Depositi digitali al TAR: l’opportunità di un obbligo non sanzionato

Redazione 04/03/11
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Come è ormai noto a chi frequenta abitualmente le aule dei TAR, il Codice del Processo Amministrativo ha introdotto da ultimo un nuovo obbligo, invero del tutto anomalo in quanto non è prevista alcuna sanzione in caso di sua inosservanza.

Ai sensi dell’art. 136 comma 2 – rubricato “disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici” – è imposto ai difensori costituiti di fornire “copia in via informatica” di tutti gli atti di parte depositati e, ove possibile, dei documenti prodotti e di ogni altro atto di causa.

Il Consiglio di Stato, qualche settimana fa, ha elaborato e pubblicato le Note tecniche per il deposito di atti difensivi e documenti in formato digitale via posta elettronica certificata (PEC)”, autorizzando così, già dallo scorso 10 gennaio 2011, il deposito del materiale informatico oggi richiesto dal nuovo Codice per mezzo della posta elettronica certificata.

Queste le principali indicazioni.

Gli avvocati, solo dopo aver effettuato il tradizionale deposito cartaceo, dovranno trasmettere gli scritti difensivi e i documenti in formato digitale via PEC, inviandoli dalla loro casella PEC professionale alla casella di PEC della sezione interna del TAR o del Consiglio di Stato (o del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana) a cui è assegnato il relativo giudizio.

Dovrà essere inviato un unico messaggio di posta per ogni atto da depositare, con due allegati.

Il primo allegato dovrà essere il modello predisposto dal Consiglio di Stato, un file in pdf modificabile, in cui, attraverso appositi pop up menu, vanno riportati la tipologia dell’atto per il quale si deposita la copia informatica, il suo numero di protocollo, ed il numero di registro del giudizio a cui si riferisce.

Il secondo allegato è, ovviamente, il file da trasmettere.

In particolare, quando a fronte di un unico numero di protocollo, ci sono più documenti da trasmettere (tipico il caso del ricorso introduttivo con la produzione documenti ad esso allegata) questi dovranno essere riuniti in un unico file compresso di tipo .zip.

Contemporaneamente, la Giustizia Amministrativa ha provveduto ad aggiornare il proprio sistema informativo N.S.I.G.A., proprio al fine di associare automaticamente i documenti digitali inviati dall’avvocato via PEC, al corrispondente atto cartaceo già depositato, e così consentire a magistrati e personale di segreteria di verificare facilmente, per ogni singolo atto, se è stata o meno depositata la sua copia digitale – sulle pagine web della rete Intranet ad essi riservata, infatti, apparirà accanto ad ogni atto o documento la lettera D in caso di avvenuto invio digitale; in caso contrario, rimarrà la lettera C – e così poterne effettuare il download sul proprio elaboratore.

Va, tuttavia, ribadito che si tratta di un deposito informatico del tutto irrilevante dal punto di vista strettamente processuale, in quanto, ai sensi dell’art. 136 comma 2, ad esso non è ancorata alcuna previsione di decadenza; un deposito informatico che rimane, dunque, “parallelo” a quello tradizionale, allo stato l’unico valido e rilevante ad ogni effetto di legge.

La finalità, infatti, è per lo più programmatica. Oltre ad agevolare, nell’immediato, l’attività di redazione dei provvedimenti giurisdizionali, l’obiettivo della norma è, in prospettiva, l’alfabetizzazione informatica degli avvocati impegnati nel processo amministrativo, che dovranno al più presto abituarsi alla formazione ed alla tenuta del fascicolo informatico di parte, nonché alla consultazione del fascicolo telematico d’ufficio, previsto già dieci anni fa dal Dpr n. 123/2001 sul processo telematico.

D’altronde, sarebbe quanto meno azzardato, specialmente nella disciplina giuridica del processo amministrativo, prevedere che i depositi digitali sostituiscano ad ogni effetto di legge i depositi cartacei, senza mettere in conto un periodo più o meno congruo di convivenza “pacifica” delle due modalità di deposito, in cui, se da un lato rimane immutato lo status quo dal punto di vista strettamente giuridico, dall’altro tutti gli avvocati amministrativisti dovrebbero abituarsi all’uso degli strumenti informatici nella loro attività di contenzioso dinanzi ai TAR, così da rendere meno difficile e complessa l’inevitabile rivoluzione digitale del processo amministrativo.

Una rivoluzione che, a mio parere, non tarderà ad arrivare, vista la maturità informatica degli attori del processo amministrativo, tutti consapevoli del ruolo di strumento evolutivo, e non di inutile orpello aggiuntivo alle procedure tradizionali, che va restituito alle tecnologie informatiche e telematiche.

Peraltro, questa maturità non sarebbe mai stata raggiunta senza le numerose quanto risalenti sperimentazioni, volute non solo a livello centrale con l’acquisizione e l’uso massiccio di un sistema informativo che ben funziona, ma anche a livello locale, in alcuni TAR. E questa è un’altra conferma del fatto che questa norma, tutto sommato, possa considerarsi una “cosa buona”.

E ancora, sintomo della sua ratio sopra descritta, è la prassi, tutt’altro che rigida, già stratificatasi sulle modalità di rilascio dell’attestazione di conformità tra il contenuto del documento in formato elettronico e quello cartaceo, che la norma impone al difensore: da un lato, secondo la suddetta nota del Consiglio di Stato, “l’attestazione di conformità può essere inserita nel corpo del messaggio da inviare”, e ciò sebbene, costituendo essa una manifestazione di volontà, la sua validità giuridica presupporrebbe l’apposizione di firma digitale, la quale, tuttavia, non può considerarsi assolta con l’invio tramite PEC; inoltre, molte cancellerie stanno prendendo per buone anche le attestazioni di conformità contenute in messaggi di PEC inviati da un avvocato diverso (ad esempio, un collega di studio) da quello costituito nel giudizio per cui si svolge il deposito digitale.

Ora, la mia digressione sull’opportunità di questa norma potrebbe rivelarsi del tutto inutile, in uno alla norma stessa, nell’ipotesi in cui essa rimanga disapplicata.

Ipotesi invero non peregrina dal momento che noi avvocati tendiamo sempre a trascurare gli adempimenti che non siano scadenze, a cui la legge non agganci alcuna sanzione, ed a maggior ragione se l’adempimento dell’obbligo non ci restituisce alcuna tangibile utilità.

Tuttavia, c’è un buon motivo per cui, già da oggi, conviene effettuare il prescritto deposito informatico.

E’ al vaglio della Giustizia Amministrativa, infatti, un upgrade del sistema informativo che consentirà all’avvocato costituito di poter estrarre copia di atti e documenti depositati da controparte anche in via digitale, saltando così la tradizionale quanto paleolitica procedura – ad oggi l’unica ancora possibile – di richiesta copie cartacea al competente ufficio del Tar, e del conseguente rilascio di fotocopie del fascicolo di controparte, con risparmio evidente di tempo e di denaro, anche per le stesse cancellerie.

Tutto ciò, comporterà evidenti vantaggi per l’avvocato, il quale potrà – come precisato recentemente anche dal Segretario Generale della Giustizia Amministrativa, Cons. Mario Torselloleggere e scaricare dal proprio studio gli scritti e i documenti di controparte senza doversi necessariamente recare presso gli Uffici giudiziari”; addirittura potrà farlo anche in quelle fattispecie in cui, fino ad oggi, la celerità della fase cautelare non gli consentiva neanche l’accesso tradizionale alla copia cartacea.

Ci troviamo dunque di fronte ad un’ipotesi più unica che rara: una norma processuale che introduce un obbligo informatico meramente “parallelo”, del tutto privo di effetti legali sostitutivi, potrebbe produrre vantaggi concreti per gli avvocati.

Ed ecco perchè, sin da adesso, è utile adempiere senza indugi all’art. 136 comma 2 del D.Lgs. n.1012010: quanti più siamo ad inviare gli atti in digitale oggi, tanti più saremo a scaricarli domani, senza dovere andare al Tar di persona soltanto per far file (tutt’altro che digitali !) al rilascio copie.

Redazione

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