Inferno Tyssenkrupp: condanna esemplare

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Erano giovani. Erano sani. Erano onesti lavoratori. Erano figli di famiglia. Erano padri di famiglia.

Morti bruciati. Un pugnetto di cenere le cui urla di dolore non finiranno mai di squarciare i cieli di tutte le fabbriche del mondo.

Morti bruciati per la vergognosa strafottenza di chi, a fronte di una misera paga mensile, metteva nelle casse della società, e nelle proprie personali, milioni e milioni di euro risparmiati nel settore sicurezza lavoro.

Sarebbe bastato fare il proprio dovere, mantenere in efficienza i sistemi di sicurezza, salvaguardare i lavoratori, ed il rogo sarebbe stato evitato.

Ma i sistemi di sicurezza costano, i “modelli di organizzazione” per controllare gli stessi sistemi ingolfano l’efficienza aziendale, tolgono due lire alle casse sociali e creano troppi controlli e controllori.

correre, correre, dare la priorità assoluta all’analisi dei flussi finanziari, abbassare i costi, aumentare il profitto, a chi non piace quella è la porta, il tempo è denaro, queste sono le regole della nostra azienda ….

Nei cieli del paradiso, milioni e milioni di vittime sul lavoro continuano ad accogliere tra le braccia i loro compagni – Giorgio caduto dalla impalcatura non a norma, Michele intossicato dai miasmi della galleria dove era costretto a lavorare in situazione di rischio costante, Andrea tranciato dalla gru non revisionata, Emanuele spiaccicato nel vuoto per il gancio di sicurezza che avrebbe dovuto essere sostituito, Silvestro prosciugato dal tumore provocato dall’amianto, ed ancora, ancora, ancora, sino a traboccare dalle nuvole di San Pietro – e guardano inerti la falcidia dei nuovi eroi, i piccoli eroi del quotidiano, la moltitudine di soldati che affrontano giornalmente la morte pur di mantenere un posto di lavoro. Senza aspettarsi medaglie sul petto, con la sola fiducia di potere invecchiare insieme ai propri cari.

Dura la condanna Tyssenkrupp, sino a sedici anni di reclusione, un misto di imputazioni a carattere doloso (l’omicidio volontario per l’amministratore delegato) e colposo (per funzionari e dirigenti).

Non è un atto di vendetta, ma di giustizia reale. Perché forse non tutti sanno che non era la prima volta che era scoppiato un incendio di questo tipo alla Tyssenkrupp.

Anche il 24 marzo 2002, nello stabilimento di Torino, si era sviluppato un incendio di vaste proporzioni presso la zona laminatoio. C’erano voluti tre giorni e 16 squadre dei vigili del fuoco per spegnerlo.

Allora furono condannati solo due funzionari in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, Incendio colposo ex art. 449 c.p.. Pena lievissima.

La condanna – confermata dalla Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, ud.10 dicembre 2008, n. 4123 – non impressionò più di tanto i vertici della Tyssenkrupp, che continuarono ad andare avanti come bulldozer senza freni.

Nella “fabbrica dei tedeschi” – come la chiamano a Torino – i lavoratori furono costretti a lavorare come se nulla fosse successo.

Ma è successo di nuovo, e stavolta è stato un inferno di vite umane!

La verità è che il diritto penale non può avere solo una funzione punitiva o rieducativa, non può essere un diritto premiale, deve innanzitutto essere uno strumento ad efficacia deterrente, di monito per chi ritiene di potere sfidare la legge e le sue regole.

E nelle aule giudiziarie non può farsi salotto come in televisione, devono emettersi sentenze di condanna anche esemplari, nei confronti di poveri, mafiosi, o ricchi che siano gli imputati, perché solo così può tutelarsi la vita, le condizioni di vita della società civile, la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori.

Quella di venerdì 15 aprile non è una condanna cieca, è solo una affermazione di responsabilità che restituisce giustizia alle vittime ed a tutta la comunità. E’ una sentenza che ridà fiducia nella giustizia.

Sono questi i processi realmente importanti, è questa la giustizia che non può essere negata mai ed a nessun costo, sono questi i reati su cui il Parlamento dovrebbe fare le nottate…..

Basta – vi prego – parlare di processi di soldi e di puttane, di prescrizione breve, di chi è più forte tra giudici e politici.

Questi morti carbonizzati e queste sentenze ci regalano un esempio di alta moralità, e meritano un silenzio profondo, di ammirazione e di ringraziamento infinito da parte di tutti noi.

Oggi piove. Forse sono le lacrime di commozione e di gioia dei nostri sette amici.

Franzina Bilardo

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