Referendum 4 dicembre: vittoria netta del NO, Renzi si dimette

Redazione 05/12/16
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La vittoria del NO è netta: 60% contro il 40%. Bocciata la riforma Boschi-Renzi, a questo punto il presidente del consiglio deve rispettare la parola data e dare le dimissioni. Cosa che sembra abbia intenzione di fare. Intanto il Pd convoca la direzione nazionale per il 7 dicembre.

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Vittoria sorprendente del No

La vittoria del No è sorprendente: ha vinto malgrado Angela Merkel, Wolfgang Schauble, Jean Claude Juncker, Sergio Marchionne, Fca, Confindustria, La Stampa, la Repubblica, la finanza e le grandi banche d’affari. Insomma, malgrado il Potere.

Il NO aveva dalla sua parte la sinistra dem, la Lega, M5S, Forza Italia a corrente alternata, Giuseppe Civati, Alessandro Pace, Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, costituzionalisti ed intellettuali, il Fatto Quotidiano e MicroMega. Ma anche Anpi, Arci, Cgil. Un’accozzaglia, un’armata Brancaleone, secondo Matteo Renzi. Che però rappresenta la società, le persone comuni, le persone reali, con le loro contraddizioni, i loro pregi e i loro difetti.

Eppure il NO ha vinto, con la fionda di Davide del voto, senza avere un uomo forte e rappresentativo, senza avere un comunicatore, senza avere lo stesso accesso ai mass media dei sostenitori del sì: solo con il volantinaggio, la partecipazione ai dibattiti nelle piazze e in qualche trasmissione radiotelevisiva. Punto.

Forse la Costituzione riesce ancora a trasmettere i suoi valori in questo sgangherato paese, malgrado tutto, per usare un’espressione tanto cara a Leonardo Sciascia. Anche a chi vota a destra e ci aveva abituato a tutto: una gradita sorpresa.

Matteo Renzi paga la sua arroganza?

Di certo Matteo Renzi paga la sua arroganza, la suo logica del “io contro tutti”, dopo di me il diluvio, la costante ricerca dello scontro e dell’umiliazione dell’avversario, i ciaone, i ce ne faremo una ragione, i noi tireremo diritto. Ma anche le polemiche con i partigiani, le schede elettorali fac-simile per eleggere il Senato quando la riforma diceva chiaramente che i senatori sarebbero stati eletti dai consigli regionali con una legge ancora tutta da inventare, o la bizzarra idea che con la riforma costituzionale avremmo migliorato le terapie contro il cancro, l’epatite C, il diabete e via fantasticando.

E adesso, che succede adesso?

Matteo Renzi deve dimettersi, è impossibile per lui continuare, sarebbe un’anatra zopa e questo lui lo sa bene. Ma questo non significa uno scioglimento delle Camere, niente affatto. Secondo la Costituzione, finché il Parlamento è in grado di esprimere una maggioranza in grado di sostenere un governo non si va a votare, il presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere. Ricordate Oscar Luigi Scalfaro? Quando cadde il primo governo Berlusconi, questi andò dal presidente della Repubblica Scalfaro per chiedere nuove elezioni, ma il presidente rispose picche e diede l’incarico a Lamberto Dini. Che fece un nuovo governo sostenuto anche dal centrosinistra.

Ora, il Lamberto Dini di questa maggioranza anomala potrebbe essere Pier Carlo Padoan. E’ l’uomo giusto per tranquillizzare l’Unione europea e i mercati che in Italia non c’è l’apocalisse, ma solo un popolo che si riconosce ancora nella sua Costituzione, quella nata dall’antifascismo e dalla Resistenza, quella troppo socialista, secondo la grande banca d’affari JP Morgan.

Pier Carlo Padoan dovrebbe garantire l’ordinaria amministrazione, di più non gli si può e non gli si dovrebbe chiedere.

E la legge elettorale….

Il Parlamento dovrebbe ripristinare il Mattarellum, una legge elettorale che il presidente della Repubblica conosce bene, visto che l’ha fatta lui.

Intanto i partiti politici dovrebbero organizzarsi per le elezioni del 2018.

E il Pd….

Il Pd dovrebbe fare un congresso e magari fare la scissione: è un partito che non funziona, ormai si è capito. Si aprono i seggi nelle sezioni e gli iscritti vanno a votare: le sezioni dove sono in maggioranza i renziani vanno a Renzi, quelle in cui è maggioranza la sinistra dem vanno alla sinistra dem.

Poi sinistra dem, Possibile, Sinistra Italiana, Sel, Comunisti Italiani, Rifondazione Comunista dovrebbero sciogliersi, fare una nuova formazione politica, magari un partito laburista liberalsocialista ed europeista, togliere le falci e i martelli che hanno fatto il loro tempo e trovare un leader che sappia comunicare e con delle idee con i piedi per terra: Giuseppe Civati potrebbe essere un ottimo candidato.

E il M5S…

Il M5S dovrebbe trovare un candidato decente che possibilmente non sia Di Maio, che confonde il Cile con il Venezuela, che non capisce le email, che combina pasticci in Israele.

Lega Nord e Forza Italia

Infine anche Lega e Forza Italia devono decidere chi sarà il loro leader: Stefano Parisi, pragmatico, efficiente, moderato, o Matteo Salvini, xenofobo e antieuropeista?

Insomma, dopo Matteo Renzi non c’è la fine del mondo, c’è un grande paese che si riconosce ancora nella sua Costituzione e che dà lì deve ripartire, magari facendo anche un po’ di pulizia tra leggi indigeste come il job act, la riforma Fornero, le depenalizzazioni dei falsi in bilancio, le prescrizioni varie.

Redazione

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