Pensioni: come funzionano quelle di invalidità e inabilità?

Redazione 20/02/17
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Quali sono le pensioni riservate ai lavoratori invalidi e ai cittadini inabili a svolgere qualsiasi attività lavorativa? E quali sono le percentuali minime di invalidità che devono essere riconosciute perché si possa usufruire di assegni mensili e pensione anticipata?

Le regole cambiano a seconda del grado di invalidità, degli anni di contribuzione e del tipo di lavoro svolto. Vediamo di fare chiarezza e stabilire a che tipo di prestazioni si ha diritto.

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La pensione anticipata per gli invalidi al 74%

I lavoratori con invalidità riconosciuta pari o superiore al 74% hanno diritto a un particolare tipo di pensione anticipata.

Questi cittadini si vedono infatti riconosciuti 2 mesi di contributi figurativi aggiuntivi l’anno, sino a un massimo ottenibile di 5 anni. Ricordiamo tuttavia che tale agevolazione non procura in ogni caso la diminuzione dell’età anagrafica richiesta.

I cittadini con invalidità superiore al 74% ed età compresa tra i 18 e i 65 anni possono inoltre usufruire dell’assegno mensile di invalidità se non sono impiegati in alcuna attività lavorativa e hanno un reddito annuale inferiore a 4.800 euro.

L’assegno ordinario di invalidità

Un’ulteriore prestazione previdenziale concessa a tutti i cittadini con invalidità riconosciuta pari o superiore al 67% è l’assegno ordinario di invalidità. Tale contributo spetta ai lavoratori che abbiano almeno 5 anni di contribuzione, di cui 3 maturati nel quinquennio precedente la domanda.

L’assegno ordinario di invalidità consente la prosecuzione dell’attività lavorativa, ma in questo caso il suo importo viene ridotto. Al raggiungimento dei requisiti, l’assegno si trasforma automaticamente in pensione di vecchiaia.

Pensione fino a 55 anni per gli invalidi all’80%

I lavoratori che, invece, possiedono un’invalidità pari o superiore all’80% possono usufruire della Legge Amato (D.Lgs. n. 503/1992) e andare in pensione fino a un minimo di 55 anni di età.

Più nello specifico, è prevista la pensione di vecchiaia a 60 anni per gli uomini e a 55 anni per le donne, se viene cessata l’attività lavorativa. Inoltre, la stessa legge prevede che i lavoratori non vedenti vadano in pensione a 55 anni se uomini e 50 anni se donne.

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Con il decreto attuativo interministeriale, firmato il 23 novembre 2016, è divenuta operativa la Legge 22 giugno 2016, n. 112 – nota come legge sul “Dopo di noi” –  volta a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia dei soggetti con disabilità grave.Il manuale si sofferma sugli strumenti con cui il legislatore ha inteso agevolare le erogazioni a favore di persone con disabilità grave, da parte di soggetti privati, attraverso la costituzione di trust, di vincoli di destinazione e di fondi speciali, proponendo alcune formule personalizzabili, attraverso cui procedere alla relativa istituzione. Grande valenza assumono le disposizioni tributarie, con le quali il legislatore ha voluto garantire il riconoscimento dell’esenzione fiscaleai trasferimenti di beni e diritti, aventi siffatte finalità.Con riferimento a un caso realistico, viene poi esaminato il trust c.d. “autodichiarato”, oggetto di recente interpello, proposto dagli Autori e accolto dall’Agenzia delle entrate.Ragioni di ordine sistematico hanno, infine, suggerito di avviare un confronto con le ONLUS, sia per individuare i limiti propri dei negozi realizzati su base individuale, sia per enfatizzare la centralità assunta dall’aspetto assistenziale: l’intento di declinare dette esigenze ha portato a proporre l’istituzione di un “trust collettivo”, dedicato, in un’ottica mutualistica, a più persone affette da disabilità grave.Oltre al commento della norma e all’individuazione degli strumenti giuridici di tutela, il volume fornisce un utilissimo supporto redazionale per la stesura degli atti esaminati nel testo, grazie al formulario personalizzabile, presente nell’apposita sezione on line.» Giammatteo Rizzonelli, Notaio, specializzato nella materia dei patti di famiglia e del trust.» Piero Bertolaso Brisotto, Dottore Commercialista.

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La pensione di inabilità

Chi, infine, viene riconosciuto inabile in maniera assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa, ed è quindi invalido al 100%, ha diritto alla pensione di inabilità. Questi lavoratori devono però possedere, come per l’assegno ordinario di invalidità, almeno 5 anni di contribuzione di cui 3 versati nell’ultimo quinquennio.

Al possesso di tali requisiti, la pensione sarà calcolata aggiungendo alle settimane di contributi effettivi una maggiorazione convenzionale che copre il periodo mancante fino al raggiungimento dei 60 anni di età e sino a un massimo di 40 anni di contribuzione.

L’assegno per gli inabili civili al 100%

I cittadini inabili al 100% di età compresa tra i 18 e i 65 anni che non possiedono i requisiti contributivi sopra esposti hanno comunque diritto alla pensione di inabilità civile. Tale trattamento, che viene erogato solo se il cittadino ha un reddito annuo inferiore ai 16.532 euro, assicura al beneficiario un assegno mensile di circa 280 euro.

La pensione di inabilità per i dipendenti pubblici

Diverso il discorso per i dipendenti pubblici. Per tale categoria di lavoratori, infatti, non è necessaria la certificazione di uninabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa per ottenere l’assegno pensionistico. È sufficiente che sia certificata l’inabilità assoluta alla mansione svolta o più in generale al “proficuo lavoro”.

Nel primo caso, il dipendente può andare in pensione se ha almeno 15 anni di servizio in caso sia un dipendente dello Stato e se ha almeno 20 anni di servizio se è un dipendente di un ente locale.

Nel caso invece di inabilità assoluta e permanente al proficuo lavoro, al dipendente basta avere accumulato almeno 15 anni di servizio e al contempo avere ottenuto la risoluzione del rapporto di lavoro per inabilità.

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