Motori di ricerca: è attività di hosting

Ius On line 21/12/11
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Tribunale de Grande Instance di Creteil (Francia), 14 dicembre 2010 – INA (Institut National de l’Audiovisuel c. YouTube LLC)

FATTO

L’INA, l’Istituto nazionale francese dell’audivisivo, esercita – in base alla legge del 1986 – i diritti di sfruttamento sugli estratti degli archivi delle televisioni pubbliche francesi (ORTF, TF1 – prima della privatizzazione, France 2, France 3, ecc.).

Per mezzo di alcune comunicazioni inviate all’inizio del 2006, l’INA informava YouTube, società di diritto americana, che sul proprio sito erano trasmessi spezzoni di programmi televisivi rientranti nel suo catalogo.

Dopo aver costatato che questi video, sebbene rimossi, erano stati ripubblicati su YouTube, l’INA decideva di citare in giudizio la società americana per contraffazione.

A giudizio dell’INA, il ruolo di YouTube non potrebbe essere limitato alla mera fornitura di un servizio di intermediazione tecnica: al contrario, alla società americana dovrebbe essere applicato il regime in materia di responsabilità editoriale. Nel rassegnare le proprie conclusioni, l’attrice chiedeva che YouTube fosse condannata a pagarle 2.500.000 di euro a titolo di risarcimento dei danni e ad installare un sistema di filtraggio, al fine di evitare che analoghe violazioni possano ripetersi in futuro.

YouTube replicava affermando di offrire un servizio di hosting ai propri utenti, consistente nella semplice messa a disposizione di una piattaforma informatica per “caricare” i video.

DECISIONE

La decisione riconosce espressamente che l’attività esercitata da YouTube possa rientrare nella nozione di hosting e che, pertanto, non le debbano essere applicati i principi della responsabilità editoriale.

Il Tribunale è inoltre dell’avviso che il fatto che la piattaforma agevoli la ricerca dei video suggerendo parole chiave ovvero che la durata dei video sia limitata non sono assimilabili all’attività di un editore, che seleziona i contenuti da pubblicare, a differenza di YouTube, che invece diffonde unicamente i filmanti forniti dagli utenti.

Allo stesso modo, le disposizioni della LCEN (la legge francese che ha recepito la direttiva sul commercio elettronico) si applicano anche se un intermediario – come nel caso di specie – ottenga un beneficio economico per mezzo della pubblicità.

Il Tribunale ritiene, tuttavia, che sussista una responsabilità di YouTube che avrebbe tardato eccessivamente a rimuovere i contenuti segnalati dall’INA ovvero, dinanzi alla ripubblicazione di alcuni dei video originariamente rimossi dalla piattaforma, avrebbe addirittura omesso di operare una seconda rimozione degli stessi.

Nella decisione si afferma che la società americana sarebbe stata informata del carattere illecito dei contenuti pubblicati e che, ciò nonostante, non sarebbe intervenuta adeguatamente.

L’aspetto della decisione che appare forse più significativo non è però la condanna – pur pesante, trattandosi di 150.000 euro – quanto l’ordine impartito a YouTube di installare un sistema di filtraggio che consenta di prevenire la commissione di ulteriori violazioni ai danni dell’INA.

La decisione, naturalmente, è antecedente rispetto a quella della Corte di Giustizia (c.d. caso Sabam, pur richiamato dai difensori di Google), per cui è verosimile che le conclusioni cui la corte perviene – imponendo la predisposizione di un sistema di filtraggio – sarebbero state differenti se i giudici avessero conosciuto la posizione della giurisprudenza comunitaria.

Il testo integrale della decisione è disponibile qui.

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