Il diritto (d’autore) è nostro e non c’è difesa che tenga

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In attesa che si risvegli il tormentone del regolamento AGCom, merita attenzione una notizia che giunge dal Regno Unito, dove – come in molti altri ordinamenti europei – c’è molto fermento attorno alle procedure di enforcement da adottare per la tutela del diritto d’autore.

La disciplina inglese, contenuta nel Digital Economy Act, prevede che l’Ofcom – l’autorità indipendente corrispondente, in linea di massima, alla nostra AGCom – debba dettare un codice che disciplini le procedure che i titolari dei diritti d’autore debbano porre in essere per identificare i presunti autori degli illeciti ed agire in giudizio contro di loro.

L’Ofcom, già l’anno scorso, aveva rilasciato un bozza di “codice” (Online Infringement of Copyright and the Digital Economy Act 2010 – Draft Initial Obligations Code), nel quale era previsto l’obbligo per gli internet service provider di inviare tre avvertimenti, a mezzo lettera, agli utenti sospettati di aver commesso degli illeciti e il diritto, per questi ultimi, di replicare a tali comunicazioni.

Ora, stando ad indiscrezioni giornalistiche, il Governo inglese avrebbe chiesto di eliminare la possibilità per gli utenti di difendersi avverso le comunicazioni degli ISP, nel caso in cui gli utenti stessi abbiano a disposizione rimedi alternativi (any other reasonable ground).

In realtà, il punto cruciale è rappresentato dal fatto che i destinatari delle comunicazioni dei provider, nel caso in cui ricevano tre segnalazioni nel corso di un anno, saranno automaticamente inseriti in una black list e i loro dati saranno accessibili dai titolari dei diritti, che potranno utilizzarli per agire in giudizio.

La modifica suggerita (o, meglio, imposta) dal Governo britannico ripropone, ancora una volta, la vexata quaestio del rapporto tra diritto d’autore e diritti costituzionalmente riconosciuti.

Nessuno nega, per la verità, che le Carte costituzionali moderne proteggano anche il diritto d’autore e, più in generale, la proprietà intellettuale. Lo fa la Carta europea dei diritti fondamentali che, all’art. 17, nel riconoscere il diritto di proprietà, espressamente ammette, nel secondo paragrafo, che la “proprietà intellettuale è protetta”. Lo fa, sempre a livello sopranazionale, la Corte di Giustizia, includendo, nella sentenza Laserdisken, il diritto d’autore tra i diritti fondamentali.

Lo fa, seppur indirettamente, la nostra Costituzione. La lista è lunga e, forse, non esaustiva: art. 2, sulla tutela della personalità dell’uomo; art. 4, sul progresso materiale o spirituale della società; art. 9, sulla promozione dello sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica; art. 21, sulla libertà di espressione; art. 33, sulla libertà dell’arte e della scienza; e, infine, seppur limitatamente ai diritti patrimoniali d’autore, art. 35, che tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

Né mi sembra che la questione attenga – come qualcuno pure ritiene – ad un presunto conflitto con la libertà di manifestazione del pensiero. Non è seriamente scusabile la violazione dei diritti di proprietà intellettuale in nome del free speech.

Probabilmente, però, la bozza di Ofcom pone dei problemi sotto il versante privacy, andando a cozzare un tema, quello del bilanciamento tra tutela dei dati personali e proprietà intellettuale, affrontato ampiamente (anche dalla Corte di Giustizia, nel caso Promusicae), ma, a mio avviso, ancora non risolto del tutto.

Il secondo punto dolente è, naturalmente, quello del sacrificio, seppur parziale o temporaneo, del diritto di difesa. Qualcosa di simile, com’è noto, potrebbe avvenire in Italia, dove il Regolamento AGCom prevede, nella casella “Motivazioni a supporto del contenuto caricato”, un massimo di 50 caratteri.

Davvero possiamo immolare il diritto di difesa dei presunti “pirati” sull’altare della proprietà intellettuale? Io resto dell’opinione che abdicare alle garanzie costituzionali debba essere un’extrema ratio, da usare con assoluta cautela: il rischio, diversamente, è quello di abdicare all’idea di democrazia stessa. In definitiva, siamo davvero sicuri che questa sia l’unica strada per tutelare il diritto d’autore?

Giovanni Maria Riccio
SR & Partners

Giovanni Maria Riccio

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