla fine il Banco vince sempre!

Dario Reccia

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento